- Tentata estorsione, condannato maresciallo dell'esercito.
Tre anni e sei mesi di reclusione, interdizione dai pubblici uffici per cinque anni, 600 euro di multa e pagamento delle spese processuali.
E' la sentenza emessa dal tribunale di Viterbo per V.P., maresciallo dell'esercito in servizio al poligono di Monteromano, condannato per tentata estorsione in concorso con la figliastra e il suo fidanzato, usciti dalla vicenda con un patteggiamento.
La storia risale all'aprile 2008. La figliastra di V.P., cameriera in un ristorante a San Pellegrino, aspettava da tre mesi il suo stipendio. Il datore di lavoro, però, non si decideva a pagare. E così, la ragazza pensò di "sollecitarlo", andando a trovarlo insieme al fidanzato.
Dopo aver intimato al titolare di pagare, il ragazzo lo picchia facendolo finire al pronto soccorso. Il ristoratore denuncia subito il fatto ai carabinieri.
Un mese dopo, però, cambia versione. Agli agenti della squadra mobile racconta che, quel giorno, i due fidanzati non erano soli: con loro c'era anche il maresciallo. "Lo ha fatto per vendicarsi - tuona l'avvocato di V.P., Giovanni Meli -. Il maresciallo si era rivolto all'ispettorato del lavoro, che aveva comminato al ristoratore una multa da 54mila euro. E' chiaro che ha raccontato quella storia alla polizia per fargliela pagare".
Una tesi che non ha convinto il collegio presieduto dal giudice Italo Ernesto Centaro (a latere Salvatore Fanti e Franca Marinelli) che, dopo una camera di consiglio di mezz'ora, ha condannato il V.P., applicando una pena più bassa rispetto ai quattro anni chiesti dal pm Fabrizio Tucci.
La sentenza ha avvilito il maresciallo, ma non il suo avvocato. "Se ci è voluta mezz'ora per decidere, significa che anche i giudici erano divisi - ha dichiarato Meli, al termine dell'udienza -. Aspetteremo il deposito delle motivazioni. Poi, sicuramente, faremo appello".
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