 |
Il cantante lirico
Alfonso Antoniozzi
|
|
|
- A costo di dover rifriggere aria già abbondantemente fritta in passato, gli ultimi episodi di violenza sulle donne non possono fare a meno di indurmi a pensare che quanto finisce nel mirino dei mezzi d'informazione non è altro che la punta di un iceberg ben più profondo.
E' ovvio che una ragazza su cui venga usata violenza nelle strade cittadine fa notizia, ed è altrettanto ovvio che se ne parli e se ne disserti, ognuno proclamando le proprie personali opinioni: chi auspica una stretta autoritaria, chi la castrazione chimica, chi ricerca le motivazioni di una cultura della violenza nel degrado delle periferie.
Ma quanti di noi si ricordano che la maggior parte delle violenze sulle donne (e sui bambini) si consumano non tanto nel "pericoloso" mondo esterno, quanto nelle più rassicuranti mura familiari?
E quante di queste violenze non vengono alla luce, perché altro è denunciare ignoti delinquenti, altro è denunciare il proprio compagno, il proprio marito o, in alcuni casi, i propri parenti?
Il rapporto Istat del 2006 ci racconta che almeno il 30% delle donne ha subito violenze nell'infanzia, e che il 43, 8 % delle donne ha subito uno stupro, o un tentativo di stupro, in luoghi familiari. Il 23,8 % ha subito violenze da amici, il 20,2 % dai mariti o dagli ex mariti, il 17,4% da fidanzati o ex fidanzati, il 12,3% da conoscenti e solo il 3,5% da sconosciuti.
Alla luce di questi dati, perdonatemi se qualsiasi proposta (sempre condivisibile) di risanamento delle periferie degradate o qualsiasi auspicata stretta autoritaria (meno condivisibile) mi fa sorridere come mi farebbe sorridere un cataplasma della nonna se paragonato a un efficace antibiotico.
Sono fermamente convinto che la violenza sessuale sia un male da combattere alla radice, cominciando a cambiare innanzitutto la morale comune che nella maggior parte dei casi dice che la donna "se l'è andata a cercare", complici certe vergognose sentenze della Corte di Cassazione, come quella che dichiarò uno stupro inammissibile per la difficoltà per la vittima di cavarsi i jeans attillati se non volontariamente.
Solo una risoluta condanna dello stupro come atto di violenza contro la libertà della persona può indurre le donne che abbiano subito questo terribile momento ad andare dritte dai carabinieri senza provare sensi di vergogna e di colpa (il 90% delle donne, sempre secondo l'Istat, non denuncia lo stupro subito proprio per questo motivo).
E, dall'altro lato: si cominci a parlare chiaramente di sesso ed educazione sessuale in questo Paese, istruendo corsi fin dalle scuole medie, educando i ragazzi e le ragazze alla conoscenza del corpo altrui e del proprio, senza moralismi vittoriani e senza condannare i giovani, come succede da sempre, a farsi una cultura sull'argomento basandosi unicamente sulle chiacchiere tra amici e sulla pornografia, due metodi di informazione non propriamente rispettosi del corpo della donna.
Si racconti delle malattie sessualmente trasmissibili e del modo di cautelarsi da queste malattie.
Si faccia una chiara informazione sulla prevenzione delle nascite e sull'uso di ogni possibile forma contraccettiva (lasciando, ovviamente, che ognuno si avvalga di queste informazioni nel modo che le sue credenze personali giudicano più opportuno.)
Si insegni come funzionano le sessualità maschili e femminili, e come trovare il proprio piacere nel piacere dato agli altri e non nel consumo del corpo altrui.
Si dica, insomma, fin dall'età scolare che nel sesso non c'è niente di sbagliato, di proibito o di peccaminoso, in qualsiasi sua forma o variazione, e si sradichi una volta per sempre la moraletta bimillenaria che ci ha instillato in un angolino del cervello che l'uomo è superiore perché penetra, e la donna inferiore perché viene penetrata, e che l'uomo che ha cento donne è degno di rispetto mentre una donna che si comporti nello stesso modo è una puttana.
Sono convinto che solo diventando un Paese libero da moralismi, con un atteggiamento sereno e senza tabù nei confronti della sessualità, e quindi rendendosi profondamente consapevoli della propria e dell'altrui valenza in quanto persone e non in quanto oggetti sessuali si possa, lentamente, cambiare la mentalità maschilista dominante da secoli che è la madre di tutti gli stupri.
Diventando, nel contempo, un Paese migliore.
Alfonso Antoniozzi
|