L'avvocato Marco Russo, difensore di uno degli imputati

L'avvocato Roberto Alabiso, difensore di uno degli imputati

L'avvocato Giovanni Labate, difensore dei due geometri imputati

Il pm Paola Conti, pubblica accusa al processo sul crollo del museo civico

Alcune immagini del crollo del museo civico

E' quanto riferito dalla maggior parte dei testimoni ascoltati nell'udienza per il crollo del museo civico.

Il processo è entrato nel vivo ieri mattina, davanti al giudice Eugenio Turco, con l'ascolto dei primi testimoni del pm Paola Conti.

Nove persone chiamate a deporre in aula, tra cui carabinieri, vigili del fuoco e tecnici, intervenuti prima e dopo il crollo, avvenuto il 25 maggio di sei anni fa.

Si è discusso soprattutto di una crepa sulla parete collassata del museo. Crepa che, per l'accusa e il perito dell'incidente probatorio, era una chiara avvisaglia del crollo, segnalata ma trascurata dai quattro imputati, due geometri e due dirigenti comunali difesi dagli avvocati Marco Russo, Roberto Alabiso e Giovanni Labate.

Gran parte dei testi, però, si è detta all'oscuro di quella crepa. "Non ci era mai stato chiesto alcun controllo in merito", ha detto un caposquadra dei vigili del fuoco, intervenuto dopo il crollo. Dello stesso avviso, anche il geometra Paolini e l'architetto Pulzelli. Il primo incaricato della manutenzione del museo. Il secondo, ex dirigente del settore Lavori pubblici.

"Circa un mese prima del crollo - ha spiegato Paolini - ricevetti una richiesta di sopralluogo, ma era per la caduta di un barbacane, un pezzo di peperino che sorregge le travi di legno e che si era staccato".

L'unico riferimento a una crepa si trova nella lettera che, a gennaio 2000, l'architetto Pulzelli ricevette dall'allora direttrice del museo Orsola Grassi. "Si parlava dell'aggravamento di una crepa già segnalata - spiega Pulzelli -. Ma, a Palazzo dei Priori, nessuno ne sapeva niente. Lesioni alla pinacoteca non ci erano mai state comunicate".

Era stata proprio l'ala della pinacoteca a cedere, alle 18,15 di quel 25 maggio 2005. Per la strada si trovava a passare una donna romena che spingeva un passeggino con dentro la nipotina. Proprio mentre il corpo centrale della parete collassava su sé stesso. Entrambe rimasero ferite, in particolare la donna, che riportò lesioni più gravi. Una tragedia sfiorata. Evitata solo per via di un ritardo nell'inaugurazione di una mostra.

L'udienza proseguirà, ora, il 24 febbraio, con l'ascolto di altri sei testimoni dell'accusa, tra cui la direttrice Orsola Grassi e alcuni custodi del museo.

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