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Marcello Meroi
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- Tutta la stampa nazionale ha evidenziato come, quest'anno e per la prima volta, si sia finalmente vissuto il 25 aprile come una ricorrenza condivisa.
Dopo 14 anni di assenza ufficiale dalle celebrazioni, sia da premier che da capo dell'opposizione, Silvio Berlusconi ha voluto presenziare alla manifestazione per rivendicarne la condivisione a nome di tutti gli italiani.
Il capo del governo ha voluto sottolineare come questa data non possa più essere identificata come la festa di una parte della popolazione, come la rivendicazione degli uni verso gli altri, ma debba al contrario essere considerata un momento di riflessione e di pacificazione nazionale.
La guerra è finita da oltre 64 anni e veramente sarebbe inconcepibile che le generazioni attuali, che nella loro quasi totalità non hanno vissuto quegli anni drammatici, potessero ancora intendere questa giornata come momento di divisione.
E' arrivato oggi il momento di creare un clima totalmente diverso dal passato riguardo l'interpretazione da dare al 25 aprile, come molto opportunamente è stato fatto in questa occasione da tutti i settori del parlamento e da tutti i maggiori schieramenti politici nazionali.
La stragrande maggioranza degli italiani, indipendentemente dalle posizioni politiche di riferimento, condivide certamente questa lettura unitaria dei valori del nostro popolo, tra cui quello di libertà è certamente il principale.
Per troppi anni questo momento è stato visto come una “festa di partito” che come tale poteva essere riferita solo ad alcuni. Da qui una visione che si è purtroppo consolidata e che ha di fatto reso poco partecipato da uno spirito nazionale questo momento.
Va allora dato merito a Berlusconi da una parte e agli esponenti della sinistra, dall'altra, di aver creduto nella possibilità di rendere veramente condivisa la celebrazione, in nome di una unità non solo di facciata, ma realmente convinta.
Luciano Violante nel suo discorso di insediamento da presidente della Camera aveva ricordato con nobili parole i “ragazzi di Salò”, riconoscendo il valore da dare alla loro scelta.
Giampaolo Pansa, uno dei più famosi e autorevoli scrittori e giornalisti della sinistra, ormai da anni è coraggioso analista della storia post bellica e della guerra civile degli anni a cavallo della caduta del fascismo e anche in questa occasione ha ricordato la necessità di superare divisioni ormai anacronistiche.
Da tempo anche i principali leader della destra hanno chiaramente interpretato gli accadimenti del regime, valutando con obiettività quel periodo e ribadendo l'assoluto primato della democrazia.
Il nostro Paese è ormai completamente maturo per vivere queste ricorrenze con lo spirito giusto, con una memoria e soprattutto con fondamenti comuni che rappresentino per tutti princìpi di riferimento. L'apprezzamento degli italiani per questo nuovo e positivo spirito è stato rilevato dagli organi di informazione come la principale novità dell'attuale momento politico.
Ed allora non ci si meravigli che qualche “residuato bellico”, così definito da un autorevole esponente del Pd in una odierna dichiarazione, possa non condividerlo e scendere in piazza con simboli e volontà tesi unicamente a dividere gli italiani e che con comportamenti violenti e fuori della democrazia (vedi la contestazione a Formigoni) tenti di perpetuare messaggi di odio e di contrapposizione.
Chi non ha più argomenti ha ormai solo questi mezzi per tentare di alimentare divisioni e contrapposizioni che non hanno ragione di esistere.
La nazione lo ha finalmente capito. Chi è stato sconfitto dalla storia ancora no.
Marcello Meroi
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