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Riceviamo e pubblichiamo
- Mi dispiace che il signor Tozzi abbia capito esattamente a rovescio il senso della mia lettera. Evidentemente non sono stato in grado di essere chiaro. Me ne scuso e cercherò di rimediare.
La questione della dipendenza da Roma. Il problema è proprio qui, questa è proprio la questione nodale. Provi a capire il senso della differenza tra i concetti “dipendenza da Roma”, e “Roma come risorsa”, allora capirà perché l'aeroporto bisogna farlo bene e non farlo comunque.
Essere non dipendenti significa disporre da parte della comunità locale di una propria autonoma idea del futuro e di un progetto di sviluppo della città e del territorio pensato per le esigenze della popolazione.
Sarebbe semplicemente da sprovveduti pensare che anche nell'ipotesi di uno sviluppo autocentrato nella Tuscia si possa fare a meno di Roma.
La questione del lavoro. “Meglio sporco, maledetto ma subito ”. Io capisco bene la disperazione che porta a tale affermazione ma, anche qui l'esperienza insegna.
Pensare che una grande opera risolva il problemi di un territorio è semplicemente una sciocchezza. Questa idea è stata per decenni il motivo dominante della politica nostrana che, suscitando le legittime aspirazioni delle persone ad un lavoro dignitoso, in realtà cercava solo consenso e voti, ed ha permesso che in questo paese fossero fatte le peggiori cose.
Ha idea il signor Tozzi di quanti “cimiteri tecnologici, cattedrali nel deserto e via di questo passo” ci sono in giro per l'Italia meridionale, fatti sfruttando disperazioni come la sua?
Hanno ingrassato pochi, distrutto territori di immensa qualità ambientale (quindi distruggendo il loro vero possibile futuro), dilapidato risorse pubbliche ma, ancora peggio, annullato speranze, prodotto potere politico/criminale e creato le condizioni affinché si determinasse nuova disperazione che alimentava nuove speranze in un infinito circolo vizioso.
Questo non vuol assolutamente dire che l'aeroporto di Viterbo sarà così. Non l'ho detto, non lo penso e credo che chi lo dica sbagli; dico solamente che quella motivazione è sbagliata.
Lo snobismo dell'ecologia e il terzo mondo.
Sabato prossimo torno in Angola. Sto avviando un progetto di cooperazione in campo agroalimentare ed energetico (biodisel) tra l'italia e l'Angola: un progetto di grandi dimensioni, di quelli che spero “cambino le cose in Africa”.
In questo sono stato sostenitore di una idea dello sviluppo e della cooperazione economica nettamente contraria a ciò che oggi si chiama con ovvio significato “spirito neocoloniale”.
Nel programma avevo proposto una strategia sostenibile per la produzione agroalimentare: produzione e sviluppo della biodiversità.
Non solo gli angolani hanno fatto proprio questo programma (e sono loro che ci mettono i soldi) ma mi hanno voluto consulente del loro governo.
Cerchi di non essere da meno degli angolani signor Tozzi e smettiamola con questi luoghi comuni che l'ecologia è un lusso.
Che poi ci sia il problema della coerenza dei nostri comportamenti nei confronti del terzo mondo perché mentre chiediamo impegni continuiamo (noi mondo sviluppato) a fare i comodi nostri, sfonda proprio una porta aperta.
Ma questo non può essere un alibi per continuare a fare i comodi nostri salvandoci la faccia perché permetteremmo ad altri di fare anche i loro (anche se per il terzo mondo si tratta di esigenze vitali e non di “comodità”), quanto piuttosto sia da stimolo a cominciare a cambiare le nostre abitudini.
Sostengo da decenni, chi mi conosce lo sa, la necessità di ridurre i nostri consumi per consentire agli altri di svilupparsi, affinché non solo oggi, ma anche in futuro, si possa continuare a vivere bene tutti su questo pianeta).
L'ecologia non è una moda, ma un problema vero, anzi è il vero problema; non sono margheritine da salvare, ma costi reali, salute e benessere delle persone, aria che si respira, spazi che si vivono.
Il problema del riscaldamento globale non è una scemenza sostenuta da persone snob ma la vera emergenza del pianeta che richiederà l'impegno di una quantità enorme di risorse finanziarie.
Si ha idea di quanto ora l'Italia dovrà spendere, sta già spendendo e sono soldi di tutti noi sottratti ad altro, solo per riequilibrare (badi bene riequilibrare, non riconvertire) le modalità del proprio trasporto?
Certo che il traffico aereo non finirà e avrà sempre una funzione strategica nel pianeta, questa è una ovvietà.
Ho solo detto che se ne dovrà limitare, e se ne limiterà, l'abuso, ma quanto (cioè quantitativamente) questo sarà non sono in grado di dirlo,
Ma se l'aeroporto di Viterbo nascesse solo sulla coda di quello di Roma, come vorrebbe comunque farlo nascere lei, senza una più complessa progettualità e visione strategica sarebbe il primo a essere colpito dalla crisi del trasporto aereo.
Se invece nasce sulla base di autonomi programmi e su questo costruisce il proprio futuro avrebbe molte più possibilità di consolidarsi.
Ciò che c'è da contestare nella posizione sostenitori tout court dell'aeroporto è l'idea che basta farlo, poi per forza delle cose viene il resto, senza porsi il problema di cosa sia il resto.
E' l'applicazione dell'idea, che io considero sbagliata, che il mercato sia sovrano e basta abbandonarsi alle sue spinte e tutto si sistema.
La realtà mondiale dimostra l'esatto contrario, le società dove esiste il miglior livello di civiltà, dello stare bene insieme, sono quelle dove il mercato è regolato e tra gli strumenti di regolazione ci sono per primi le esigenze dei cittadini.
Non bisogna andare lontano, basta guardare in Europa; allo stesso modo è facile vedere esempi in cui il mercato lasciato libero di dispiegare le ali della propria ideologia, ha prodotto danni colossali che sono ancora sotto gli occhi di tutti, a partire dall'Argentina.
Aeroporto e sviluppo. Non voglio qui iniziare una discussione sul che fare, non è questa la sede, ma solo ricordare che anni fa ci fu chi ipotizzò uno slogan “La Tuscia Parco Archeologico d'Europa”.
Era un'idea forte, un contenitore strategico all'interno del quale, in modo sinergico, integrare iniziative, progetti e programmi.
In qualche modo poi alcune cose fatte in questi anni sono andate in questa direzione ma troppo lentamente, sporadicamente e disorganicamente.
E non si venga a dire che il Parco Archeologico non è decollato perché non c'era l'aeroporto, perché semmai è vero esattamente il contrario.
L'aeroporto, che non è certamente un'idea di adesso ma se ne parla da molto (io ne scrissi almeno vent'anni fa), non c'è perché non c'è il primo (il Parco) e se si fosse andati in quella direzione (ecco la progettualità alta), probabilmente l'aeroporto ci sarebbe già, ma sarebbe un aeroporto costruito principalmente sulle esigenze del territorio, e non perché l'Enac dice che ci vuole il terzo aeroporto del Lazio .
Spero di aver chiarito così il mio pensiero.
La ringrazio per avermene dato la possibilità con la sua replica.
Valerio Baldacchini