Nato a Paris il 19 dicembre del 1910, ebbe una adolescenza irregolare: fu in casa di correzione. Entrò nella Legione Straniera, ma disertò. Visse di espedienti, fu più volte incarcerato. Il successo letterario lo tirò fuori da una esistenza di limite. E' morto a Paris il 15 aprile 1986.
Genet ha iniziato con una serie di libri che rispecchiano crudemente le sue esperienze. Narrazioni autobiografiche sono Nostra Signora dei Fiori (Notre-Dame-des-Fleurs, 1944), Il miracolo della rosa (Le miracle de la rose, 1946). E i versi de Il condannato a morte (Le condamné à mort, 1942).
Sono testi che circolarono per anni in forma anonima e clandestina. Un successo, di scandalo e di prestigio, raggiunse con il Diario di ladro (Journal du voleur, 1949), e con alcuni testi teatrali: Le serve (Les bonnes, 1948), Il balcone (Le balcon, 1956), I negri (Les nègres, 1958), I paraventi (Les paravents, 1961).
Il teatro di Genet esprime con immagini oniriche una protesta e una provocazione sociale. Popolato di paria e proscritti, prostitute e ladri, si fonda sul tema del teatro nel teatro, sul fascino della profanazione e della morte, sul gusto del cerimoniale. Genet è autore iconoclasta, segnato dall'ambiguità tra sforzo del gesto e dilettantismo. Buona parte della fortuna di Genet si deve al saggio di Sartre, "San Genet : commediante e martire".
In esso Sartre glorificava Genet, la sua primitiva «ingenuità» e il suo compresente riflesso, ragionatissimo mimetismo da grande guitto. Genet si situa sulla linea dei maestri dell'eversione, da Sade a Artaud. Astuzia e innocenza sono le due linee simultanee di uno scrittore la cui denuncia sociale è trascesa fino alla pura felicità verbale e alla fanciullesca libertà dell'immaginazione.
Il desiderio che avevo da tempo di occuparmi del teatro di Jean Genet - scrittore maledetto per poetica e per vita vissuta - e, in particolare, di Les Bonnes, che di quel teatro rappresenta la punta di diamante, deflagra oggi in un’autentica eccitazione della mente alla sola idea di poter disporre di due interpreti d’eccezione, due autentici mostri sacri del nostro teatro: Franca Valeri e Annamaria Guarnieri, rispettivamente nei ruoli di Solange e di Claire.
La loro arte sofisticatissima, il loro ineguagliabile modo espressivo a servizio del capolavoro genettiano non è solo un’idea elettrizzante… è l’idea, il progetto.
Progetto che prevede per il ruolo di Madame, con un evidente e non casuale scarto generazionale, la presenza di Patrizia Zappa Mulas, una delle giovani attrici più sensibili e preparate della scena italiana. E poi la nuova e pregiata traduzione di Franco Quadri.
Una cerimonia di stralunata solennità, un intrigo sado-masochista di seducente e perturbante artificiosità, uno scintillante gioco di teatro nel teatro e di identità confuse, un auto-sacramental dai risvolti goffi e ridicoli, ma anche pericolosi, che trasformano le due celebri sorelle-cameriere in due guitte mitomani e allucinate, continuamente in cerca di una qualche redenzione e santificazione nel progettato omicidio della loro non meno iperbolica Signora.
Queste, per ora, le intenzioni di regia di quella stupefacente macchina infernale e fantasma di commedia che è Les Bonnes.
Giuseppe Marini