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Visita del Papa - Lettere - Antonella Torquati dopo l'intervento di Mattioli
"L'autorevolezza non si compra con l'oro"
Viterbo - 9 settembre 2009 - ore 2,30

Il dibattito
Visita del Papa - Lettere - Antonella Torquati dopo l'intervento di Mattioli
"L'autorevolezza non si compra con l'oro"
Viterbo - 9 settembre 2009 - ore 2,30
Visita del Papa - Il sociologo Francesco Mattioli risponde alla lettera di Luca Mecozzi
"Gesù non tagliò gli alberi... ma seccò un fico"
di Francesco Mattioli
Viterbo - 8 settembre 2009 - ore 14,00
Viterbo - Visita del Papa - Lettere - Scrive Luca Mecozzi
"Gesù non faceva tagliare gli alberi e non aveva la scorta"
Viterbo - 6 settembre 2009 - ore 1,25
Benedetto XVI
Riceviamo e pubblichiamo - Scrivo dopo aver letto la risposta di Mattioli al ragazzo che lamentava il taglio degli alberi in Valle Faul.

Non ho certo le competenze del dottore, ma proprio per questo tengo a dare la mia visione di persona-media.

L'osservazione portata dal giovane - ancorché propria di un diciottenne, quindi teneramente ingenua - rivela la percezione che alcuni, direi meglio "molti", hanno dell'atteggiamento della Chiesa verso i beni materiali.

I molti di cui parlo sono: - molti giovani, ai quali viene somministrato dai sacerdoti l'elogio della povertà (con tanto di esempio da ritrovare in figure come quella di San Francesco) e a cui viene sottoposta la storia della Chiesa, che evidenzia come il potere temporale dei papi, associato a una crescente avidità e all'abbandono dello spirito cristiano, abbia causato nefandezze e ingiustizie;

- molti adulti, che si chiedono come mai, a fronte di parte del clero che effettivamente vive di stenti e si adopera per portare al mondo la parola di Cristo aiutando i diseredati, esista una élite che si ricopre d'oro.

Basta documentarsi per scoprire come siano impiegate le enormi entrate del Vaticano. Ora io non voglio essere polemica e categorica come molti detrattori della Chiesa, tra i quali cito il professor Odifreddi [mi riferisco al libro "Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici)"]: il mio intento è di essere critica e obiettiva.

A mio parere l'autorevolezza non si compra con l'oro. E i simboli, di certo fondamentali per gli esseri umani, posso essere ugualmente efficaci anche se non composti di metalli e pietre preziose.

Sono d'accordo sul diverso ruolo di Cristo, sono d'accordo sulle esigenze di sicurezza, sono d'accordo su una figura papale non lacera ma dignitosa. Ma da qui a giustificare lo sfarzo ce ne corre!

Il messaggio che scaturisce da tanto lusso ormai risulta inadeguato: poteva andar bene secoli fa (senza andare nemmeno troppo lontano), ma adesso sarebbe opportuno "re-indirizzare" quei fedeli per i quali sacralità fa binomio con sfarzo. Se solo la Chiesa utilizzasse i propri considerevoli tesori - o, almeno, una parte di essi - per fini umanitari, l'esempio sarebbe decisamente didattico.

Mi si potrebbe opporre il bisogno ancestrale di sacrificare alle divinità, privandosi di qualcosa di prezioso per farne dono a Dio. Questa necessità è comprensibile, condivido il valore simbolico di tali gesti e il bisogno dell'uomo di donare in segno di ringraziamento ed espiazione: il punto è l'utilizzo che il ricevente fa dei doni. Siamo stati abituati a vedere una Chiesa che si pasce di quanto le viene elargito, come se il suo prestigio fosse foraggiato dalle ricchezze terrene: è questo che la gente ha imparato.

E ancora oggi si edificano opere come il santuario di Padre Pio, con una cripta ricoperta d'oro massiccio. Se fosse ricoperta di materiale più umile, il santo sarebbe meno venerabile e venerato? Io ne dubito, se penso a gente intelligente ed educata ai valori essenziali. Infatti tale opera ha suscitato non solo apprezzamenti, ma anche ampie polemiche circa l'uso che si poteva fare dell'aureo rivestimento.

Dovrebbe essere la Chiesa a cambiare questo trend così venale ed inappropriato, senza arrivare alle vesti stracciate, ma dando un esempio di dignitosa sobrietà, nel vero spirito cristiano. Anche perché, se così non sarà, perderà persone-medie come me. Non che io sia importante, ma credo di essere la spia di un sentire piuttosto diffuso.

Forse sono ingenua pur se non diciottenne, forse sono anche idealista. Leggere, però, che "un papa lacero, pauperista, oggi - nella nostra cultura - sarebbe un perdente, il segno di un sconfitta inevitabile di fronte ad altri miti e ad altri poteri" mi ha davvero avvilito: il papa non è come gli altri potenti, non deve esserlo.

Il suo potere deve avere ben altre basi, quelle su cui qualcuno fondò la Chiesa tanto tempo fa. E il denaro non può essere cemento, ma strumento d'amore cristiano.

Antonella Torquati

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