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Quale giustizia - Il corsivo di Meroi
Subito una riforma, se possibile, condivisa
di Marcello Meroi
Viterbo - 5 gennaio 2009 - ore 4,15

Marcello Meroi
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- Pare che il 2009 riesca finalmente a portarci una delle riforme più importanti per il nostro sistema: quella della Giustizia.

Fortemente voluta fin dal primo governo Berlusconi, altrettanto fortemente osteggiata da tutti gli esecutivi di centrosinistra (ed il tentativo, seppure timido, di Mastella ha portato prima al suo affondamento e poi alla caduta di Prodi), oggi la necessità di cambiare profondamente il sistema giudiziario sembra non essere più sostenuto solo dal PdL.

Merito “paradossalmente” delle ultime inchieste amministrative che hanno riguardato Firenze, Pescara e Napoli, ma soprattutto di una vergognosa ed inquietante vicenda quale quella della lite, a suon di perquisizioni ed indagini incrociate, delle Procure di Catanzaro e Salerno. Un’immagine talmente rivoltante per la Patria del Diritto, che ha costretto il capo dello Stato, quale Presidente del CSM, ad intervenire duramente per porre fine ad un vero e proprio conflitto e non solo di competenza.

Anche a Sinistra si avverte quindi il bisogno di riportare ordine nella materia e nella amministrazione della giustizia, riflettendosi anche da questa parte sui recenti sondaggi di importanti testate che vedono colare a picco tra i cittadini, anche la credibilità della magistratura, un tempo considerata come uno tra gli organi più affidabili nel nostro Paese.

Ormai dunque sembra allargarsi il fronte di coloro che ritengono opportuno affrontare tale riforma, focalizzandone quattro temi fondamentali.

La separazione delle carriere. Non è obiettivamente credibile che in Italia si debba ancora procedere con il sistema che vede un Giudice al tempo stesso potenziale inquirente e poi giudicante. Quando venti anni addietro si decise di passare dal sistema inquisitorio a quello accusatorio di concezione statunitense, era chiaro a tutti che la separazione tra le carriere dovesse derivare dalla scelta del nuovo sistema processuale.

Non è concepibile infatti che possano convivere carriere non separate tra rappresentanti della pubblica accusa ed organi giudicanti: per la corretta amministrazione della Giustizia, per una giusta procedura e per il diritto ad una regolare difesa, che è ancora principio fondamentale del nostro diritto.

La responsabilità dei giudici. Tutti sbagliano, anche i giudici e questo è inevitabile e comprensibile.
Meno comprensibile è che sia un organo interno alla Magistratura a valutare mancanze ed avanzamenti di carriera. Chi commette errori gravissimi, quali quelli di condannare o tenere in carcere degli innocenti o chi per inesattezze formali fa riaprire le porte del carcere a pericolosi criminali, non può non pagare le sue colpe. Chi accusò Enzo Tortora, chi ha concesso libertà provvisorie o permessi a condannati a pene pesantissime che hanno approfittato di quella libertà per compiere ulteriori crimini, è rimasto purtroppo al suo posto. Così non dovrà più essere.

La segretezza degli atti. Tutti si scandalizzano del fatto che i verbali di interrogatorio siano pubblicati integralmente dai giornali ad una velocità direttamente proporzionale alla fama degli inquisiti.
E’ uno scandalo quotidiano di gravità inaudita che mina alle fondamenta la credibilità delle istituzioni.

Sui verbali di interrogatorio si costruiscono pre processi mediatici, si distruggono individui magari poi del tutto innocenti, si buttano nello stesso calderone persone per bene e delinquenti di professione, in nome di una spettacolarizzazione più da gossip che da Tribunali.
E nessuno fa niente, tutto tace, nessuno paga. Eppure spesso si sa bene di chi siano le responsabilità delle cosiddette “fughe di notizie”.

La velocità dei processi. Una piaga che ci colloca agli ultimi posti tra i Paesi europei per congruità dei tempi di giudizio.

Con tutto quello che i ritardi vogliono dire in termini civilistici, per lo più sottovalutati perchè non hanno alcuna visibilità tra i mass media, ma che interessano comunque un elevatissimo numero di cittadini (privati, imprenditori, società); in campo amministrativo, con lungaggini inaccettabili ed assolutamente sconosciute in sede europea; in termini di erogazione delle pene per i giudizi penali, ma soprattutto con la conseguenza di un insopportabile sovraffollamento delle strutture carcerarie, la cui soluzione non può essere quella di indulti periodici.

La magistratura è un organo che ha un’importanza fondamentale in uno Stato che si possa definire di diritto.

Ha necessità di essere adeguatamente finanziata, di essere protetta dalle Istituzioni, di non essere delegittimata a seconda delle sue pronunce, di essere messa in condizione di funzionare nelle proprie autonomia ed autorevolezza.

Proprio per questo e nell’interesse di tutti, una sua riforma sarebbe auspicabile ed ancor di più apprezzabile se il più possibile condivisa dal Parlamento.

Marcello Meroi

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