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Riceviamo e pubblichiamo
- La Tuscia avvelenata.
Decine le segnalazioni di cani, gatti e piccioni avvelenati provengono ai nostri telefoni quotidianamente. E’ una vera e propria mattanza che mai come quest’estate ha toccato tanta virulenza.
Nei quartieri cittadini gatti accuditi e di proprietà muoiono uno dopo l’altro sotto gli effetti di esche avvelenate, lo stesso vale per i piccioni torraioli e per quei pochi cani che, dati irresponsabili proprietari, scorazzano incustoditi per le vie abitate.
Peggiore la situazione in campagna, dove la distribuzione di bocconi avvelenati avviene diffusamente.
Destinati principalmente ai cani abbandonati e all’uccisione delle volpi, le esche in realtà colpiscono in modo indiscriminato anche tutti quei selvatici che vi si imbattono: istrici, tassi, ricci, uccelli granivori e rapaci, nonché gli invertebrati.
Le sostanze velenose restano così per un periodo prolungato all’interno della catena alimentare.
E’ utile, allora, ricordare soprattutto alle amministrazioni che oggi è possibile e quanto mai opportuno ricorrere a strumenti incruenti e non pericolosi di contenzione numerica di gatti e uccelli sinantropici. Le colonie feline vanno segnalate all’Asl che successivamente e in collaborazione con i cittadini provvede gratuitamente alla sterilizzazione di gatte e gatti.
Per gli uccelli sovrannumerari sono ormai disponibili decenni di sperimentazioni e risultati che indicano necessarie anzitutto le opere edili tese ad impedire la nidificazione a quelle specie molto prolifiche e indesiderate.
Solo successivamente può avere senso avviare campagne dirette sulle popolazioni intervenendo comunque con metodi ecologici ed incruenti che oggi escludono anche l’uso di punte o sistemi elettrici repellenti poiché ne è ormai dimostrato l’impatto negativo sulle specie non invasive.
Gli interventi non debbono tendere a svuotare una nicchia ecologica che sarebbe subito riempita da nuovi esemplari, ma debbono ridurla progressivamente e specificatamente per la specie indesiderata. Perciò tali interventi richiedono competenze specifiche.
La diffusione di cani vaganti, poi, trova una sola soluzione: la prevenzione del randagismo. Ciò si traduce in pochi ma sostanziali imperativi: non far riprodurre mai e per nessun motivo gli animali, non lasciarli incustoditi, ricorrere alle adozioni nei canili anche di individui adulti o anziani.
Una corretta gestione a monte, quindi, è la soluzione per ridurre le azioni di quanti sono mossi da istinti triviali e pericolosi.
Il problema delle esche avvelenate sparse nell’ambiente non è di poco conto. La distribuzione di sostanze velenose è rischiosa anche per le stesse persone ed è pertanto considerata un reato cui, in tal caso, si aggiunge il maltrattamento di animali, il danneggiamento ambientale, la caccia con mezzi, in luogo e in periodo vietati. L’uso di veleni ad esempio in agricoltura o nella farmaceutica - prevede infatti un iter strettamente controllato, purtroppo facilmente la filiera produzione-uso di tali sostanze può confondersi con la vendita incontrollata e l’uso improprio di tali sostanze.
Facciamo appello alle coscienze di quanti intendano porre fine a tali pericolose stragi chiedendo loro di sporgere sempre formale denuncia - anche contro ignoti - alle autorità, a segnalare sempre la presenza di animali avvelenati o sospetta presenza di veleni alle ASL di competenza e, per conoscenza, alla LAV (www.infolav.org).
Christiana Soccini
PdR LAV Lega Anti Vivisezione Tarquinia, VT
3491048578, csoccin@tiscali.it