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Il caso di Eluana Englaro - Il corsivo di Meroi
Quella ragazza e la sua famiglia vanno lasciate in pace
di Marcello Meroi
Viterbo - 17 novembre 2008 - ore 1,20

Marcello Meroi
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- Una tragedia umana devastante e dolorosissima quella di Eluana Englaro, da sedici anni condannata “a vivere” in coma irreversibile.

Un caso come purtroppo tanti altri nel mondo, ma divenuto simbolo di un dramma che ha diviso e continuerà a dividere per sempre gli assertori della “vita comunque” dai sostenitori del distacco dalla macchina che la alimenta forzosamente.

Un punto fermo: la Chiesa asserisce e non potrebbe essere diversamente, che non può essere l’uomo a scegliere i tempi della propria esistenza. Per chi crede, è solo Dio a poterlo stabilire.

Colui che attraverso un atto umano dà la vita è il solo a fissarne la conclusione.
E’ un dogma, un principio assoluto dell’essere cristiani.

E come tale non può essere interpretato elasticamente, modulandolo ai diversi accadimenti della vita terrena di ciascuno di noi.

La religione non può avere sui propri fondamenti interpretazioni che si modifichino con il mutare dei tempi, come invece accade per le clausole generali del diritto che possono adattarsi all’evolversi (o l’involversi) delle società.

Le verità rivelate non sono assimilabili a concetti in divenire quali buona fede, buon costume, ordine pubblico che si trasformano con il cambiare del comune sentire: sono immutabili e come tali vanno lette ed applicate.

Per la Chiesa e per chi in essa si riconosce Eluana deve continuare ad esistere finché la sua vita, essendo un dono divino, non la abbandonerà.

Ma la profondità del tema e la sua drammaticità spingono tanti, anche tra coloro che credono profondamente ad interrogarsi sulla giustezza di tenere accesa quella macchina e con essa la vita di Eluana.

La corte di cassazione, fondando la sua pronuncia sulle volontà espresse dalla ragazza in gioventù, ha annullato il provvedimento della magistratura milanese che aveva dichiarato l’impossibilità di un intervento umano e di fatto ha autorizzato il padre ad un gesto nello stesso tempo liberatorio e terribile.

I difensori del principio di eutanasia sostengono che il problema sarebbe di stretta interpretazione giuridica: la legge stabilisce l’impossibilità di applicare l’accanimento terapeutico, quello che a loro dire si starebbe praticando a Eluana.

Non credo che oggi ci sia qualcuno che possa dare comunque una risposta pretendendola come assolutamente certa. Troppe sono le implicazioni religiose, morali, scientifiche.

Con tutta onestà mi terrorizza il pensare “giusto” il momento in cui qualcuno deciderà di staccare quella spina, così come credo lacerante e stravolgente la scelta della famiglia.

Ma con altrettanta sincerità trovo difficile definire quell’eventuale atto, terribile e lancinante, come un omicidio.

Un dramma nel dramma destinato comunque a separarere le coscienze.

Ma in tutta questa vicenda un aspetto pare veramente insopportabile, provocando un fastidio quasi fisico.

In un mondo in cui tutto è spettacolarizzato, in cui ogni comportamento umano è oggetto di intervento di microfoni o telecamere, assistiamo ad una pressione della cosiddetta informazione semplicemente ripugnante.

Facciamo sparire quei ciarlatani in servizio permanente effettivo da sotto le finestre di Eluana, giornalmente collegati con i Tg di ogni emittente televisiva, rapaci pronti a cogliere uno sguardo o una battuta di parenti o amici, in un volgare mercato falsamente ammantato da missioni mass mediatiche.

Un’ultima nota: ho molta stima degli esponenti e delle tesi del “Movimento per la vita”, avendo discusso tanti anni addietro la mia tesi con il professor Luigi Lombardi Vallauri, all’epoca uno dei più importanti esponenti di tale associazione.
Ma l’aver ascoltato un dirigente del Movimento che chiedeva di mostrare Eluana in Tv per poter far meglio valutare il suo dramma, mi è sembrato veramente inaccettabile.

Questa sfortunata ragazza ha soltanto bisogno di una cosa: rispetto.

Migliore modo di dimostrarlo è lasciarla in pace insieme alla sua famiglia, consegnando alle coscienze di ciascuno i tanti interrogativi e le possibili risposte.

Un Paese socialmente evoluto dovrebbe impedire, oltre che l’accanimento terapeutico, anche quello dei mezzi di comunicazione, per lo più divenuti falsi e pessimi maestri di vita.

Questa si che sarebbe una grande lezione di civiltà.

Marcello Meroi

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