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Viterbo - Società partecipate - Il corsivo di Marcello Meroi
La politica non ha saputo scegliere manager autorevoli
di Marcello Meroi
Viterbo - 6 ottobre 2008 - ore 0,30

Marcello Meroi
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- Cev, Francigena, Robur, Talete: le società partecipate.

Da mesi all’attenzione di organi di informazione, cittadini, amministratori, politici, giudici, quasi come se tutto ruotasse intorno ad esse, espressione con un linguaggio oggi di moda, del “male assoluto”.

Le società controllate nacquero, a Viterbo come in tantissime altre realtà amministrative italiane, alcuni anni fa.

Frutto della endemica difficoltà degli enti locali a trovare risorse, individuate come la medicina migliore per curare il male della burocrazia e delle paralizzanti e lunghissime procedure di affidamento, furono ritenute la chiave per trasformare amministrazioni in perenne crisi economica in macchine capaci di svolgere, in tempi brevi e con efficienza, la gestione dei più importanti servizi al cittadino.

La realtà, purtroppo, nella stragrande maggioranza dei comuni dove sono state costituite, ha dato risposte e giudizi diversi.

Tanto che gli ultimi provvedimenti legislativi hanno fissato al 2010 la loro breve ulteriore esistenza, prevedendo il ritorno all’affidamento dei servizi esterni, alla luce di un fallimento della missione che si credeva potessero riuscire a compiere.

Il perché di questa incapacità realizzativa è frutto di diverse componenti: la scarsa liquidità, l’impreparazione delle strutture amministrative locali a confrontarsi con gli organi rappresentativi societari, la difficoltà, da parte della politica, ad affidare a manager autorevoli la loro gestione.

A Viterbo, ormai è ben noto a tutti, le società partecipate hanno un loro ben preciso percorso da compiere: liquidazione in corso per Robur (il cui passaggio in Talete, anch’essa in situazione difficile, appare ancora irto di difficoltà); procedura di liquidazione apertasi per Cev; riorganizzazione, rimodulazione e piano di risanamento per Francigena.

Ma a chi volesse analizzare con occhio critico, ma obiettivo, lo stato dei fatti e le possibilità di riuscire a concretizzare un percorso positivo per raggiungere fini concreti, non potrebbero sfuggire due considerazioni.

La prima: sul problema società non servono atteggiamenti demagogici o tanto meno forzature di sorta.

E’ ovvio che la politica recita i propri riti, che lo scontro tra maggioranza ed opposizione è nelle cose, che ciascuno possa individuare eventuali responsabilità in modo diverso, ma certo è che tutto questo rimane comunque una sterile esibizione che non risolve il problema vero: quello di trovare una soluzione che deve anche avere il pregio di essere non momentanea, ma credibile e soprattutto duratura.

La recente costituzione di una commissione di inchiesta sulle società da parte del consiglio comunale, al di là della stima personale che provo per il suo proponente, credo non approdi ad alcunché di concreto, circostanza tra l’altro comune a qualsiasi organismo di questo tipo da qualsivoglia istituzione nominato.

Secondo aspetto: l’accordo sindacale sottoscritto con le organizzazioni dei lavoratori va saputo leggere con grande attenzione.

L’aver scritto infatti che il percorso da farsi deve essere concordato, ma soprattutto l’averne condiviso da parte dei sindacati la “filosofia”, sta a significare che sul tema delle partecipate bisogna parlare, ma soprattutto agire con chiarezza.

Le rendite di posizione e gli errori organizzativi non possono essere pagati soltanto da una piccola parte dei lavoratori che vedano i settori di propria competenza ridimensionati in risorse ed unità impiegate.

Il problema è più ampio e deve coinvolgere tutte le strutture delle società, sia quelle da porre in liquidazione, che quelle da potenziare e recuperare.

Su questo il sindacato ed ovviamente l’amministrazione, giocano gran parte della loro credibilità.

Il rinfacciarsi colpe od omissioni, il non voler capire che su quella barca ci sono tutti, il pretendere di fissare regole non condivise o peggio il voler uscire da quello che sarà un percorso difficile con i segni della propria vittoria e dell’altrui sconfitta, sarebbe l’errore più grave che si potrebbe compiere in questa situazione.

Il compito è certamente arduo e le scelte che si dovranno fare, sulla base di un piano di risanamento serio e probabilmente molto complesso e di non breve durata, andranno il più possibile condivise.

In questi ultimi giorni, l’accelerarsi della crisi Alitalia con la nostra compagnia di bandiera che sembrava destinata al fallimento, ha evidenziato le storture del rapporto tra istituzioni di governo, ruoli politici, sindacato.

A Viterbo non si faccia lo stesso errore.

Si ragioni in termini di concretezza evitando tutti di recitare a soggetto stantie parti a ciascuno assegnate e si trovino, con un approccio al problema realistico, l’unità di intenti per la salvaguardia dei lavoratori, la riqualificazione della gestione, l’offerta al cittadino di servizi di qualità e anche un metodo politico di alto profilo.

Rendere questo possibile, dipende da tutti: ma serve grande responsabilità.

Marcello Meroi

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