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Processo disastro ferroviario - I parenti delle vittime: "Mai visto quei soldi"
"Ma quali 800mila euro?"
Viterbo - 8 aprile 2011 - ore 18,30


Giuliano Migliorati, avvocato di parte civile della moglie di Proietti
Il sostituto procuratore Stefano D'Arma, pubblica accusa al processo
Il presidente del collegio giudicante, Italo Ernesto Centaro
- 800mila euro agli eredi delle vittime. Ma di quei soldi, dicono loro, non c'è traccia.

E' stato questo l'oggetto del contendere all'ultima udienza del processo per il disastro ferroviario di Civita Castellana, in cui morirono il capotreno Angelo Fantera e il macchinista Alberto Proietti.

Ieri mattina il responsabile civile di Metro Roma, l'avvocato Matteo Massimi, ha presentato al collegio presieduto dal giudice Italo Ernesto Centaro la richiesta (poi rigettata) di acquisizione di un atto di citazione. Un documento con cui l'Inail chiedeva a Metro Roma e ai sei imputati la restituzione degli 800mila euro stanziati per i figli di Fantera e Proietti.

La cifra ha fatto saltare sulle sedie i parenti del capotreno e del macchinista deceduti. "Ma chi li ha mai presi?", ha gridato dal fondo dell'aula la madre di Fantera, mentre la moglie di Proietti, usciva dal tribunale scura in viso e scuotendo la testa.

Di quegli 800mila euro, infatti, i familiari delle vittime ne avrebbero visti, finora, solo poche centinaia, erogate mensilmente a titolo di rendita e destinate ai figli di Proietti e Fantera. Una specie di vitalizio, in pratica. Che secondo le difese, dispenserebbe gli imputati dal dover versare somme astronomiche ai parenti, come vorrebbero, invece, i legali di parte civile, che hanno chiesto un risarcimento complessivo da oltre un milione di euro e la condanna con la condizionale, subordinata al pagamento di una provvisionale.

L'udienza ha visto alternarsi le arringhe degli avvocati difensori e di parte civile, dopo le severe richieste di pena presentate, a febbraio, dal pm Stefano D'Arma.

Una vicenda giudiziaria giunta, ormai, alle battute finali, a otto anni dall'incidente in cui morirono il capotreno 36enne Fantera e il macchinista 44enne Proietti. Uno di Civita Castellana e l'altro di Magliano Sabina. Uccisi dallo scontro tra il treno Roma-Viterbo e un carro gru.

Per un tragico errore umano, il 13 dicembre 2003, nella stazione di Pian Paradiso, il convoglio trovò lo scambio aperto e imboccò un binario morto, in cui erano in corso dei lavori. Nell'impatto, il carro gru sfondò il vetro della cabina di guida in cui si trovavano macchinista e capotreno. Proietti morì sul colpo. Fantera dopo il trasporto al San Camillo.

Nove i dipendenti di Metro Roma che finirono sotto accusa per disastro ferroviario e omicidio colposo plurimo. Tre patteggiarono, confessando, già nei primi interrogatori davanti al pm, di aver lasciato aperto lo scambio per sbaglio. Gli altri sei, tutti dirigenti della società, sono tuttora in attesa di giudizio.

La prossima udienza è fissata al 20 maggio, per l'arringa dell'ultimo avvocato della difesa, che chiuderà la discussione.


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