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Marcello Meroi
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-Il governo tedesco ha scelto dunque Magna come gruppo che gestirà il colosso Opel, o quello che ne rimane.
Fiat ha cercato sino all'ultimo di aggiudicarsi la partita, ma è uscita sconfitta in una gara che lo stesso ministro Tremonti ha definito “di rugby più che di calcio”, con una squadra che spingeva, sgomitava, utilizzava regole improprie e spesso scorrette.
La cordata russo-austro-canadese ha infatti messo in campo molti sponsor importanti e qualche arbitro non proprio super partes. I beni informati danno infatti per certo che l'ex cancelliere tedesco Schroeder, oggi presidente della potentissima società che possiede il gasdotto Gazprom che attraversa la Russia e porta il metano in Germania, si sia adoperato non poco per appoggiare gli avversari di Marchionne.
Così come lo stesso governo federale con a capo Angela Merkel ha accettato di mettere sul tavolo finanziamenti di Stato e quindi veri e propri interventi economici a danno della concorrenza, che hanno sbilanciato le proposte e fatto pendere la bilancia a favore degli amici di Putin.
La più importante azienda italiana ha dovuto quindi arrendersi davanti ad un cambio di regole intervenuto a partita già iniziata e con amarezza l'amministratore delegato torinese ha definito una ”soap opera” l'intera vicenda.
Comunque siano andate le cose, Fiat esce a testa alta da questa lunga lotta per aggiudicarsi i resti della ex grande impresa teutonica: da azienda che per troppi anni, grazie anche a potentissime protezioni governative e di lobbies, era riuscita sempre a “privatizzare gli utili e socializzare le perdite”, è tornata ad essere un gruppo qualitativamente valido ed economicamente affidabile.
Marchionne ha svolto un ottimo lavoro, ha negli ultimi anni indovinato scelte di mercato importanti, ha ripulito l'immagine (facendo finalmente sparire l'impresentabilissimo Lapo), si è circondato di valenti collaboratori.
L'acquisizione di Chrysler ha dimostrato che l'azienda leader nazionale ha nuove progettualità ed una credibilità diffusa che le hanno permesso di confrontarsi con le società automobilistiche più importanti del mondo.
La sconfitta, se tale si tratta nella vicenda Opel, non deve rappresentare una battuta d'arresto per il colosso torinese che si è comunque positivamente riaccreditato nel panorama industriale mondiale attraverso operazioni commerciali che hanno comunque dato una nuova e brillantissima immagine al gruppo della famiglia Agnelli-Elkan.
Una attenta riflessione andrebbe poi fatta sul comportamento almeno omissivo dell'Unione Europea che, prontissima a censurare tutti gli “aiuti di Stato” pervenuti in altre operazioni economico-finanziarie di grande rilievo per il mercato internazionale (non ultima quella della vicenda Alitalia), ha steso un silenzio assordante sulla vicenda di rilancio della società automobilistica tedesca.
E non si potrà certo dire che la pioggia di milioni di euro che il governo della Merkel ha profuso, non doveva considerarsi un intervento indebito e di fatto vietato dalle regole comunitarie.
Ma, dimenticavo, la super partes Europa aveva a che fare con altri interessi che non erano quelli dell'Italia del bieco Berlusconi.
Marcello Meroi
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