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Tre giornate di trekking ripercorrendo
le vie dell’esilio di Santa Rosa
Itinerario naturalistico di rara bellezza tra boschi, sorgenti e castelli medioevali
(lunghezza totale 58 km. Circa)
Viterbo, Soriano nel Cimino, Vitorchiano
25 - 26 - 27 agosto 2007
L'iniziativa ha lo scopo di rievocare l'esilio di Santa Rosa iniziato, secondo le fonti storiche più autorevoli (descritto anche sulla Vita I), il 4 dicembre 1250 e conclusosi nei primi giorni del gennaio successivo
Sabato 25 agosto 2007
Partenza da Viterbo per arrivare a Soriano nel Cimino
Piazza San Francesco ore 9,00
22 km circa - Tempo di percorrenza: 7 ore circa
Domenica 26 agosto 2007
Partenza da Soriano nel Cimino per arrivare a Vitorchiano
Piazza Vittorio Emanuele ore 9,00
24 km circa - Tempo di percorrenza: 7 ore circa
Lunedì 27 agosto 2007
Partenza da Vitorchiano per arrivare a Viterbo
Piazza Umberto I - ore 9,00
12 km circa - Tempo di percorrenza: 4 ore circa
Il trekking turistico prevede:
- Assistenza di una guida naturalistica;
- Possibilità di partecipare anche a una o due giornate soltanto;
- Possibilità di pernottare in ognuna delle tre località;
- Cestino per il pranzo;
- Cene in convenzione;
- Collegamento tra le tre località con treno Met.Ro. (ex Roma Nord);
si consiglia abbigliamento adeguato
info: 338 2129568
Questa iniziativa è realizzata
dall’Associazione Take Off di Viterbo
con il patrocinio di:
Banca di Viterbo
Comune di Soriano nel Cimino
Comune di Viterbo
Comune di Vitorchiano
Pro Loco - Soriano nel Cimino
Pro Loco - Vitorchiano
Provincia di Viterbo
Apt - Viterbo
archivio.tusciaweb.it
Il commento di monsignor Salvatore Del Ciuco
Ripercorrere le Vie dell’esilio di Santa rosa significa camminare sui sentieri della sua vita profondamente segnata dal dolore e dalla persecuzione.
Oggi ciascuno di noi si ritrova spesso a calcare i dolorosi sentieri che la vita ci propone ogni giorno. Ma significa pure godere del profumo delle rose e delle grazie che ogni giorno la nostra piccola Santa spande su questa nostra meravigliosa Viterbo che fu anche la Sua.
Mons. Salvatore Del Ciuco
Il commento di Renzo Trappolini
Assessore alla Provincia di Viterbo
Anche quest’anno, per 54 chilometri e per tre giorni, un bel gruppo di viterbesi camminerà tra i boschi del Cimino per ripercorrere la strada dell’esilio di quella giovinetta di nome Rosa, il cui orgoglioso senso della dignità umana contro i soprusi del potere e l’amore per la vita nella verità, anche sociale, le procurò un esilio ingiusto come ingiusti sono tutti gli esili e la gloria di rappresentare per ormai piu’ di settecento anni e chissà per quanti secoli ancora l’identità di un popolo.
Il popolo di Viterbo che nella storia - dagli etruschi ai romani, agli imperatori, ai papi ed ai papalini, ai monarchici ed ai repubblicani - ne ha viste tante con la sua collocazione alle porte di Roma, ma di una sola si fida, della sua piccola e grande Santa Rosa. Rosa ne sarà certo felice ma forse avrà maggior piacere se i suoi devoti, nel percorso tra Viterbo Vitorchiano e Soriano, non dimenticheranno i tanti che ancora oggi son costretti dalla malvagità umana a provare: “come sa di sale lo pane altrui e come è duro calle lo scendere e il salir per l’altrui scale”.
Forse non sarà mai possibile vedere un’umanità che si ama ed aiuta, che rispetta, accoglie e non esilia. La storia, però, dimostra che qualcosa di meglio si può fare. Auguro ai coraggiosi del trekking di Santa Rosa di pensarci durante il cammino.
Renzo Trappolini
Assessore Provinciale alla Cultura
Il commento di Giuseppe Conti
presidente della 2° Circoscrizione del Comune di Viterbo
Questa importante manifestazione ha lo scopo di rievocare alcuni particolari momenti della vita della nostra Santa patrona durante il suo esilio a Soriano nel Cimino e Vitorchiano.
La 2a Circoscrizione del Comune di Viterbo è lieta di patrocinare questa iniziativa che consentirà, a tutti coloro che parteciperanno, di stare insieme a contatto con la natura, a passeggio tra i boschi e le campagne che circondano il nostro bellissimo centro storico.
