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Arnaldo Sassi
caporedattore Messaggero |
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- Ricordate il pollo di Trilussa? E’ la dimostrazione più palese che spesso le statistiche lasciano il tempo che trovano e che non vanno mai prese troppo sul serio.
Il riferimento è alla classifica stilata dal quotidiano “Italia Oggi”, secondo la quale Viterbo sarebbe sprofondata in fondo alla graduatoria delle città dove si vive bene.
Al contrario della confinante Siena, eletta per il 2008 reginetta di tutti i capoluoghi italiani. Le statistiche dunque, vanno prese per quello che sono, ma attenzione a non snobbarle del tutto, perché comunque un segnale lo danno.
E che Viterbo sia una città con evidenti problematiche sotto vari punti di vista non è certo una novità per chi ci vive.
Il problema è che mentre gli altri si adeguano o tentano di adeguarsi, facendo girare le rotelle del cervello, nella Tuscia si sonnecchia e si continua a prendersela col destino cinico e baro che la lascia perennemente al palo.
Al tale proposito, è illuminante quanto ha dichiarato a botta calda il sindaco Giulio Marini: "Paghiamo l’isolamento", con riferimento alla mancata realizzazione di infrastrutture di cui si parla ormai da decenni: ovverosia, il completamento della Trasversale, il raddoppio della Cassia, la realizzazione di una ferrovia veloce con Roma, e così via. Come se tutto ciò fosse la panacea di tutti i mali.
Con un particolare: che a queste opere dovrebbero pensarci gli altri, in questo caso lo Stato. Ora, se da un lato tutto questo è logicamente sostenibile, dall’altro vien da fare il paragone con quanto ad esempio avvenuto nel campo calcistico locale: la Viterbese è stata grande quando è venuto qualcuno da fuori a colonizzarla, ripiombando subito dopo nell’aurea mediocritas.
Lo stesso accade per lo sviluppo del territorio: stante la cronica incapacità della classe dirigente locale a farsi venire qualsiasi tipo di idea, ci si appella a quello che gli altri non fanno e che dovrebbero fare per piangersi addosso.
Adesso va di moda l’aeroporto, che senza dubbio rappresenta un’opportunità, ma che nasconde anche evidenti rischi. Ebbene, al di là degli squilli di tromba su un’opera che dovrebbe cambiare la vita a tutti, nessuno fino a oggi ha pensato a immaginare che tipo di città diventerà il capoluogo della Tuscia e soprattutto come attrezzarsi alla bisogna.
Nel frattempo si continua a distinguersi per l’antistoricità delle decisioni che si prendono, come quella di lasciare tutto il centro storico aperto alle auto per il periodo natalizio. Una domanda a sindaco e assessore: in quale altra città d’Italia si prendono provvedimenti di questo genere? Si attende cortese risposta.
E l’urbanistica? Ci si straccia le vesti perché è andato in fumo il piano integrato dell’Arcionello (dando vita tra l’altro a uno spettacolo indegno di scaricabarile, quando dovrebbe essere evidente che le responsabilità maggiori le ha sempre chi siede al posto di comando), ma non ci si cura più di tanto di un centro storico che avrebbe tanto bisogno di interventi intensivi di restyling.
Anzi, si continua imperterriti con la politica dei piani integrati (che, val la pena ricordarlo, rappresentano l’antitesi di uno sviluppo programmato e quindi armonico) e si lascia dormire una eventuale variante al Prg. Il motivo? Avere le mani libere per accontentare qualcuno, anche se ciò spesso avviene a danno di molti altri e spesso della collettività.
A proposito di piani integrati: ce n’è un altro in dirittura d’arrivo sulla Teverina (strada già intasatissima dal traffico proveniente dal quartiere di Santa Barbara) che contribuirà ad aumentare notevolmente il caos cittadino, ma che sarà inopinatamente attuato; come il caos assoluto sta provocando la palazzina attualmente in costruzione in via Aldo Moro dove – al di là delle norme urbanistiche – sarebbe bastata la legge del buon senso per far dire che in quel fazzoletto di terra sarebbe stato assurdo costruire (andare a vedere per credere). E invece…
E invece fa più comodo piangersi addosso, prendersela con gli altri.
Giulio Marini è salito sul trono di palazzo dei Priori all’insegna della discontinuità. Che è ancora tutta da dimostrare. Intanto però, detto che l’uomo è appena all’inizio dell’opera, la smetta di dire anche lui “piove, governo ladro” e cominci a cambiare passo. La città gliene sarà grata.
Arnaldo Sassi
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