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Arnaldo Sassi
caporedattore Messaggero |
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- Alla luce della novità resa nota all’opinione pubblica alcuni giorni or sono (qualche addetto ai lavori ha infatti affermato che ne era già a conoscenza da tempo), forse val la pena riprendere il discorso sull’aeroporto viterbese.
La novità, per chi ancora non ne fosse a conoscenza, è che l’attuale pista di decollo e atterraggio di 1500 metri, usata tra l’altro come strumento di pressione quando si doveva decidere la localizzazione del terzo scalo laziale e realizzata pochi anni or sono proprio in vista della nuova struttura da edificare, non è buona.
Va rifatta ex novo. Per tutta una serie di motivazioni tecniche che non staremo qui a specificare, fidandoci di quanto asserito da uno che di queste cose ne sa, come il presidente dell’Enac Vito Riggio.
Questo fatto, tutt’altro che insignificante, ci dà il destro per proporre con forza una riflessione finora presa in considerazione da pochissime persone.
Vale a dire: siamo proprio sicuri che il luogo migliore per l’aeroporto viterbese sia quello sulla Tuscanese? Oggi, sapendo che comunque tutto dovrà essere realizzato daccapo, la risposta è semplice: no.
Vediamo perché. La prima considerazione è che l’attuale location è troppo vicina al centro abitato. Poco più di tre chilometri in linea d’aria dall’area urbanizzata dei quartieri Pilastro, Palazzina e Villanova.
La seconda è che non ci sono vie di collegamento adeguate e che quindi si dovranno spendere tanti soldi per la loro realizzazione.
Ma se su quest’ultima si può anche obiettare col classico “chi se ne frega, tanto a pagare ci penserà lo Stato”, sulla prima sarà forse il caso di riflettere con molta attenzione e anche in fretta, prima che il danno diventi irreparabile.
Inquinamento acustico e ambientale (al di là delle affermazioni di qualche assessore buontempone, che parla di “aeroporto a impatto zero”) sono infatti dietro l’angolo e rischiano di coinvolgere migliaia di famiglie oggi inconsapevoli di quanto sta per accadere sopra le loro teste (e non solo in senso figurato).
La questione, se volete, ha anche un lato comico, che la dice lunga sulla capacità di programmare da parte di certi amministratori quanto mai “illuminati”: a un tiro di schioppo dal futuro aeroporto è in via di realizzazione e praticamente ultimata una mega clinica privata che dovrebbe ospitare persone malate e quindi (si ritiene) bisognose di tranquillità. Qualcuno è in grado di spiegare qual è la logica che ha portato a questa scelta?
Insomma, così come stanno le cose, si rischia di fare una “Ciampinodue” e il rimedio ha tutta l’aria di essere quanto meno uguale al male che si vuole estirpare. E se fino a ieri fare questo discorso poteva comunque mettere in crisi una decisione già presa (la pista c’è già, non si può ricominciare daccapo con ulteriore esborso di denaro pubblico), oggi lo si può fare apertamente senza più remore di questo tipo.
E allora ci si chiede: se non lì, allora dove? Proposta: perché no alla Volpara? La zona si trova a circa sette chilometri dal centro abitato. Non è molto urbanizzata.
Tantissimi terreni sono di proprietà comunale. Ci cade dentro la superstrada Viterbo-Civitavecchia.
Nella programmazione urbanistica dovrebbe comprendere (ammesso che un giorno riescano e vederne la luce) il centro fieristico e un grande centro termale privato.
L’unico problema sarebbe eventualmente rappresentato dalla ferrovia (anche se la Viterbo-Capranica-Roma non passa molto distante), ma tanto anche lì siamo all’anno zero.
E’ un’ipotesi, a mio avviso, quanto meno da prendere in considerazione, tenendo soprattutto presente che questa scelta andrà a incidere sul futuro della città e dei suoi abitanti e che, una volta fatta, sarà impossibile tornare indietro. Anche se…
Anche se, dal momento che chi non fa il politico non è legato alla propaganda per ottenere consenso, mi sia consentito esprimere più di un dubbio sulla possibilità che l’aeroporto si realizzi per davvero e soprattutto nei tempi stabiliti (entro il 2012).
Per un semplice motivo: edificare ex novo lo scalo aereo e le infrastrutture indispensabili per il suo funzionamento (completamento della Trasversale, ferrovia veloce con Roma, raccordi stradali e ferroviari in prossimità della struttura) comporta un investimento di una montagna di soldi, da mettere subito sul piatto.
E se andiamo a vedere i conti di Adr, dell’Anas, di Rfi e, dulcis in fundo, del governo, non c’è tanto da stare allegri. Ma su questo punto si attende (con ansia) cortese smentita.
Arnaldo Sassi
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