Si tratta di un percorso utile anche per comprendere il sacrificio che sopportò la nostra Santa, gravemente malata, in questo suo “transito” a poche settimane dalla sua morte. Un’occasione per ritornare alla dimensione umana, rievocando il forte impegno di pacificazione operato da santa Rosa, anche durante l’esilio, con raro spirito di povertà e candore. Un itinerario di rara bellezza che si snoda tra boschi, sorgenti e emergenze archeologiche. Un’iniziativa, dedicata alla nostra santa patrona, che sarà sicuramente apprezzata dai numerosi partecipanti.
Giuseppe Conti
Presidente
Il commento di Domenico Tarantino
Sindaco di Soriano nel Cimino
La città di Soriano nel Cimino è lieta di patrocinare il trekking rievocativo dell’esilio di Santa Rosa. La nostra comunità, del resto, già oltre 750 anni fa, accolse per prima e benevolmente la giovane Rosa che, insieme ai genitori, dopo essere stata esiliata da Viterbo su richiesta di alcuni eretici, dimorò, secondo la tradizione, nei pressi della cosiddetta “Cuna”, all’interno del Rione Rocca.
Nei suoi due processi di canonizzazione, infatti, è scritto che i suoi genitori “non potendo sottrarsi al comando, uscirono dalla città, e camminarono tutto il giorno attraverso gli aspri colli del monte Cimino e le valli dello stesso monte” per recarsi a Soriano.
Con questa bella iniziativa percorreremo anche oggi, dunque, con rinnovata fede, a contatto con la natura, questo sentiero antico, attraverso la fitta boscaglia che lambisce la Faggeta, sulle orme della giovane Santa, dove è possibile ritemprare, insieme al corpo, anche lo spirito.
Un’iniziativa che lo scorso anno ha riscosso un alto gradimento, unendo la gente del nostro territorio, valorizzando le nostre tradizioni e il nostro ambiente naturale.
Il sindaco
Domenico Tarantino
Il commento di Gemini Ciancolini
Sindaco del Comune di Vitorchiano
Nel lontano 1250, la nostra città, accolse molto calorosamente Santa Rosa durante il suo breve esilio da Viterbo. Altrettanto calorosamente, quest’anno, e con viva soddisfazione, ci onoriamo nuovamente di patrocinare l’iniziativa che rievoca alcuni momenti della breve esistenza della giovane Santa.
Nel primo processo di canonizzazione, infatti, conosciuto anche come “Vita I”, si riconducono a Vitorchiano due eventi miracolosi tra i più importanti della sua missione in terra: la sfida fatta all’eretica con la prova del fuoco e la guarigione della cieca Delicata. Eventi importanti che fanno parte della nostra storia e che sono entrati, per sempre, a far parte della tradizione e del culto verso la giovane Rosa.
Il successo ottenuto dal trekking dello scorso anno, anche con l’interessante incontro presso le Sorelle Trappiste, ci induce a continuare su questa strada. Inoltre, per gli amanti dello sport, con particolare riferimento alle passeggiate a piedi o con la mountain-bike, l’iniziativa darà a tutti la possibilità di scoprire i suggestivi scenari del nostro paesaggio naturalistico percorrendo i numerosi sentieri, in un ambiente naturale intatto e ricco di vita.
Il sindaco
Gemini Ciancolini
Orari utili per gli spostamenti con il treno da/per
Viterbo, Soriano nel Cimino e Vitorchiano
Sabato 25 agosto 2007
Mattina: partenza da Soriano nel Cimino ore 7,52 e arrivo in Viterbo alle 8,19 - partenza da Vitorchiano ore 8,06 e arrivo in Viterbo alle 8,19.
Pomeriggio: partenze da Soriano nel Cimino ore 16,29 e 17,55 - arrivo in Vitorchiano alle ore 16,41 e 18,07 - arrivo in Viterbo alle ore 16,54 e 18,20
Domenica 26 agosto 2007
Mattina: partenza da Viterbo ore 6,25 - partenza da Vitorchiano ore 6,38 e arrivo in Soriano nel Cimino alle ore 6,49.
Pomeriggio: partenze da Vitorchiano ore 16,26 e 17,55 e arrivo in Soriano nel Cimino alle ore 16,37 e 18,06 - partenze da Vitorchiano ore 17,17 e 19,44 e arrivo in Viterbo alle ore 17,30 e 19,57.
Lunedì 27 agosto 2007
Mattina: partenza da Viterbo ore 7,52 e arrivo in Vitorchiano alle 8,05 - partenza da Soriano nel Cimino ore 7,52 e 9,45 e arrivo in Vitorchiano alle 8,06 e 9,57.
Pomeriggio: partenze da Viterbo ore 13,49 e ore 17,02 - arrivo in Vitorchiano alle ore 14,02 e alle ore 17,15 e arrivo in Soriano nel Cimino alle ore 14,15 e alle ore 17,27.
