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Marcello Meroi
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- Le teorie negazioniste che in questi ultimi giorni sono state sostenute dal Vescovo tedesco Williamson hanno di certo riaperto antiche e mai rimarginate ferite tra tutti coloro che ricordano gli orrori dello sterminio del popolo ebreo.
Non solo la comunità ebraica, ma tutte le istituzioni, hanno fatto sentire forte e chiara la propria posizione di completa chiusura davanti a qualsiasi forma di revisionismo o comunque di messa in discussione di una verità storica che deve essere definita come un assoluto crimine contro l’umanità.
Il fatto poi che a sostenere tale tesi sia stato un esponente della Chiesa appare certamente più grave ed ancora più inaccettabile.
Papa Ratzinger aveva negli ultimi anni cercato di recuperare, revocando la scomunica precedentemente comminata, quella tanto minoritaria quanto intransigente parte di Chiesa che si richiama ai riti lefevriani ed appare ora ovvio che un percorso difficile, ma di fatto assai importante, subirà una battuta di arresto a seguito di una presa di posizione che mette certamente in dubbio la positiva conclusione di un cammino di riavvicinamento.
Pierluigi Battista nell’editoriale di qualche giorno fa apparso sul Corriere della Sera, definisce il negazionismo come una “macchina ideologica” che, partendo dalla contestazione dello sterminio di ieri, tende a discutere anche il diritto all’esistenza odierno di uno Stato ebraico.
Sarebbe superficiale e pericoloso dare al riduzionismo una mera valenza di tesi provocatoria o peggio di assurda teoria espressa da piccoli gruppi di isolati. Dietro tale prese di posizioni sarebbero presenti organizzazioni internazionali che tentano di delegittimare gli Ebrei ed il loro diritto ad insediarsi sulle proprie terre.
Tale tesi è da leggere comunque con grande attenzione, perché è indubitabile che negli ultimi anni diversi Stati, non solo islamici, abbiano esteso i loro attacchi contro Israele, contro le scelte governative assunte da quel Paese nei confronti dei Palestinesi, contro la politica di “gestione” della striscia di Gaza.
Ed allora, partendo da queste considerazioni, credo debbano particolarmente apprezzarsi le parole del presidente Napolitano in relazione all’atteggiamento da tenersi verso Israele da un lato nella valutazione dell’Olocausto e dall’altro della sua politica estera.
Nessuna possibilità di discussione, né negazionista, né riduzionista sullo sterminio patito.
Non c’è uomo al mondo che possa giustificare o minimizzare quell’immane delitto.
Solidarietà e sostegno allo Stato di Israele e perenne condanna dell’olocausto.
Ma anche possibilità di discutere e criticare le scelte israeliane in tema di politica estera, soprattutto in relazione alle risposte date nelle scelte belliche per combattere i Palestinesi.
Le azioni di terrorismo messe in essere contro Israele nella striscia di Gaza, tese a negare ideologicamente il diritto all’esistenza del suo popolo, hanno però portato a risposte che l’intera comunità internazionale ha certamente il diritto di valutare con la massima obiettività.
Marcello Meroi
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