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L'alambicco di Antoniozzi
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Quando furoreggiavano le clic clac...
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Il cantante lirico
Alfonso Antoniozzi
- “Siamo in estate, e le finestre sono aperte. Per non arrecare disturbo ai vostri vicini vi preghiamo di tenere basso il volume del vostro televisore”.

Dallo schermo, rigorosamente in bianco e nero, della Tv di un tempo la signorina buonasera di turno arringava così i teleutenti, figlia di una televisione che ancora si sforzava di educare gli spettatori e non, come ora, di rincoglionirli definitivamente.

Questa frase segna nel mio ricordo l’inizio ufficiale delle mie estati di bambino.

Certo, qualche piccolo segnale c’era già stato: l’allungamento delle giornate, ad esempio, mi consentiva di rientrare alle sette e mezza di sera e non, come accadeva d’inverno, alle cinque e mezzo, ossia non appena facesse buio.

Dico “rientrare” perché i bambini della generazione “pre-internet” e “ante-videogames” per socializzare uscivano di casa, a far battaglie coi gavettoni d’acqua, ad arrampicarsi sulle rovine di una vecchia casa o di un cantiere abbandonato giocando “agli investigatori”, a fare a botte (“se torni a casa ferito pigli il resto” era il mantra di mia madre), a giocare a direfarebaciareletteratestamento, insomma tutte quelle attività che farebbero impallidire di terrore le iperprotettive mamme di oggi e che, allora non lo sapevamo, ci stavano preparando alla vita adulta.

In estate la mamma chiudeva il negozio e si partiva per il mare, destinazione Tarquinia. La Simca 1000 color verde bottiglia, seconda per comfort e prestazioni solo all’inimitabile Prinz, veniva stipata all’inverosimile e via, alla folle velocità di novanta/cento chilometri orari verso i lidi, con inevitabili pause per il vomito del nonno sulle curve prima di Tuscania, la pipì della zia cui la macchina faceva quell’effetto lì, e con l’obbligatoria sosta per comprare il pane di Monte Romano.

Arrivati a Tarquinia il mio sogno era scappare velocemente dal villino comodamente sito a quattromila passi dal mare per fiondarmi allo stabilimento San Marco che, mirabilissima cosa, aveva la Microguida e faceva una pizza bianca il cui sapore deve avermi fatto lo stesso effetto che le madeleinettes fecero a Proust, perché non l’ho mai più ritrovato.

Se dovessi dare un sapore all’estate, non avrei dubbi: la pizza bianca del San Marco mangiata di nascosto, perché se no poi non si poteva fare il bagno (“devono passare tre ore da quando hai mangiato, capito?”), magari innaffiata da un bicchiere di spuma al bitter.

Sulla spiaggia furoreggiavano prima le palline clic clac, che era quasi impossibile manovrare senza fratturarsi le nocche, e in seguito una strana palla con un manico, chiamata Pon Pon, che veniva cavalcata e che, sfruttandone i rimbalzi, ti consentiva di saltare sulla sabbia mettendo a serio rischio l’integrità di altre palline, le tue.

E, ovviamente, le piste per le biglie scavate nella sabbia su cui slittavano certe altre palline trasparenti con dentro le foto di ciclisti e calciatori: chi arrivava ultimo perdeva una cospicua parte del suo tesoretto di biglie.

Tornato nella villetta potevo giocare con gli amici nella Cicocca, una casetta di plastica vinta coi punti Ferrero che il sole arroventava senza pietà, oppure tuffarmi nella piscinetta gonfiabile di un metro di diametro, sentire musica nel mangiadischi o vedere posti lontani e animali della savana in un visore modernissimo che faceva vedere le immagini in tre dimensioni: il ViewMaster.

Nel frattempo dentro la casa, con le serrande perennemente abbassate per creare un’illusione di fresco, la mamma e i suoi amici giocavano a Ramino, a Scala Quaranta o a Poker.

E la sera tutti al cinema all’aperto, dove fragranze di Autan spalmato a dovere sulla pelle si mescolavano all’odore pungente di imponenti zampironi che avrebbero dovuto tenere lontane le zanzare, e con in bocca un ghiacciolo all’amarena. “Uno, perché se no ti viene il mal di pancia!”

Oggi, seduto in casa con l’aria condizionata accesa a manetta, con il televisore della vicina che mi informa puntuale sui suoi gusti in materia di programmi, con la xbox su cui ha appena smesso di girare l’ultimo adventure game di successo e con il computer che mi consente di vedere il mondo con un clic, e la possibilità di andare dove voglio con la mia macchina o con l’aereo o il treno o la nave, mentre scrivo queste righe e a costo di sembrare patetico a chi legge, mi accorgo che desidererei una sola cosa per questa estate: una Simca 1000 color verde bottiglia, con la mamma al volante, destinazione Tarquinia.

Alfonso Antoniozzi

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