La flora e la fauna
I monti che s’incontrano lungo il percorso presentano caratteristiche ambientali che si discostano in maniera apprezzabile da quelle dei territori limitrofi.
La vegetazione spontanea, prevalentemente forestale, si rivela di notevole interesse geobotanico. In un territorio prevalentemente pianeggiante e di bassa collina come la provincia di Viterbo, il Monte Cimino con i suoi 1053 m slm, insieme ai monti Palanzana, Montalto e San Valentino, raggiunge la quota più elevata costituendo la prima consistente barriera per le correnti d’aria umida provenienti dal mare che scaricano abbondanti piogge sul versante occidentale.
Questi monti, tutti di origine vulcanica, presentano un manto vegetativo costituito per la maggior parte di boschi. Sulla sommità, di particolare rilevanza è la fustaia di faggio, alla quale seguono scendendo di quota, un’ampia cintura di castagneto ceduo (alcuni esemplari ultracentenari) e quindi, nella fascia basale, il querceto. Diffuse colture di Corylus avellana (nocciolo) caratterizzano le aree più basse rivestendo una grande importanza dal punto di vista economico.
Nella seconda parte del percorso si passa ad un panorama completamente diverso. Alla stessa conformazione geofisica appena descritta, si devono aggiungere nuovi elementi che caratterizzano il tipico paesaggio etrusco: le forre. I torrenti scavano infatti profonde gole prodotte proprio per effetto del lento e inesorabile fenomeno dell’erosione.
Nelle vicinanze di Corviano è visibile la forra scavata dal torrente Martelluzzo, mentre nei pressi di Vitorchiano il paesaggio è caratterizzato dalla forra del torrente Vezza. Nelle forre, grazie alla differente esposizione dei versanti ed alla presenza dei corsi d’acqua, si creano condizioni microclimatiche peculiari che favoriscono l’insediamento di associazioni vegetali molto differenziate.
Ad esempio nei pressi del fondovalle si trovano boschi costituiti da ontani, salici, pioppi e numerose felci, mentre sulle pareti più soleggiate si osserva la vegetazione tipica della macchia mediterranea: fillirea, lentisco, terebinto, corbezzolo ed erica arborea.
La fauna che caratterizza l’area compresa nel percorso si presenta ricca e variegata. Tra i mammiferi si riscontra la presenza della volpe, del cinghiale, della lepre, del gatto selvatico, dell’istrice, del riccio, della martora, della faina e del pipistrello.
Tra gli uccelli stanziali più comuni sono presenti lo sparviero, la poiana, il gheppio, il gufo comune, la civetta, il barbagianni, il fagiano e il picchio verde, ai quali si aggiunge la presenza di uccelli migratori come la rondine. Una ricca e variegata microfauna ne arricchisce e ne completa l’habitat.
Sabato 25 agosto 2007
si parte da Viterbo e si
arriva a Soriano nel Cimino
La partenza da Viterbo, per arrivare a Soriano nel Cimino, è prevista per le ore 9,45 da piazza San Francesco. Il percorso si articola, per 24 km circa, interamente all’interno dei boschi dei Monti Cimini, con un tempo di percorrenza di 7 ore circa.
Si salirà verso la strada che porta al monte della Palanzana e, prima dell’ex convento dei Cappuccini, si girerà a sinistra. Costeggiando la “Chiesuola” si attraverserà la Strada Romana, si guaderà un piccolissimo corso d’acqua, e si punterà dritti verso l’imbocco della Strada Costa Volpara.
Si prenderà successivamente la Strada Piscine fino ad attraversare la strada che conduce alla “Fontana del duca”. Si proseguirà, salendo, verso la Sorgente Acquaspasa dove si sosterà per un pò di riposo e anche per consumare il pranzo al sacco. A questo punto saremo arrivati a circa 650 metri di altitudine sul livello del mare, contro i 300 circa della partenza, proprio sotto l’imponente Faggeta.
Ripreso il cammino, lungo gli antichi sentieri dei boschi in direzione di Soriano nel Cimino, costeggeremo la cima di Roccaltia dirigendoci verso l’antica chiesa della Santissima Trinità, ormai diruta, costruita all’interno del bosco. Il paese, ormai, è vicino e la strada è tutta in discesa. Nella valle fa bella mostra di se un antico romitorio. Tra i tetti delle case di periferia spunta maestoso il castello di Soriano nel Cimino.
Il centro storico è posto sul versante settentrionale del Monte Cimino che, con i suoi oltre mille metri di quota è un vulcano ormai estinto da millenni. Il sollevamento e l’attività vulcanica di questa montagna, la cui morfologia alterna settori caratterizzati da dolci ondulazioni a settori scoscesi e dirupati, avvenne probabilmente tra la fine del Terziario e l’inizio del Quaternario, quasi due milioni di anni fa, quando la zona era ancora ricoperta dal mare.
