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Severo Bruno
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- In questi giorni siamo alle prese con farneticazioni di persone cui i giornali hanno riservato grande spazio, e per questo soltanto son diventati personaggi, da perfetti sconosciuti che erano.
Alludo a tal Williamson, citato nelle cronache come vescovo, credo di una confessione “fai da te”, a un certo prete Abrahamowicz, autore di una dichiarazione semplicemente orripilante, e di un certo Petrucci, forse prete, forse priore, di sicuro incerto nelle sue argomentazioni.
Questi signori hanno occupato abusivamente la nostra attenzione con vergognose affermazioni negazioniste, “nessun ebreo è morto nelle camere a gas”, o riduzioniste, “il gas serviva a uccidere i pidocchi”.
Malgrado queste acutissime stecche, però, questi signori non sarebbero riusciti a interessarmi più di tanto, se una domanda non avesse cominciato a proporsi sempre più prepotentemente.
Infatti, dinanzi a tanta brutale ignoranza era naturale chiedersi il motivo o i motivi che hanno indotto Papa Benedetto XVI a revocare la scomunica ai lefevreiani, tra i quali sembra siano da comprendere i tre esternatori già troppo nominati.
Ma perchè il Papa ha ritenuto opportuno concedere il perdono revocando la scomunica?
So bene che la revoca della scomunica non vuol dire automaticamente riammettere tra i cattolici quel gruppuscolo, ma ciononostante rimangono valide le ragioni dell'interrogativo e le perplessità che lo hanno suscitato.
Forse quei falsi preti loquaci e scismatici hanno meritato il perdono per aver ben operato o promosso e assimilato studi religiosi, o per aver combattuto, ad esempio, per la fraternità dei popoli e delle religioni?
Tutti ricordiamo Giovanni Paolo II e i suoi sforzi continui, ripetuti con tenacia, per scongiurare lo scisma e poi per riportare gli scismatici alla chiesa romana.
Ma ricordiamo altrettanto bene le ragioni profonde e allarmate che imposero infine la scomunica, sostenuta da quasi tutta la curia romana.
Quelle ragioni sono forse venute meno, e in tal caso, quali fatti nuovi, ignoti ai semplici fedeli, sono intervenuti?
Naturalmente non si possono comprendere fino in fondo le ragioni del perdono, atto di amore e comprensione, di empatia con chi ha dato dolore, slancio di generosità verso l'autore dell'offesa, in una parola, gesto tra i più nobili che un uomo possa compiere.
Ma ogni perdono presuppone comunque il pentimento di colui che viene perdonato, altrimenti si rischia di perdonare insieme al peccatore anche il peccato.
Non so se a qualcuno che legge queste righe torna in mente quella foto terribile di una bambina riccioluta che mostra concentrata il braccio sinistro, scoperto fino al gomito, per far leggere al nazista il numero tatuato.
Ha un'aria intenta, impegnata a obbedire, fiera di aver compreso il comando e di aver tempestivamente eseguito, convinta per questo, forse, di essere premiata.
Chissà se quei tre contabili l'avranno compresa tra i "pochi" uccisi nei campi di concentramento o tra gli altri uccisi insieme ai pidocchi.
Ripeto, ma valeva proprio la pena di revocare la scomunica a gente restata così lontana da ogni sentimento umano e religioso?
Comunque, un fatto è certo, se veramente sono religiosi, la loro è una religione diversa, e non è la mia.
Severo Bruno
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