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Marcello Meroi
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- La vicenda di Eluana Englaro, divenuta emblematica nella questione relativa alle scelte da assumere in caso di stato vegetativo della persona, ha diviso tutti.
La Chiesa, che ha mostrato preoccupanti fessure apertesi con prese di posizione di qualche raro, ma autorevole, esponente di vertice e di alcuni sacerdoti.
La politica, che si è spaccata quasi sempre più che sugli aspetti valoriali, sulle ripercussioni o peggio sui vantaggi che potessero derivare agli schieramenti di riferimento dalla difesa dell’una o dell’altra tesi.
L’opinone pubblica, che si è fatta trasportare spesso più dai messaggi mediatici e dall’uso sapiente delle tesi esposte in Tv, che da ponderati ragionamenti su una materia tanto delicata.
E’ ora inutile e obiettivamente fastidioso dire chi ha avuto ragione o torto. Su queste tematiche mai potrà esistere unanimità di vedute. Ma sarebbe veramente riprovevole dare a qualcuno la palma del vincitore o l’immagine dello sconfitto.
In questa triste e drammatica storia, che ricordiamo è però la storia di altre centinaia di uomini e donne e delle loro famiglie del tutto sconosciute al “grande pubblico”, abbiamo perduto tutti.
Tutti coloro che non sono riusciti a far passare un messaggio sulla necessità di una profonda riflessione, sulla esigenza di un abbassamento dei toni, sulla non spettacolarizzazione di una vicenda umana tragica che avrebbe meritato una diversa analisi e certamente tanti comportamenti del tutto difformi da quelli che invece la hanno caratterizzata.
Ma se proprio si dovesse individuare una responsabile alla quale imputare una omissione di atti o comportamenti dovuti e concludenti, questa andrebbe indicata nella buona politica.
Le istituzioni, un po’ tutte per la verità, hanno prima pazientato, cercando di capire umori e voleri della gente; poi, quando altri organi dello Stato con le loro pronunce hanno definito tempi brevi per agire, hanno cercato di trovare soluzioni altrettanto rapide e probabilmente inadatte.
E nel momento in cui si stava percorrendo una strada quanto meno condivisa nelle sue linee principali, la morte di Eluana ha riportato tutto al punto iniziale, con un epilogo dai toni e dai contenuti che mai avremmo voluto vedere all’interno di luoghi deputati ad altissime responsabilità, anche comportamentali.
Se questa tragica fine può e deve lasciare un segnale forte e chiaramente avvertibile, certo questo va ritrovato nella necessità che il Parlamento approvi in tempi brevi una buona e condivisa legge sul testamento biologico. Una norma chiara, che non si presti ad interpretazioni variabili e quindi a contenziosi futuri e che sia rispettosa dei principi costituzionali e dei valori in cui ci riconosciamo.
Una Legge che vada applicata in tutti quei casi che non hanno avuto e forse non avranno lo stesso clamore di quello della ragazza friulana, ma che comunque meritano, allo stesso modo, una attenzione analoga.
Con lo spirito di lasciare non ai fans, non ai media, non ai sondaggi, non ai partiti, ma ad un provvedimento frutto di un attento esame del legislatore, le scelte ed i metodi da applicare in un momento tanto tragico quanto imprevedibile della vita.
Marcello Meroi
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