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Marcello Meroi
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- Immagino le perplessità di Walter (Waterloo) Veltroni in questi primi giorni di leadership del suo ex vice Franceschini, diffusore di messaggi che l’uomo del “ma anche” non aveva osato esprimere neanche nei momenti delle sue esternazioni più brillanti.
Il nominato neo segretario ha infatti inaugurato le sue fatiche alla guida del Pd con una serie di “novità” e di idee così marcatamente propagandistiche che anche vari settori del suo schieramento si sono trovati in netta difficoltà a difendere.
Si è cominciato con il solito attacco all’odiato Berlusconi, “padre” di tutte le nefandezze possibili, tanto per ingraziarsi le frange più assatanate verso il presidente del consiglio e da tempo fuggite tra le braccia di Di Pietro.
Si è passati poi al giuramento sulla Costituzione, immodificabile secondo il Dario nazionale, quasi che adeguare i Principi Fondamentali all’evoluzione del comune sentire di un Popolo per non renderli immutati e cristallizzati nel tempo, fosse un attacco alla democrazia che solo il malefico capo del PdL poteva pensare di attuare.
Ma il punto più alto è stato toccato da Franceschini con la proposta parlamentare relativa all’assegno ai disoccupati. Una trovata che nemmeno lo stesso Veltroni aveva ritenuto di partorire e che di fatto è, obiettivamente, un mix di populismo e demagogia.
Qualcuno potrà rispondere che tale disposizione è già in vigore in altri Paesi europei e che alcune Regioni, tra cui la nostra, hanno provveduto ad adottarla.
La realtà è che in Italia sono già molte e diversificate le misure atte a rafforzare le politiche sociali per il sostegno a chi non ha od ha perduto il lavoro: cassa integrazione guadagni e straordinaria, mobilità, indennità diversificate di disoccupazione, interventi straordinari.
Un pacchetto di ammortizzatori sociali che, seppure certamente insufficienti a sostenere chi si trova a vivere una situazione di grande disagio, realizzano di fatto un intervento concreto e soprattutto sostenibile.
Gli economisti più attenti e di diverse estrazioni politiche, hanno infatti precisato che se andasse a regime, la proposta del Pd dovrebbe essere applicata a circa 500mila beneficiari, costerebbe 4 o 5 miliardi di euro alle casse pubbliche e farebbe ulteriormente aggravare il deficit di bilancio, probabilmente rendendolo insostenibile già nell’arco di pochi mesi.
Una proposta quindi tanto affascinante quanto marcatamente difficile da applicare. Ma si sa, governa il centrodestra, comanda Berlusconi e quindi si può chiedere tutto senza dover realmente valutare le problematiche connesse e conseguenti.
Il centrodestra è stato in questi ultimi anni attaccato perchè secondo alcuni ha creato posti di lavoro meramente condizionati a situazioni temporanee, senza consolidare interventi sul tempo indeterminato.
Ma autorevoli quotidiani nazionali ed esteri ricordavano poche settimane addietro che furono proprio l’intelligenza ed il coraggio di Marco Biagi sull’interpretazione della flessibilità del lavoro, a far ottenere all’Italia un risultato nel campo dell’occupazione erroneamente ritenuta precaria, che nessun altro Paese europeo aveva mai raggiunto.
In realtà l’Italia ha necessità di una politica che recuperi risorse, avendo il grande coraggio di tagliare i tantissimi sprechi che ancora ci sono in tante parti del pubblico, che realizzi investimenti, socializzi impresa e lavoro, crei occupazione duratura.
Tutto questo è estremamente difficile e non si può realizzare in tempi brevi senza una collaborazione ampia che svelenisca il clima politico, allenti le tensioni di un sindacato spaccato tra chi vuole saggiamente dialogare e chi vuole esercitare un ruolo essenzialmente politico, contribuisca a creare un dialogo proficuo e volto agli interessi nazionali e non di schieramento.
Certamente molto più semplice chiedere allora a gran voce interventi sociali a sostegno dei disoccupati o dei precari. Più facile, ma meno responsabile.
Bello e semplice come gridare gli slogan “la casa per tutti”, “lavorare tutti, lavorare meno”.
Proprio quello che un politico serio, uno di quelli che si vorrebbe candidare “da grande” a qualcosa di importante, non dovrebbe mai essere costretto a fare.
Marcello Meroi
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