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Ottavio Raggi
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Per gentile concessione del Messaggero pubblichiamo una interessante intervista di Simone Canettieri a Ottavio Raggi capogruppo di Forza Italia sulla crisi in comune
- La crisi di Natale del Comune di Viterbo porta un nome e un cognome: Ottavio Raggi.
«Ma non voglio essere il capro espiatorio di tutta questa situazione. Semplicemente diciamo che io non faccio parte di un sistema», dice sibillino il capogruppo di Forza Italia a Palazzo dei Priori, ingegnere strutturalista di professione, socialista nell’anima e con il cuore tutto nella Prima repubblica; anni cui è stato anche socio dell’attuale direttore generale del Comune, Armando Balducci (con il quale, dicono i bene informati, i rapporti non sarebbero più tanto idilliaci).
La cacciata dei due assessori azzurri dalla giunta, da qualsiasi parte la si guardi, dipende da lui.
Dalle posizioni del gruppo di cui è portavoce, dai voti contrari e dalle astensioni arrivate uno dietro l’altro in tutte le pratiche urbanistiche approdate negli ultimi mesi in consiglio comunale: dall’Arcionello al Cunicchio.
«Anche perché questa amministrazione ultimamente si occupa solo di questo: di urbanistica. Ma senza programmazione o, peggio ancora, a colpi di piani integrati, lasciando la pianificazione in mano ai privati.
E quindi, avendo competenze in materia, perché si tratta del mio lavoro, posso esprimere la mia opinione, che è quella di tutto il gruppo. E’ possibile che Forza Italia prenda visione delle pratiche solo quando arrivano in consiglio?».
Il casus belli dello scorso 22 dicembre sull’emendamento per la privatizzazione della Francigena è dunque la più classica delle foglie di fico. Forza Italia è fuori dalla giunta per altri motivi, almeno secondo le parole di Raggi.
Intenzionato a portare avanti la battaglia anche se così facendo potrebbe rischiare l’isolamento dal partito. Visto che per uscire da questo cul de sac l’unico espediente possibile sono le sue dimissioni da capogruppo.
Un’ipotesi che il diretto interessato non prende nemmeno in considerazione: «Non ci penso a dimettermi, dovrà essere il gruppo a sfiduciarmi».
In fin dei conti i summit di questi giorni del centrodestra, asciugati dai fiumi di politichese, hanno dato tutti un responso univoco: con Forza Italia nessun problema politico, semmai amministrativo.
Semplice, quindi. E la pietra dello scandalo, se così la vogliamo chiamare, rimane sempre lui. E soprattutto alcune sue sortite, passate in sordina per la gran parte degli osservatori, ma non per i diretti interessati.
Tipo quelle sul Cunicchio in cui Raggi fece capire senza mezzi termini che c’era un alone di abusivismo su quel cambio di destinazione (da centro servizi a residenziale) tanto da chiedere spiegazioni a chi di dovere.
Spiegazioni, ovviamente mai arrivate.
«In quella occasione ricordo che la minoranza pur votando contro o astenendosi, mantenne ugualmente il numero legale alla maggioranza. Un inciucio? L’avete detto voi..».
Ecco, vista da questa chiave di lettura potremmo dire che la crisi in Comune ha il volume di un mattone.
«Non voglio fare il profeta, ma basterebbe farsi il giro dei cantieri in città per capire tante cose...», continua.
E allo stesso tempo si potrebbe anche malignare che Raggi è una scheggia impazzita, perché non è della partita.
«Forse questo infastidisce altri e non me». Da oggi ancora di più.