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Marcello Meroi
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- Da tempo ormai la collocazione dell’Udc in sede locale è diventato il principale argomento della politica viterbese, per la verità più per le ripercussioni che tale scelta potrà avere in visione delle future elezioni amministrative della prossima primavera e soprattutto in considerazione del rinnovo nel 2010 dell’Amministrazione Provinciale, che in relazione alla contingente situazione politico amministrativa.
Gigli e compagni stanno tentando di entrare sin da ora sulla tolda di comando di Palazzo Gentili e certo non in punta di piedi.
A Mazzoli e alla sua maggioranza chiedono di fatto di ammettere il proprio fallimento e di cambiare decisamente rotta e timonieri.
Non potrebbe infatti interpretarsi in altro modo la richiesta di riscrivere il programma (certificando così la inadeguatezza dell’attuale), di modificare scelte di rilievo sin qui seguite in campo ambientale, di chiedere neanche tanto sommessamente la giubilazione di qualche assessore, per la verità indipendentemente dalla sua preventiva individuazione e con un ampio ventaglio di scelte.
In poche parole “o riconoscete di aver bisogno di noi in modo chiaro” - questo il ragionamento di Gigli - “oppure tenetevi quello che avete” e buona fortuna.
Mazzoli tenta disperatamente di gettare tonnellate di dolcificante sulle proposte dell’Udc, definendole un giorno responsabili, l’altro piene di contenuti, ma cercando con scarsi risultati di non irritare la Sinistra che pare già averne le tasche piene di questo ritorno “all’antico”.
Cosa succederà lo vedremo a breve, ma quello che invece potrebbe accadere in un futuro meno immediato sembra potersi delineare con chiarezza.
Se l’Udc sarà imbarcato da Pd e Sinistra Arcobaleno, di certo parte notevole dell’elettorato centrista non apprezzerà la scelta dei vertici del partito.
E’ indiscutibile infatti che a Viterbo e nella nostra Provincia l’elettorato moderato lo sia per davvero: non ami cioè fughe in avanti, ammiccamenti con l’estrema sinistra, patti per vedere di nuovo a Palazzo Gentili l’attuale maggioranza.
Il mio amico Santucci potrebbe rispondermi che un’eventuale collocazione contro il Centrodestra e non in una mera posizione di equidistanza tra i due principali schieramenti, in realtà non sarebbe che il frutto di una scelta ad excludendum voluta proprio dal PdL, che non è riuscito a trovare una risposta in sede locale alle indicazioni dei centristi.
In realtà la voglia di mantenersi baricentrici a livello nazionale e di poter poi sfruttare in sede locale accordi a “più forni” è stata una scelta assunta da Casini sin dalle ultime politiche e le alleanze viste recentemente in occasioni di amministrative locali la dice lunga sulla strategia dell’Udc.
Sono dell’avviso che la Pdl dovrebbe porre sin da subito e nella prospettiva delle prossime regionali del Lazio, una precisa richiesta: quella di far esprimere a tutti, sulla base di scelte e programmi da predisporre, la propria collocazione. Una opzione di chiarezza e di linearità, anche verso gli elettori, che farebbe bene alla politica.
Al contrario ritengo che questo gioco delle parti che impedisce di comprendere quale strada si voglia percorrere, in realtà serva soltanto ad alimentare quella “bassa cucina” che da sempre favorisce intrecci locali, a volte rivelatisi mortali, perseguiti però con lo scopo di soddisfare successi e posizionamenti personali, ritenuti da molti il fine ultimo e la stella polare della proprio impegno politico.
Non mi auguro che l’Udc vada a sinistra e che sostenga l’attuale maggioranza in Provincia.
Ma non perché ne temo i possibili effetti elettorali connessi: solo perché ho sempre creduto che la coerenza, soprattutto in politica, sia un Valore che coloro che si reputano persone serie debbano perseguire.
Non vorrei, ancora una volta, dovermi ricredere.
Marcello Meroi
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