Il Monte Cimino, emergente dalle acque marine, era un’isola montuosa dalla cui sommità lo sguardo si spingeva verso le altre terre emerse di un grande arcipelago compreso tra le isole vulcaniche dell’Amiata, del Cetona e dei Volsini a nord, della Tolfa a ovest, dei Sabatini e degli Albani a sud e la dorsale Appenninica a est.
Successivamente, grazie agli eventi naturali dei periodi di glaciazione e disgelo e al sollevamento della Valle del Tevere, il Cimino si saldò lentamente con le altre isole vulcaniche tosco-laziali e con i monti dell’Appennino, giungendo a plasmare la zona come oggi la vediamo. Oltre al Monte Cimino nel territorio sorianese si elevano altre cime minori, tra le quali spiccano il Monte Roccaltia (m.712), il Monte Turello (m. 628), il Monte S. Antonio (m. 611) e il Monte Ciliano (m. 569). Le pendici del Cimino e delle alture che lo circondano sono ricoperte da una ricca vegetazione che rende il paesaggio dolce ed armonioso.
La felice posizione geografica con un clima sempre accogliente e l’orografia estremamente variabile permettono, inoltre, lo sviluppo di numerose specie vegetali ed arboree. Nelle zone più basse, fino ai 500 metri di quota, frequenti i boschi di quercia alternati a estese coltivazioni di olivo, vite e soprattutto nocciolo.
Man mano che si sale, dopo aver superato la fascia collinare submontana e montana inferiore, dai 500 ai 950 metri prevalgono i boschi di castagno della varietà domestica (da frutto) e cedua (da taglio), a cui si associano numerose altre essenze arboree, come l’agrifoglio, il cerro, il carpino nero, il carpino bianco, l’acero d’Ungheria, il nocciolo selvatico, l’acero montano, il sorbo, il nespolo, il ciliegio selvatico, le ginestre e i ginepri nei querceti più caldi.
Dai 950 metri di quota in poi, il castagno e le altre specie arboree lasciano spazio a una maestosa foresta di faggi secolari che si estende per quasi 58 ettari, una tra le più belle dell’Italia centrale, con piante mature e ultra centenarie di eccezionale sviluppo (età media 200 anni - altezza 25-30 metri). Il ‘Vecchio’ del bosco è un grande faggio di circa 500 anni.
Ricchissime sono le fioriture che in primavera ricoprono il sottobosco e i prati: bucaneve, crochi, primule, stelline odorose, narcisi, genzianelle, anemoni, viole, ciclamini e campanellini.
Ma la stagione più bella è l’autunno, quando i boschi offrono sentieri profumati da percorrere a piedi, in bici o a cavallo, con lo splendore d’oro e di porpora del loro fogliame. Per Soriano e la sua montagna, questa è la stagione dei funghi, della vendemmia e delle caldarroste, il cui profumo annuncia l’arrivo dell’inverno, a volte candido per un non raro soffice manto di neve.
L’ecosistema del Monte Cimino comprende anche numerose specie animali. Nelle zone più impervie il rarissimo gatto selvatico e robusti cinghiali. Tra i piccoli mammiferi, assai comuni sono il ghiro, il topo quercino, moscardini, tassi, ricci e talpe.
Non mancano volpi, faine, donnole, puzzole e istrici. Interessante anche l’avifauna con possibilità di birdwatching (l’osservazione degli uccelli) su upupa, cuculo, scricciolo, picchio verde, picchio rosso minore, picchio rosso maggiore, rampichino, codibugnolo, cinciallegra, ballerina bianca, codirosso, baglia dal collare e merlo; fra i rapaci diurni e notturni poiana, nibbio, gheppio, gufo, allocco, barbagianni e civetta.
Pure i rettili hanno una loro forte presenza con orbettino, biacco, biscia dal collare e vipera comune. Intorno a Soriano, boschi di alto fusto e cedui di faggio, cerro e castagno, castagneti da frutto, boschi misti di faggio, querce, aceri e carpini, foreste di conifere e prati, pascoli e campi coltivati, coniugati con grande ricchezza d'acqua e temperature miti, costituiscono un ideale sistema equilibrato dove, a determinate condizioni, è anche consentito cercare i prelibati funghi dei Monti Cimini. Tra quelli commestibili, i più comuni sono i porcini, i prataioli, gli ovuli, le ‘famigliole’, i galletti e le ‘mazze di tamburo’.
La raccolta dei funghi, come quella di fragole, asparagi selvatici, bacche di mirto, bacche di ginepro, lamponi, mirtilli e corbezzoli, per tutelare l’equilibrio l’ambientale, è disciplinata da una legge regionale.
