Riceviamo e pubblichiamo
- La notizia sarebbe piuttosto normale. I tifosi della Viterbese si sono mobilitati in appoggio dei dipendenti della societa', calciatori compresi, da mesi senza stipendio. E fin qui nulla di strano. E’ dovere del tifoso adoperarsi in tutti i modi per la squadra del cuore, soprattutto quando ne vede in pericolo la sopravvivenza. E quando ciò avviene appena due anni dopo il drammatico fallimento che cancellò, in un sol colpo, il sogno della B e la vecchia US Viterbese calcio di Capucci.
Ciò che colpisce è piuttosto la strada che i tifosi hanno deciso per dare visibilità alla loro protesta. In sintonia con la storica tradizione di una città che non ama alzare i toni, ma che però sa colpire dritto al cuore quando decide di farlo. E’ stata scelta una forma di protesta civile come meglio non avrebbe potuto essere e, nel contempo, deflagrante quanto basta.
Avverrà infatti che, oggi sabato 4 marzo, davanti ai cancelli dello stadio Rocchi saranno messe in vendita (al modico prezzo di 15 euro ciascuno) le copie avanzate del libro fotografico che raccoglie mezzo secolo di storia del tifo organizzato a Viterbo (“On the road again”) e che l'incasso sarà devoluto ai giocatori e agli impiegati della societa'.
La notizia ha fatto rapidamente il giro del web, sempre attento a questo tipo di fenomeni sociali. Dando così la stura a commenti non certo benevoli nei confronti di una città che, nonostante le notevoli risorse e una storia calcistica che si approssima a diventare centenaria, non si dimostra all’altezza di tenere in piedi una società professionistica sia pure in un campionato minore come la serie C2.
La cosa strana e deludente è che la notizia non ha avuto alcuna eco sui media viterbesi. L’unica testata che le ha prestato il doveroso spazio è stata infatti Tusciaweb, dimostrando una sensibilità giornalistica assai apprezzabile. Per il resto, almeno da quanto rilevato nella rassegna stampa che seguiamo sempre con attenzione, silenzio su tutto il fronte.
Se ne è però accorto il Tg3. Nella sua edizione pomeridiana di giovedì 2 marzo ha dato la notizia, seppellita a Viterbo nel dimenticatoio come speso accade. L’ha fatto perché si tratta di un fatto anomalo e degno di approfondimento, rispetto al quale ogni giornalista che si rispetti dovrebbe sentire il bisogno di catapultarsi.
Perché questo è il gesto disperato di una tifoseria che vede profilarsi un orizzonte nebuloso e foriero di tempeste alluvionali. E’ come il disoccupato che sale in cima al tetto di un palazzo e minaccia di buttarsi giù. Solo per riuscire ad attirare, sul proprio caso, l’attenzione delle istituzioni e dei media. Evidentemente il gesto provocatorio di una tifoseria frustrata, non viene così percepito a Viterbo.
Il Tg3, nel dare questa notizia, scoperchia in qualche modo il vaso di Pandora della AS Viterbese calcio. Sono ormai prossime pesanti e perentorie scadenze fiscali, i cui termini sono fissati per il 31 marzo. Sul sito internet dei tifosi gialloblù (http://www.viterbesecalcio.com/), da giorni, si batte su questo tasto. E’ stato riportato, nella sua interezza, anche il comunicato ufficiale n. 145/A del 20/01/2006 che la Figc ha emesso per specificare gli adempimenti e i termini per l’iscrizione ai campionati professionistici. Eppure la cosa sembra lasciare tutti (colpevolmente) indifferenti.
Sarebbe assolutamente necessario, da parte chi ha il dovere di tutelare un patrimonio della città, svolgere quanto meno una serie di colloqui esplorativi per capire come stanno davvero le cose. Di questo non si ha alcuna contezza.
E così i tifosi, delusi e amareggiati, si appigliano con civiltà a tutto quello che possono per dare visibilità al problema. Ma non raccolgono che un pugno di mosche. L’indifferenza regna sovrana. E non si profilano all’orizzonte interventi (etici nonché doverosi) da parte di chi dovrebbe intervenire (e invece non lo fa) per difendere in qualche modo (in qualsiasi modo) l’immagine opaca di una città che rischia di subire un secondo tremendo smacco. Senza aver avuto nemmeno il tempo di riprendersi dal primo.
Sergio Mutolo