Riceviamo e pubblichiamo
- Abbiamo assistito stupefatte e fortemente preoccupate per come il teatrino politico ha giocato su un fatto di violenza inaccettabile. La violenza sulla donna diventa un alibi per schermaglie tra fazioni politiche, tra invettive e preoccupanti silenzi e per promuovere la propria immagine.
In tutto questo si confondono il dramma che vive la donna e il fatto grave commesso dal sindaco Carai che noi, come donne che vivono la politica, che si relazionano quotidianamente con donne che subiscono violenze di ogni tipo, che toccano con mano ogni giorno l’indifferenza, lo scherno, l’intolleranza, il giudizio, il pregiudizio e l’emarginazione, non ce la sentiamo di trovare “scusanti” di alcun tipo per l’azione tribale, inopportuna e sconsiderata del sindaco di Montalto di Castro.
Noi lo condanniamo, condanniamo la sua cultura, condanniamo la sua inadeguatezza ad essere rappresentante di una comunità , una comunità che con questo esempio non può che scendere nel baratro della barbarie, condanniamo la sua storia politica per i frutti che ha dato e condanniamo tutte quelle rappresentanze politiche e istituzionali che ancora sottovalutano, più o meno consapevolmente, questo atto.
Noi diamo pieno sostengo alla Cgil per il gesto insensato e vendicativo, pur se ritirato, tentato dal sindaco Carai e siamo a fianco di Miranda Perinelli che ha messo il suo cuore e la sua pancia davanti agli equilibri politici, questo suo appartenere visceralmente al genere femminile ha fatto sì che uscissero fuori tutte le contraddizioni della nostra società pervasa da una cultura maschilista.
La confusione che c’è rispetto al problema culturale della violenza di genere, al problema del disagio in cui si trova la donna e a quello della cultura dominante è per noi palese in quasi tutte le dichiarazioni esplicitate.
Non ultima quella del presidente di commissione regionale politiche giovanili e pari opportunità, che non ci è chiara nel suo senso e quindi servono delle precisazioni per chiarire un po’ tutto:
Per il Centro antiviolenza la discrezione e il rispetto della privacy sono le prime rigide regole.
Le volontarie del centro antiviolenza non vanno a cercare le donne per “assisterle”, le donne vengono al centro perché iniziano un percorso di presa di coscienza di ciò che sta loro accadendo e lì trovano sostegno per uscire da una situazione che le opprime e le ingabbia.
L'associazione Erinna e Miranda Perinelli della Cgil hanno contattato la famiglia e la ragazza per dar loro l’informazione su cosa poteva offrire il centro (di cui non sapevano l’esistenza) e per avere il consenso ad attivare la raccolta di fondi per la fase processuale tra le associazioni di donne di tutta Italia (che si sono proposte), ancora non abbiamo avuto una risposta.
Certo non lo abbiamo sbandierato ai quattro venti.
Il centro antiviolenza non ha il compito, né i mezzi, per “assistere” economicamente scelte che la donna fa per la sua vita, questo è, giustamente ,il compito delle istituzioni, che peraltro secondo la nostra esperienza sono sempre latitanti.
Al centro antiviolenza non c’è solo una donna da “salvare”, ci sono stati casi come quello di Montalto, prima e dopo, e nessuno si è smaniato ed è venuto a chiederci se la ragazza o la donna avessero bisogno di aiuto.
L’associazione Erinna ed il centro antiviolenza non hanno avuto un euro dalla regione Lazio, siamo a conoscenza che la regione ha deliberato per l’anno finanziario 2006 il contributo al centro antiviolenza, ma ancora non c’è traccia del finanziamento di 20.000 euro (che servono per affitto, bollette, piccoli aiuti di emergenza a donne in seria difficoltà economica, attività formativa, di prevenzione e culturale, il rimborso di spese anticipate dalle socie volontarie).
Le volontarie non sono riuscite a rientrare dei soldi anticipati nel 2006, anzi anche nel 2007 continuano a pagare, come sta accadendo da tre mesi, di tasca propria le spese per l’affitto e per le utenze.
Circa due anni fa la provincia ha riconosciuto all’associazione Erinna il lavoro di anni con le donne che subiscono maltrattamenti e violenze ed ha concesso un contributo (15.000 euro, poiché era un capitolo di spesa per “progetto donna” rimasto inattivo da tre anni) per poter aprire il centro antiviolenza, un contributo di 5000 euro per il 2006 e 5000 per l’anno 2007 (che ancora non abbiamo avuto).
Le difficoltà delle volontarie sono notevoli e tali nel mantenere questo luogo, che è a rischio di chiusura se questo “fantasma” contributo regionale (quello del 2006!) non arriverà presto.
Gradiremmo sapere su cosa siano informati, rispetto alle attività dei territori, i politici della regione Lazio e gradiremmo avere notizie più precise relative alla delibera regionale 293 marzo 2002, in quanto l’associazione Erinna, sebbene nel viterbese sia l’unica associazione che si occupi di violenza alle donne ed abbia negli anni più volte chiesto attenzione al comune di Viterbo e alla Provincia, non ha avuto risposte sino a due anni fa e tanto meno ha avuto notizia di tale finanziamento.
Associazione Erinna