Domenica 26 agosto 2007
si parte da Soriano nel Cimino
e si arriva a Vitorchiano
La partenza da Soriano nel Cimino è prevista per le ore 9,45, da Piazza Vittorio Emanuele, per arrivare a Vitorchiano dopo aver percorso 22 km in 7 ore circa. Ci si dirige, scendendo, verso la Strada Santa Lucia, attraversando il passaggio a livello della ferrovia che da Soriano nel Cimino conduce a Vitorchiano.
Dopo circa 8 km dalla partenza incontreremo i resti del castello medioevale di Fratta. Si continua a scendere per questa strada panoramica, a servizio di molte aziende agricole, fino ad incontrare la strada provinciale che collega Vitorchiano a Bomarzo. Superata quest’ultima s’imbocca la Strada Rurale Sterpeto. Siamo ormai prossimi al sito archeologico di Corviano.
Le pietre squadrate e ammucchiate all’interno delle antiche cave di peperino rompono la continuità della pianura. I dintorni della cittadina di Vitorchiano sono caratterizzati dalla presenza di numerose emergenze archeologiche che vanno dalla preistoria al medioevo.
La parte più interessante, sotto questo profilo, è dove sono situati i ruderi della città etrusco-romana di Corviano. Questo sito si trova in ottima posizione difensiva, ora del tutto nascosta da una boscaglia fitta ed intricata, dalla quale emergono le possenti mura del castello medioevale.
Numerose e sparse ovunque si trovano le pestarole, tipiche incavature nei massi di peperino ad una o due vasche comunicanti dove veniva pigiata anche l'uva. Il rudere del castello mostra, nella parte ovest, resti di mura etrusche in opera quadrata incorporate nella cinta difensiva.
Poco più avanti, lungo il crinale che si volge al torrente, si affacciano i vani di numerose case ipogee scavate nel peperino. Si compongono di due o tre ambienti e ricevono aria da grandi finestroni ricavati all'esterno della parete rocciosa. Sparse per il pianoro, vicino ai resti di una chiesa alto-medioevale, ci sono tombe a fossa coperte da lastroni di peperino.
La tipologia di queste sepolture è particolare in quanto la roccia nella quale sono ricavate è stata sagomata a forma umana. Superato il sito archeologico di Corviano, dopo essersi rifocillati e riposati, ci si dirige verso Vitorchiano. Il paese di Vitorchiano è situato a nord-est di Viterbo, a 285 metri sul livello del mare, tra i monti Cimini e la valle del torrente Vezza. L'antico Borgo è adagiato su enormi massi di peperino a forma di cono, con pendii abbastanza ripidi a strapiombo sul fosso Vezza e sul rio Acqua Fredda. tra le antiche case in pietra viva del borgo sembra che i secoli non siano mai passati.
Di origine etrusca, castrum romano e poi centro urbano fortificato nella parte più meridionale della “Tuscia Longobardorum”, Vitorchiano vanta una storia secolare influenzata a lungo dalla politica espansionistica della vicina e potente Viterbo. Quando nel 1199 Vitorchiano si dichiarò libera da ogni legame con Viterbo il borgo fu assediato dalle milizie Viterbesi contro le quali fu invocato l’aiuto di Roma. Nel 1201, Vitorchiano fu liberato dall’assedio e divenne feudo di Roma. Ma i contrasti tra Roma e Viterbo continuarono per tutta la metà del duecento. Nel 1232 i viterbesi si impadronirono del paese e lo devastarono.
L'Annibaldi fortificò il borgo con nuove mura che resero Vitorchiano praticamente imprendibile, ma i vitorchianesi, però, non sopportavano il suo governo. Dopo aver inutilmente supplicato Roma di liberarli dal giogo, nel 1267 provvidero a proprie spese a rifondere Giovanni Annibaldi per i costi sostenuti.
Quando ormai al Senato romano apparve evidente che Vitorchiano era perduto a causa della politica poco lungimirante, avvenne un fatto straordinario: i vitorchianesi fecero atto solenne e formale di sottomissione a Roma. Il Senato romano a questa notizia nominò Vitorchiano “Terra fedelissima all’Urbe”, le riconobbe ampie esenzioni fiscali, le consentì di aggiungere al proprio stemma la sigla S.P.Q.R., di fregiarsi della Lupa capitolina e di usare il motto “Sum Vitorclanum castrum membrumque romanum”, cioè Vitorchiano, castello e parte di Roma. Il privilegio più importante fu rappresentato dall’onore di fornire gli uomini per la guardia capitolina. Essi furono denominati “Fedeli di Vitorchiano”.
