 |
copyright Tusciaweb
|
Riceviamo e pubblichiamo
- Mentre a Viterbo il punto centrale del dibattito politico paiono essere le schermaglie interne alle coalizioni tra microrganismi locali, tra capi e iscritti e quasi sempre per occupare qualche misero scranno, in Italia si muore per uno squallido derby di calcio.
E la politica sta a guardare…
Appare inverosimile che traspaia uno scarso interesse ad aprire viceversa un approfondito dibattito tra le forze politiche e sociali su un episodio la cui gravità va ben oltre un mero atto delinquenziale isolato.
Probabilmente qualcuno ritiene che la “nostra isola felice” possa essere immune da fenomeni di violenza organizzata contro le istituzioni ed in particolare contro le forze dell’ordine.
Fenomeni che peraltro vengono da lontano, le cui radici risiedono nel dilagare di una cultura incline al perdonismo di maniera che, per un verso, fa del delinquente un soggetto che merita particolari attenzioni e che comunque va redento e, per l’altro verso, del tutore dell’ordine una sorta di capro espiatorio per tutte le inefficienze insite nel nostro sistema.
La giustizia, inflessibile per i servitori dello Stato che vengano meno allo stereotipo dell’agente modello, allarga troppo spesso le maglie quando si tratta di punire severamente, in particolare, atti di delinquenza organizzata.
Un campanello d’allarme, caro direttore, che non mi pare vada sottovalutato e sul quale mi piacerebbe si aprisse una tribuna sulle pagine del suo “giornale” affinché pervenga un contributo di idee da parte di tutti utile al miglioramento della sicurezza sociale di cui si avverte sempre più il bisogno.
Vive cordialità.
Bruno Barra