 |
|
Copyright Tusciaweb |
-
E’ ora che i media accendano i riflettori sui temi del lavoro.
Grande Paese il nostro, grande Democrazia, dove il rispetto della dignità e della vita delle persone sui luoghi di lavoro sono sicuramente la priorità del nostro agire politico, sociale, imprenditoriale ed economico; questo impegno è infatti scritto e sancito come valore inalienabile anche nella Costituzione che al 1° articolo definisce la nostra come “una Repubblica fondata sul lavoro” e i 727 operai morti ,i 727.322 infortuni, i 18.183 invalidi ad oggi 10 settembre 2007 ne sono la prova provata, la dimostrazione messa nero su bianco della piena applicazione del dettato costituzionale.
Scusate lo sfogo ed il sarcasmo ma questa è l’ennesima, drammatica dimostrazione che in Italia perché i problemi della sicurezza nei luoghi di lavoro escano dalla ristretta nicchia degli addetti ai lavori e siano oggetto di discussione ed interesse pubblico ci vuole il fatto eclatante davanti al quale nessuno può tacere o fingere di non vedere per cui ciascuno si sente in obbligo di esprimere il suo sdegno e cordoglio.
In questi mesi è successo tante, troppe volte, si sono spese molte parole sull’argomento, l’intervento di fine anno di Napolitano con il richiamo alle responsabilità di tutti, i ripetuti richiami dell’Osservatore Romano al rispetto della dignità delle persone, la Commissione Parlamentare voluta da Bertinotti, il pacchetto sicurezza contenuto nel decreto Bersani, l’impegno in prima persona del ministro del lavoro Damiano, le misure previste nella Finanziaria, sono tutti fatti importanti ma purtroppo ancora lontani negli “effetti delle azioni” da una reale efficacia; sono stati necessari per risvegliare per un momento dal torpore le nostre coscienze ma non sono ancora sufficienti, bisogna andare oltre con più fermezza, intransigenza e coraggio delle istituzioni e degli organi preposti costringendo gli imprenditori ad una assunzione di responsabilità diretta; oggi troppi di loro sono sordi al problema per cui la “sicurezza” è vista ancora non come un “valore” verso cui tendere con opportuni investimenti in mezzi e formazione, ma come un “costo” e come tale da ridurre il più possibile .
Di quanto sia necessaria questa inversione di rotta, questo segno di discontinuità lo dicono i numeri che purtroppo parlano da soli nella loro drammaticità, vergognosa per un Paese che si definisce civile che ha visto il 2006 per il mondo del lavoro chiudersi con questi numeri: 1050 morti, 1050000 infortuni, circa 26000 invalidi.
E’ una mattanza che come Paese non possiamo più accettare passivamente, per il suo costo sociale (circa 41 miliardi di euro, quanto una legge finanziaria), per le responsabilità politiche e morali che investe, per il moto di ribellione che ciascuno di noi dovrebbe provare davanti a questi numeri.
E’ tempo di dire basta, il mondo del lavoro è stanco delle parole di circostanza che seguono regolarmente il giorno dopo il fatto, la sicurezza nei luoghi di lavoro deve trovare dignità culturale e spazio nelle priorità dell’agire politico e delle azioni di governo, deve avere lo spazio che si merita nei media per informare e sensibilizzare costantemente al problema la pubblica opinione perché solo cittadini e lavoratori informati e consapevoli possono vigilare sulla qualità del proprio lavoro, sulle condizioni di sicurezza in cui svolgono la propria attività per garantire a tutti un lavoro sicuro e dignitoso.
Davanti a queste cifre “la strage silenziosa” sui luoghi di lavoro deve diventare una priorità mediatica e politica da affrontare con un impegno costante e quotidiano uscendo dalla dimensione di emergenza legata ai fatti luttuosi ed eclatanti; investire in sicurezza è un atto di civiltà per riaffermare il diritto al lavoro sicuro, al lavoro dignitoso che dia a ciascuno di noi la garanzia di tornarsene a casa “intero ed integro nel fisico e nello spirito”.
Il Seg. Gen.le CGIL VT
G.Battista Martinelli