Riceviamo e pubblichiamo
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Giulia Arcangeli
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- Leggo dall’instancabile e puntuale sito di Tusciaweb le dichiarazioni del sindaco di Viterbo Gabbianelli e dell’assessore ai servizi sociali Rotelli sulla questione dei Rom e sull’esempio che Viterbo dovrebbe, secondo loro, rappresentare.
È piuttosto caldo, siamo alla vigilia di Ferragosto e non mi voglio dilungare in una dissertazione su cosa dovrebbero essere le politiche di integrazione, ma due brevissime osservazioni non posso fare a meno di farle.
Ricordo ancora lo sdegno di quando le donne e i bambini di due famiglie di immigrati furono portate via dalle grotte in cui vivevano al Salamaro, in cima a via di Vico Squarano, e messe sul primo treno per Roma per spedirle lontano dalla nostra “accogliente” città.
I mariti e padri la sera al loro ritorno non trovarono ad aspettarli le mogli e i figli ma delle transenne in grigliato Keller, che ancora oggi sono ben visibili per chi percorre quella strada a testimoniare l’accoglienza della nostra città verso chi non ha di meglio di una grotta per trascorrere la notte.
E non posso non dimenticare la solerzia del nostro sindaco quando corse a Barbarano Romano per tenere testa alla manifestazione contro un campo Rom che forse sarebbe stato localizzato lì. Non mi sembrava che l’integrazione fosse alla base di quel gesto.
È vero che fa caldo e che siamo alla vigilia di Ferragosto, ma citare Viterbo come esempio di integrazione è una ipocrisia inaccettabile anche per questi giorni.
Il capogruppo Ds
Giulia Arcangeli