Questo privilegio è stato costantemente esercitato da Vitorchiano dal 1267 fino ai nostri giorni. Ancora oggi è possibile ammirare la Guardia del Campidoglio nei costumi che, secondo la tradizione, furono disegnati da Michelangelo Buonarroti, nelle manifestazioni ufficiali del Comune di Roma. Durante il viaggio di ritorno, Santa Rosa, si fermò con la famiglia a Vitorchiano dove non soltanto restituì la vista a una fanciulla di nome Delicata, cieca dalla nascita, ma convertì anche un'eretica con un'ordalia. Preparato un gran fuoco, vi si gettò dentro rimanendovi fino a quando le fiamme si spensero.
Poi, uscita incolume, disse a quella donna: “Abbandona la tua fedeltà e sottomettiti con ossequio devoto alla legge”. Accanto alla Casa della Santa, situata all’interno del centro storico, è un’iscrizione a ricordo del settecentocinquantesimo anno dal suo esilio.
Lunedì 27 agosto 2007
si parte da Vitorchiano
e si ritorna a Viterbo
Partenza da Vitorchiano ore 9,45, Piazza Umberto I, per arrivare a Viterbo dopo 12 km con un tempo di percorrenza di 4 ore circa. Dopo una colazione offerta dal sindaco e dalla Pro Loco, ospitati delle Sorelle Trappiste, si parte in direzione della località “Il Pallone” fino ad arrivare alla stazione ferroviaria di Vitorchiano.
Si costeggiano i binari fino all’altezza dell’Albergo Piccola Opera per poi deviare dentro al bosco, costeggiando il fosso Rivolta fino ad immettersi sulle strade Gramignana e Montecchio. Percorse quest’ultime si continua a camminare lungo le strade Piscine e Costa Volpara. Successivamente località Chiesola, convento della Palanzana e strada omonima fino ad arrivare a Viterbo dove ci si ritroverà presso il Santuario di Santa Rosa.
Tra i resti della civiltà etrusca, da un castello con intorno un gruppo di case costruito dai Longobardi su una massa tufacea, protetto da ripidi pendii, nasce Viterbo come Comune che pervenne allo Stato della Chiesa sotto Carlo Magno.
Dal X secolo in poi Viterbo conobbe uno sviluppo che la portò ad un notevole livello di importanza. Prima della fine del XI secolo venne innalzata la cinta muraria e furono costruite le porte cittadine.
Tutto ciò avvenne per iniziativa degli abitanti che a quel tempo già si erano uniti in una comunità indipendente ed autonoma. L'abitato assunse così l'aspetto di città, governata da consoli, con tanto di Statuto Comunale.
Nella seconda metà del XIll secolo vi soggiornarono a lungo diversi pontefici. Dal 1268 al 1271, all'interno del Palazzo Papale, costruito nel 1265 e situato nel suggestivo e caratteristico quartiere medioevale di San Pellegrino, si tenne il primo e più lungo Conclave che portò all'elezione di papa Gregorio X.
Fu in questa occasione che, dopo molti mesi di indecisione sul nome del nuovo pontefice, i cardinali furono rinchiusi dai viterbesi nel palazzo, "Cum clave", con il tetto scoperchiato, ed esposti alle intemperie, fino all'avvenuta elezione.
Oggi a Viterbo, dal 2 settembre iniziano le feste religiose in onore di San Rosa, patrona di Viterbo, con il Corteo storico con costumi varie epoche; il 3 settembre, alle ore 21, avviene il famoso trasporto della Macchina di S.Rosa, torre luminosa alta 30 metri e del peso di 5 tonnellate, che è trasportata a spalle lungo le vie cittadine da un centinaio di "Facchini" fino al Santuario. Quest’ultimo fu edificato, probabilmente, sulle fondamenta della Chiesetta del 1200 (dedicata a S. Maria delle Rose) che era annessa al Convento di San Damiano.
La chiesa venne intitolata a Santa Rosa da Viterbo dopo che Papa Alessandro IV, nel 1258, vi fece traslare il corpo della piccola Santa viterbese.
Nel corso dei secoli, anche a seguito del crescente culto verso la Patrona, sono stati effettuati numerosi interventi di ampliamento e rifacimento. Quello risalente al 1849, come si legge sulla facciata della Chiesa, fu voluto dal Cardinal Pianetti che ne affidò il progetto a Vincenzo Federici. La cupola, invece, fu realizzata nel 1913.
All’interno l’opera di maggior pregio, dopo la perdita degli affreschi quattrocenteschi di Benozzo Bozzoli, è senza dubbio la “Madonna in trono con Bambino tra S. Rosa e S. Caterina d'Alessandria” dipinta da Francesco di Antonio, detto il Balletta.
Il corpo incorrotto di Santa Rosa si trova dietro una grande cancellata in ferro ed è racchiuso in un’Urna fatta costruire dal Cardinal Urbano Sacchetti nel 1683, dopo la sua elezione a Vescovo di Viterbo.
