Riceviamo e pubblichiamo - La decisione di Montino di non rinviare le elezioni, come chiede a norma di legge la lista Sgarbi, è una decisione politica. Tant’è che lo stesso Montino ammette che se il Consiglio di Stato avesse ammesso la lista del PdL la Regione avrebbe concesso il rinvio di almeno 15 giorni.
E’ paradossale che la Regione abbia un atteggiamento schizofrenico nei confronti del decreto legge governativo sulle liste, un giorno lo applica e uno no. Nel frattempo Montino dimentica che c’è un atto ufficiale della Giunta, la delibera Regionale del 7 Marzo, che dà un indirizzo amministrativo agli uffici a non applicare il decreto. Dunque Montino se proprio vuole adesso utilizzare il decreto, perché gli fa comodo, dovrebbe convocare la giunta regionale per annullare la delibera in questione e ritirare l’impugnativa alla Corte.
D’altra parte la decisione di Montino è politica perché se avesse rinviato le elezioni sul caso Sgarbi sarebbe stato evidente che ciò accadeva per i gravi pasticci combinati dalla Regione nel procedimento elettorale, nel momento che ha considerato queste elezioni a scadenza naturale mentre il Tar le ha considerate elezioni anticipate.
Se Sgarbi va avanti nel ricorso ha molte buone probabilità di aver ragione e di far annullare le elezioni, al di là se il Parlamento ratificherà il decreto e di cosa dirà nel merito la Consulta.
La vicenda ormai si è ingarbugliata e le elezioni sono a rischio annullamento, ed è grave che nessuno vi abbia messo mano per trovare una soluzione nell’interesse generale.
Nei prossimi giorni si discuteranno i ricorsi di alcune liste che sono state danneggiate dalla sbagliate informazione della Regione sul numero minimo di firme da presentare e hanno chiesto la riapertura dei termini per presentazione.
Sempre in settimana sarà presentato il ricorso, che sarà sottoscritto da molti consiglieri del Pdl, che impugna il decreto Montino che indice le elezioni perché la firma doveva essere di Marrazzo e soprattutto perché le elezioni andavano fatte a Gennaio 2010, entro tre mesi dallo scioglimento del Consiglio, e non a scadenza naturale. Cosa che poi ha comportato l’approvazione di direttive sbagliate da parte della Regione sul numero delle firme.
Donato Robilotta
Consigliere regionale del Popolo della Libertà
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