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Il maresciallo Prisco Villani
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I periti della Corte: Elisabetta Mei, Emanuela Petrozzi e Massimo Mainieri
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Il perito chimico Emanuela Petrozzi
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Il perito Massimo Mainieri
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Elisabetta Mei, perito biologico della scientifica
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L'imputato Paolo Esposito
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L'avvocato di Esposito Enrico Valentini mostra una delle foto dei sopralluoghi nella villetta di via Cannicella
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L'avvocato di Esposito Mario Rosati
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L'imputata Ala Ceoban
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L'imputata Ala Ceoban con i suoi avvocati Pierfrancesco Bruno e Fabrizio Berna
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Il pm Renzo Petroselli
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L'avvocato di parte civile Luigi Sini
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L'avvocato di parte civile Claudia Polacchi
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- Ancora celle telefoniche. Ancora cartellina gialla. Ancora macchie sul muro della cucina di via Cannicelle. Di questo si è tornati a parlare ieri al processo a carico degli ex amanti Paolo Esposito e Ala Ceoban, accusati di aver ucciso Tatiana ed Elena, madre e figlia scomparse da Gradoli il 30 maggio 2009.Quella di ieri, è stata un'udienza di riepilogo. Servita soprattutto per fare il punto su alcuni aspetti emersi sinora da un dibattimento durato dieci mesi.
Tra questi, la ricostruzione degli spostamenti degli imputati, attraverso le celle agganciate dai loro cellulari. “Le antenne – ha spiegato Esposito su domanda della Corte – possono coprire un raggio anche di trenta chilometri. Quindi, il fatto che il mio telefono, nel primo pomeriggio del 30 maggio, agganciasse la cella di Cannicelle, non significa che io fossi a casa”.
I giudici hanno voluto sapere se Tatiana fosse intenzionata a chiedere l'affidamento esclusivo della bimba avuta da Esposito, dopo l'estate 2009. O se avesse mai manifestato il proposito di usare le immagini porno nel pc del suo convivente contro di lui, davanti al tribunale dei minori. Tutte circostanze che l'imputato ha smentito, come anche le presunte offerte di denaro che Tatiana avrebbe ricevuto da Esposito e da suo padre, a patto di “togliere il disturbo”, trasferendosi altrove.
Dopo l'imputato è stata la volta dei periti della Corte Emanuela Petrozzi, Elisabetta Mei e Massimo Mainieri, chiamati a illustrare i risultati delle loro analisi sulle pareti della cucina della villetta di Gradoli, dove Esposito viveva con Tatiana, la loro bimba piccola ed Elena.
La Petrozzi, perito chimico della scientifica, ha concluso che il muro non è stato lavato con detergenti, saponi o prodotti chimici. Ciò non toglie che potrebbe essere stato pulito con dell'acqua. Ma l'idea del perito è un'altra: i diversi strati di vernice sull'intonaco suggeriscono che le pareti siano state prima raschiate e poi ritinteggiate. Quanto al sangue, il perito biologico Elisabetta Mei dice di non averlo trovato, né sulle pareti della cucina, né sulla cartellina gialla appoggiata sul letto di Elena. E proprio su quest'ultima è stato ascoltato l'unico testimone di ieri: il maresciallo Prisco Villani. Lo stesso che, nel sopralluogo del 23 giugno 2009, aveva trovato i documenti di Elena e Tania, in cameretta, in uno scaffale della libreria. Proprio dentro una cartellina gialla.
“Ma si tratta di due cartelline diverse? - chiedono le difese -. Com'era fatta quella in cui stavano i passaporti di madre e figlia? Era trasparente? C'erano delle targhette? E come ha fatto a trovarla nella libreria se, nelle foto dell'11 giugno 2009, la cartellina è sul letto?”. Ma il maresciallo non ricorda.
L'udienza termina con le nuove richieste di accusa, parte civile e difese. Tra queste, l'ascolto del capitano dei Ris Luca Gasparollo e di altri testimoni, oltre all'acquisizione di filmati, documenti e articoli di giornale. La Corte le ha rigettate in toto e, a sorpresa, ha deciso di risentire come teste il brigadiere Camillo Mingione, nella prossima udienza dell'8 aprile. Nella stessa giornata, il pm Renzo Petroselli dovrebbe iniziare la sua requisitoria.
Seguiranno, il 9, le arringhe della parte civile e il 14, 15 e 16, quelle dei difensori. Il 27 sarà la giornata delle repliche. Dopodiché il processo si chiuderà con la riunione dei giudici in camera di consiglio per la sentenza.
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