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Viterbo - Presentato un progetto per misurare i livelli d’integrazione degli stranieri nella Tuscia
Pit stop, l’accoglienza nel Viterbese al terzo posto
Viterbo - 29 aprile 2011 - ore 11,30


L'assessore Paolo Bianchini
- Presentato questa mattina nella sala conferenze Franco Bendetti di Palazzo Gentili il risultato finale del progetto di ricerca “Pit Stop”, finanziato dalla Provincia di Viterbo, assessorato alle Politiche sociali, promosso dalla Cooperativa Gea di Nepi, con la collaborazione scientifica del centro studi e ricerche Casa della Parola, e racchiuso in una brochure che sarà distribuita dalla stessa Gea.

Scopo del progetto è quello di misurare, attraverso appositi indicatori statistici, il potenziale di integrazione nella provincia di Viterbo, vale a dire l’insieme delle principali condizioni di inserimento socio-occupazionale che il territorio offre agli immigrati e che costituisce il presupposto strutturale per la loro integrazione.

La ricerca è stata effettuata in comparazione con le altre province laziali.

“Si tratta di un’iniziativa che abbiamo subito accolto con favore – dichiara l’assessore Bianchini -, perché l’integrazione è un argomento molto importante e questa ricerca ci permette di avere una fotografia più chiara sui diversi elementi presi in considerazione in fase di analisi.

Nella graduatoria finale la provincia di Viterbo è risultata la terza nel Lazio, con un valore pari al 43,45% che la situa nella fascia a medio potenziale di integrazione. Fascia che riguarda, però, anche gli altri territori della regione.

Le distanze che intercorrono tra le cinque province laziali non sono poi così consistenti: al primo posto c’è Latina col 44,79 per cento, seguita da Roma col 43,74 per cento, da Viterbo appunto col già citato 43,45 per cento, da Frosinone col 42,10 per cento e da Rieti col 37,25 per cento. La posizione di mezzo di Viterbo ben descrive, quindi, la situazione complessiva”.

“Abbiamo rilevato – spiega Antioco Mura, presidente della cooperativa sociale Gea - la possibilità per gli immigrati di trovare a prezzi non proibitivi una casa in affitto in zone di periferia.

Il che, insieme alla discreta capacità del mercato occupazionale di assorbire manodopera immigrata, rappresenta un presupposto basilare per una certa capacità d’iniziativa familiare degli stranieri a Viterbo, i quali potenzialmente godono così di un’autonomia economica e giuridica che permette loro di costituire o ricostituire intorno a sé il proprio nucleo, la rete primaria degli affetti. Il tasso relativamente contenuto di alunni stranieri non ammessi all’esame finale di terza media lascia inoltre intendere che, anche sotto il profilo della tenuta scolastica degli alunni stranieri il territorio della Tuscia non sia tra i più problematici”.

“L’aumento relativamente sostenuto delle denunce penali sporte contro persone di nazionalità straniera – conclude Bianchini, rifacendosi agli ultimi dati della ricerca - rivela un coinvolgimento degli immigrati nei processi di devianza che andrebbe tenuto maggiormente sotto controllo.

Ma questo incremento costituisce anche e soprattutto un fattore di preoccupazione tra gli stessi immigrati, visto che il campione intervistato ha in media attribuito a questo fattore un peso negativo considerevole per ciò che concerne i processi di integrazione.

Infine, problematico è risultato essere l’aspetto qualitativo dell’inserimento occupazionale degli immigrati nella Tuscia, specie per quanto riguarda l’accesso ai posti di alta qualifica, per la retribuzione media annua dei dipendenti e lo scarso incoraggiamento nei confronti dei titolari d’impresa non italiani”.


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