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Viterbo - Lettere - Scrive Morena Tafuro, neuropsichiatra infantile
Tagli alla sanità, la riabilitazione è penalizzata
Viterbo - 21 aprile 2011 - ore 13,00


Riceviamo e pubblichiamo - Scrivo per informare, in quanto come cittadina mi sento spesso costretta ad accettare senza replicare e così mi chiedo se accada anche agli altri o se semplicemente molte cose non si sappiano.

Sono un medico, neuropsichiatra infantile, dirigo a Viterbo un centro di riabilitazione convenzionato (Airri Medical) e mi occupo soprattutto di riabilitazione in età evolutiva.

I “miei” bambini hanno spesso patologie croniche, quindi le loro terapie iniziano e durano anni, la riabilitazione prima o poi finisce ma le necessità aumentano.

Ecco che in un momento in cui la sanità deve diminuire le spese, la riabilitazione viene letteralmente tagliata. Ed il taglio è netto, trasversale. Senza pensare chi taglio e perché taglio.

Se sono il San Raffaele mi si dà voce, ma ci sono anche piccole realtà la cui voce è più fioca, piccole strutture che erogano servizi sanitari, in accordo con un servizio sanitario pubblico che per dirla in gergo “non sa più a chi dare i resti”.

Io mi chiedo: ma i bambini? Il budget delle strutture accreditate, come quelle in cui io lavoro, è stato ridotto del 4% rispetto allo scorso anno (decreto 24/2011). Forse così si rientrerà nelle spese ma dobbiamo far uscire i piccoli pazienti. Qual è l’alternativa per un genitore che ha un bambino con una disabilità?

Il servizio pubblico è più che saturo, le liste di attesa sono lunghissime; e con un budget ridotto anche le liste di attesa delle Strutture accreditate aumentano sempre più. Per cui al momento della “chiamata” per l’inizio della terapia, qualunque sia la voce al di là del cavo, la patologia ha avuto tutto il tempo di stabilizzarsi e i tempi critici, superati i quali alcuni apprendimenti non si acquisiscono più, sono ormai andati.

Ci sono genitori che possono rivolgersi ai privati, ma sono pochi. Non si tratta di terapie brevi, ma di interventi frequenti e lunghi, quindi costosi. Non accessibili alla maggior parte delle famiglie. E allora?

Combatto ogni giorno con la mia etica professionale: quale bimbo esce? Chi rimane in terapia? Mi sento un giudice, ma sono un medico. Sono un cittadino, che scrive e denuncia, stanco di sentirsi silenziosamente, goccia dopo goccia, trascinato dagli eventi.

Morena Tafuro


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