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Marcello Meroi
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- Duramente sconfitto dal suo peggiore nemico alle ultime politiche; responsabile principale della caduta del Comune di Roma, conquistato da Gianni Alemanno, dopo anni di incontrastato dominio soprattutto suo; battuto il candidato della sinistra impostogli da Di Pietro alle regionali in Abruzzo; cancellato il nuovo modello di governo targato Renato Soru da quello che aveva definito “il commercialista di Berlusconi”.
Una lunga sequenza di sonore bocciature e di grossolani errori che Veltroni, di nome Walter, ma da molti rinominato Waterloo, non è riuscito più a sostenere.
Alla guida di un partito che per suo volere sosteneva tutto, “ma anche” il suo contrario.
Buonista e caramelloso fino alla nausea, l’inventore del contenitore Pd che avrebbe dovuto unire e sapientemente miscelare Margherita e Ds, in realtà ha soltanto dimostrato l’inconsistenza di un progetto che, comunque difficile sin dai suoi esordi, si è rivelato sino ad oggi del tutto fallimentare.
Le difficoltà di unire, così come la attuale legge elettorale maggioritaria vuole, diversità politiche, visioni anche differenziate rappresentate dalle vecchie, ma comunque sempre fortissime strutture di partito, sono comuni ad entrambi gli schieramenti.
Centro Destra e Centro Sinistra cercano da molto tempo di coniugare tutto ciò che possa unire le loro strade, tentando di individuare percorsi condivisi anche su quei temi che sembrano più difficili da armonizzare al proprio interno.
Ma mentre la leadership di Berlusconi, estremamente pesante quanto altrettanto indiscutibile, riesce sempre a ricomporre la sua coalizione, la discutibile e discussa guida di Veltroni, poco gradito anche all’interno del suo stesso partito, ha fatto esplodere tutte le contraddizioni interne al Pd.
Prima l’operazione di chiusura e marginalizzazione della Sinistra “vera”, recentemente ribadita con l’intesa ad excludendum sottoscritta bipartisan, con l’approvazione dello sbarramento per le prossime elezioni europee; poi l’accordo con il giustizialista Di Pietro che, disconosciuta subito l’intesa, ha solo mirato, riuscendovi egregiamente, ad una erosione dei consensi del Pd; a seguire le interessate attenzioni ad alcuni temi sociali sostenuti dalla Chiesa, poi immediatamente contraddette dalla posizione assunta sul caso Englaro; infine le ondivaghe tesi sostenute in tema di sicurezza, argomento che di fatto ha segnato la disfatta della Sinistra alle comunali romane, passando dalla durezza verso i delinquenti, “ma anche” alla comprensione per il mondo rom.
Obiettivamente anche un elettore dotato di massima comprensione non poteva che trovarsi in grande difficoltà a interpretare realmente quali fossero i temi di riferimento, i progetti, i programmi, il volere di uno schieramento tanto eterogeneo quanto confuso.
Veltroni, dice qualcuno, ha avuto coraggio e grande dignità nel dimettersi.
In realtà lo ha deciso prima che tutti gli altri lo obbligassero in modo diverso a farlo.
L’assemblea del Pd ha nominato, non passando per le primarie come la base voleva, Dario Franceschini, personaggio certo non definibile, per immagine e ruoli sino ad oggi ricoperti, un leader maximo.
Le prime contestazioni si sono avute già in sede di proclamazione, quando si è ben capito, come riportato in questi giorni da tutti gli organi di informazioni nazionali e non, che senza appoggio degli iscritti e solo per scelta di vertice, nessun segretario può compiere atti di autonomia, profondo rinnovamento e vera svolta.
Franceschini assume il mero ruolo di traghettatore temporaneo, parafulmine di prossime sconfitte annunciate, in attesa che i veri capi decidano il da farsi, stabilendo alleanze e nuovi assetti organizzativi.
Per il Pd, ma obiettivamente per tutto lo schieramento che si oppone al PdL e certamente anche per l’intera politica nazionale, l’attuale momento è particolarmente negativo.
Una vera democrazia ha bisogno infatti sia di un governo forte, sostenuto da una maggioranza coesa, quanto di un’opposizione chiara, univoca, stimolante, propositiva.
Oggi in Italia questa parte fondamentale del sistema pare essere svanita, preda di confusione e carente di un credibile progetto politico.
Ci auguriamo sinceramente, anche se dall’altra parte della barricata, di poter ritrovare presto un soggetto politico capace di contribuire, meglio di quanto abbia saputo fare sino ad ora, allo sviluppo del nostro Paese.
Marcello Meroi
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