L’attiguo Monastero, splendente della sua umile bellezza, si formò anch’esso nella prima metà del secolo XIII quando alcune nobildonne viterbesi, sulla scia spinta emotiva del culto per Chiara e Francesco, acquistarono, a ridosso della cinta muraria, il terreno dotato di alcuni casalini.
Da questi, e probabilmente anche da una parte del castello di Federico II, distrutto dal cardinal-soldato Raniero Capocci, si consolidò e si ampliò l’attuale edificio.
Le monache, custodi del Sacro Corpo, vi vivono in clausura fin dai primi tempi adottando, come forma di vita, la regola di Chiara d’Assisi.
La Casa di Santa Rosa, adiacente al monastero, ci è stata tramandata inalterata con le fattezze del XIII secolo: un orto-giardino, una stanza con un grande camino, massicce travi di sostegno al soffitto, pavimento in cotto e pietra viva alle pareti.
Al suo interno, oltre ad una statua in legno policromo del XVII secolo raffigurante il miracolo delle rose ed a numerosi ex voto, è esposta anche l’urna in legno che contenne il Corpo della Santa dal XV al XVII secolo. Il 2 settembre di ogni anno il Corteo Storico di Santa Rosa sfila per le vie di Viterbo ed accompagna, in una prestigiosa cerimonia che evidenzia l’aspetto più intimo e religioso dei festeggiamenti, la solenne Processione.
Questa rinnova l'antica usanza per la quale le autorità cittadine insieme al clero si recavano, e si recano tutt’oggi, a rendere omaggio alla Patrona, come deliberato nel 1512 dal Consiglio dei Quaranta, in ricordo della traslazione del Corpo incorrotto della Santa. Nel corso della processione viene oggi condotto, lungo le principali vie cittadine, il Cuore di Santa Rosa, conservato ancora integro nel reliquiario donato al monastero delle Sorelle Clarisse da Papa Pio XI.
Il Corteo parte dal Santuario di Santa Rosa e attraversa il quartiere medievale di San Pellegrino fino alla cattedrale; da qui ha inizio la processione attraverso le vie del centro che si conclude con il rientro alla chiesa della Santa. Il Corteo Storico è attualmente composto da oltre 300 figuranti con costumi tipici dei vari secoli, a partire dal 1200 fino ad arrivare al 1800, che rappresentano le massime autorità viterbesi, con le rispettive milizie, che hanno celebrato nel tempo la loro amata piccola concittadina.
Aprono il Corteo i Boccioli simbolo del particolare legame dei piccoli viterbesi di oggi con la loro Santa, coetanea di ieri, morta giovanissima e con una fanciullezza travagliata ma piena di episodi miracolosi. Separano i vari secoli le Rosine, ragazze che indossano un saio grigio violaceo raffiguranti la giovane figura di Santa Rosa. Esse recano cesti, con rose e candele, in ricordo dei doni che venivano offerti dal Comune di Viterbo alla Comunità delle Clarisse dal XV secolo fino all’inizio del XX secolo.
Nel 1998 è stata ultimata una ricognizione medico scientifica che ha confermato uno straordinario grado di conservazione del Sacro Corpo di Santa Rosa e dei suoi organi interni. Sono state documentate tracce del contenuto endocranico, con resti di tessuto cerebrale.
Sono stati dimostrati in questa stessa occasione anche resti ben conservati di altre parti molli, come gli apparati ligamentari, nonché le masse muscolari. Lo scheletro è apparso in ottime condizioni di conservazione, con ossa tutte in connessione anatomica.
L’esame radiografico ha anche dimostrato la presenza di un'ombra epatica molto ben definita.
Dal punto di vista antropologico l'esame radiografico dello stato dei denti, delle cartilagini e delle ossa è servito a fornire le conferme essenziali riguardo all'età della morte di Santa Rosa compresa tra i 18 e i 20 anni.
L'osservazione microscopica del cuoio capelluto ha anche dimostrato la presenza di frammenti di capelli di colorito scuro. Il monastero di Santa Rosa fu fondato agli inizi del XIII secolo con il patrocinio di Santa Maria.
Le fondatrici conducevano una vita simile a quella monastica, pur non avendo alcuna regola codificata. Successivamente seguirono l'esempio di Chiara d'Assisi che osservava la forma di vita scritta per lei da san Francesco.
Quando il papa approvò questa regola le Sorelle di Viterbo vi si conformarono e la adottarono come loro forma di vita ancora oggi osservata. Il monastero è stato ed è un vivaio di santità che ha donato alla Chiesa autentiche Beate, Venerabili e Serve di Dio.
Accoglie ragazze desiderose di fare esperienza di silenzio e di preghiera alla ricerca della propria vocazione.
