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Martinelli
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Senza filtro
- E’ in corso una vera e propria campagna che tenta di contrapporre generazioni e di screditare il ruolo del sindacato confederale.
Tema attualmente più usato è il cosiddetto “scalone” previdenziale; identificando nel suo superamento il problema del futuro previdenziale dei giovani.
Fino ad arrivare ad evocare la necessità di una loro scesa in piazza contro i 58 anni.
Si può pensare quello che si vuole della controriforma Maroni ma non si può dire o scrivere falsità, si può attuare o meno il programma proposto agli elettori (dando un ulteriore colpo dalla credibilità della politica), ma non si può dire cose non vere a milioni di ragazze e ragazzi.
Il futuro previdenziale nel sistema contributivo è legato prevalentemente a due aspetti (il terzo riguarda il sistema formativo nel suo complesso) che mi interessa evidenziare.
Il primo si chiama coefficienti. L’unico messaggio per il futuro era rappresentato da una revisione dei coefficienti della legge Dini che, modificati dal precedente governo, avrebbero ridotto il valore delle pensioni future. E’ il sindacato e non altri che ha chiesto (e, per adesso, ottenuto) una revisione dei nuovi coefficienti decisi dal governo Berlusconi. Vedremo anche su questo aspetto come si concluderà il confronto e tutti, in trasparenza, potranno valutare l’attenzione al futuro dei giovani.
Il secondo si chiama lavoro. Un buon lavoro, quanto influisce sul futuro previdenziale delle persone e sulla sostenibilità del sistema e viceversa? I dati ci dicono che nella situazione attuale oltre 3 milioni di persone lavorano in nero e, nel nero integrale, le statistiche rilevano che il numero prevalente è rappresentato da giovani. Qui dunque il problema è totale.
L’età media degli oltre 800.000 contratti di collaborazione è sotto i 39 anni. La quantità dei contributi versati, pur in progressivo aumento, è ancora bassa e deve essere rapportata a una quantità media di salario sotto i 10.000 euro annui. Tutti sanno che in un sistema con meccanismo di calcolo contributivo questi anni peseranno fortemente sul calcolo finale.
Circa tre milioni di persone hanno, con particolare riferimento al tempo determinato, un percorso di lavoro precario, con frequente instabilità fra un lavoro e l’altro e soprattutto con una durata sempre più lunga nel tempo.
Anche nel caso di forme di lavoro a tempo indeterminato part-time, il livello medio delle ore di part-time è così basso da creare problemi evidenti per il futuro previdenziale. Potrei continuare con tanti altri esempi. Sono i problemi veri che riguardano i giovani e in gran parte le giovani donne. Li conoscono tutti, ma non se ne parla.
Si vuol dire allora come si interviene per invertire questo trend che, in tutta evidenza, niente ha a che vedere con il futuro dello scalone? Una prima risposta è giunta dalle norme appena discusse.
Totalizzazione, riscatto della laurea, base di computo più alta per i collaboratori, aumento e completa pensionabilità della disoccupazione, come premessa di nuovi ammortizzatori sociali. Basta?
Francamente credo che i giovani non chiedano solo una pur giusta tutela in caso di difficoltà, ma un buon lavoro e un giusto salario che porterà ad una sostenibile pensione pubblica.
Altrimenti queste norme, e altre che andranno approvate, assumerebbero un inaccettabile significato puramente risarcitorio.
Ma è evidente che anche questo costa, che costerà via via di più se non si argina il livello di precarietà (a partire ad esempio dal costo per il superamento dei massimi attuali della contribuzione figurativa) e che al contempo continueranno ad essere sottostimate le entrate. La dimostrazione evidente è nei dati dei bilanci delle entrate degli enti previdenziali, dopo anni di costante crescita dell’occupazione.
Si dice che il superamento dello scalone costa, anche se a tempo. E’ vero, e la trattativa in corso deve trovare una soluzione. Ma è bene ricordare che le risorse che provengono dal lavoro (aumento dei contributi previdenziali, emersione, regolarizzazione immigrati ecc.) vengono spesso utilizzati per altri scopi nel bilancio pubblico.
Non voglio dunque sottrarmi al tema della sostenibilità del sistema, ma, a fronte di una strumentale campagna in atto, indicare contraddizioni talmente evidenti che solo intenzionalmente possono essere non affrontate.
Se si vuole parlare ai giovani occorre intervenire sulla legislazione del lavoro, con nuove regole contro la precarietà e per il buon lavoro, ridando ruolo e valore alla contrattazione fra le parti sociali. Anche questo fa parte della trattativa in corso.
Se lo ricordi chi adesso evoca la piazza, perché su questo i giovani misureranno la credibilità delle politiche e delle scelte che li riguardano, in mancanza delle quali manifesteranno assieme al sindacato confederale.
Il segretario Generale Cgil
G.B. Martinelli