Accanto al monastero sono il santuario dove è conservato il Sacro Corpo e l'umile Casa di Santa Rosa che ci è stata tramandata inalterata in tutte le sue fattezze del XIII secolo ove si respira ancora la presenza della Santa.
La vita di S. Rosa
Santa Rosa nacque a Viterbo nel 1233 da una modesta famiglia contadina. I suoi genitori, Giovanni e Caterina, la educarono nell'amore e nel rispetto di Dio e insieme ascoltarono gli insegnamenti che i primi compagni di san Francesco impartirono al popolo viterbese.
Le sue biografie la vogliono al fianco dei suoi concittadini, durante l'assedio di Federico Il di Svevia alla città di Viterbo nel 1243, sia con il conforto delle Sue sante parole che con la preghiera costante. Nella notte del 23 giugno del 1250, quando Rosa giaceva gravemente inferma e prossima al suo trapasso, improvvisamente si alzò in piedi guarita tra lo stupore degli astanti.
La Vergine Maria le era apparsa guarendola, affidandole una missione per la sua città e dicendole di indossare l'abito del terzo ordine di san Francesco dopo aver compiuto un pio pellegrinaggio nelle chiese di San Giovanni, di San Francesco e di Santa Maria in Poggio dove, durante la celebrazione della santa Messa, dopo il taglio dei capelli, doveva vestire l'abito della penitenza con ai fianchi il cingolo francescano.
La mattina del 24 giugno 1250, dopo aver eseguito gli ordini divini, ricevuta la benedizione dal sacerdote, con la croce in mano, preceduta dalla Vergine Maria che la incoraggiava, cominciò a percorrere le vie cittadine. Alcuni la derisero mentre altri l'ascoltarono.
Il Signore l'accompagnò con la sua grazia, i cuori si commossero, e la città in breve tempo cambiò volto: molti si convertirono e ritornarono nel grembo materno della Chiesa. Tutto questo irritò i signori seguaci dell'imperatore Federico Il che decisero di scacciarla dalla città, insieme ai suoi genitori, nella notte del 4 dicembre 1250. Nonostante il freddo e il gelo Rosa, debole e malaticcia, continuò a confortare i genitori confidando nell'angelo del Signore che li proteggeva durante il viaggio verso il castello di Soriano nel Cimino.
Lungo il tragitto Rosa ebbe una visione divina che le predisse la fine della persecuzione della Chiesa e la morte dell'imperatore Federico II. Molti miracoli il Signore operò tramite Lei: convertì con la prova del fuoco, ove vi rimase per tre ore senza bruciare, un'eretica molto cattiva; guarì vari infermi e risanò una bambina di nome Delicata che era cieca dalla nascita.
Dopo aver attraversato le campagne circostanti, seminando la parola di Dio, fece ritorno nella sua città, ove fu accolta con gioia come una santa. Chiese di entrare nel piccolo monastero della sua città ma non fu possibile e allora si ritirò nella sua casa. Vigilante e penitente attese il momento del suo transito volando in cielo il 6 marzo del 1251.
Fu sepolta nella nuda terra del piccolo cimitero della chiesa di santa Maria in Poggio, che era anche la sua chiesa parrocchiale. Diciotto mesi dopo, quando il Papa ordinò il processo di canonizzazione il corpo della Santa fu esumato e nuovamente sepolto per terra all'interno della chiesa dove vi rimase per sette anni fino a quando il pontefice Alessandro IV, residente a Viterbo, ne ordinò nuovamente l'esumazione e la traslazione nell’attuale Santuario.
L’esilio di Santa Rosa
Rosa, debole e malaticcia, con la sua agenesia congenita dello sterno, durante il suo esilio, nonostante il freddo e il gelo, continuò a confortare i genitori confidando nell’angelo del Signore che li proteggeva durante il viaggio verso il castello di Soriano nel Cimino.
Lungo il tragitto (era la vigilia di San Nicola), attraverso i boschi dei Monti Cimini, Rosa ebbe una visione divina che le predisse la fine della persecuzione della Chiesa e la morte dell’imperatore Federico II di Svevia. A Soriano nel Cimino trovò riparo presso la cosiddetta “Cuna”, una specie di grotta situata all’interno del centro storico, nelle immediate vicinanze del castello.
La sua permanenza in questo paese durò pochissimi giorni. Ripreso, con fatica, il suo viaggio in direzione di Vitorchiano non mancò di evangelizzare gli abitanti delle campagne circostanti.
Il Signore, tramite Lei, operò numerosi miracoli: in Vitorchiano convertì un’eretica con la prova del fuoco, ove vi rimase per lungo tempo senza bruciare, guarì vari infermi e risanò una bambina di nome Delicata che era cieca dalla nascita.