Viterbo 20 agosto 2005 ore 11,20 A Virgilio Papini si deve il progetto della Macchina del 1900, conservato al Museo e datato 1899; Papini fu il nuovo costruttore della Macchina del secolo appena iniziato fino alla sua morte avvenuta nel 1951.
Lappalto durò fino al 1904 e venne deciso in quel tempo che i facchini dovevano osservare un ritiro sin dalle ore 13 nella Chiesa di san Rocco, per un migliore controllo dei cibi che mangiano, al fine di evitare una eccessiva alimentazione.
Sul giornale umoristico Il Rava uscito a Viterbo il 10 Agosto 1901, leggo in merito alla Giostra delle vaccine:
«Avviso. Fuori porta Fiorentina si sta costruendo un bellissimo circo per le giostre delle vaccine che avranno luogo nella ricorrenza delle feste di S. Rosa.
Parecchi tori hanno già avanzata istanza per essere giostrati».
Ai concorsi del 1905 e del 1910 partecipò solo Virgilio Papini, è da ricordare che nel 1907 il trasporto, a causa del maltempo, venne effettuato il 5 Settembre.
Scrive Francesco Cristofori sul suo giornale Viterbo, del 16 Dicembre 1905:
«Auguriamoci che si renda nazionale, anzichè municipale e serio e non già fantasmagorico e simil alla corsa degli asini, il concorso per la macchina di santa Rosa in futuro. Non essendo decoroso, nè equo il restringerlo a soli concittadini nostrani. Con patente di grettezza a municipali egoisti, patroni e mecenati sol de lor elettori fidati».
Questa Macchina era alta diciannove metri, pesava tre tonnellate ed era sorretta da sessantadue facchini. La base era di quattro metri e mezzo.
Nel 1914 venne ancora dato lincarico del trasporto a Papini, il quale dovette provvedere al compenso di lire nove per i ciuffi e lire 1,50 per le spallette, ma lo scoppio della Prima guerra mondiale impedì lo svolgimento della manifestazione che riprese nel 1918.
Nel 1920 venne concesso al costruttore, per i lavori necessari alla realizzazione della Macchina, lutilizzo della Chiesa di santa Maria della Pace e dal 1923 al 1936 lannesso monastero per il ritiro dei facchini. Nel 1924 Virgilio Papini realizzò un nuovo modello di Macchina che per vari motivi venne trasportato, addirittura, fino al 1951.
Nel trasporto del 1926 morì un facchino, Nazzareno Bentivoglio, sembra perché schiacciato contro un muro in Piazza Fontana Grande o per un eccessivo sforzo. Nel 1938 inavvedutamente la Macchina batté avanti al Caffè Schenardi, contro un filo elettrico teso a cavallo del Corso Italia. Si mosse un po il cupolino, ma la marcia riprese senza ulteriori problemi. Dal 1940 al 1945 la Macchina non venne trasportata a causa degli eventi bellici.
Sul quindicinale Il Bulicame del 1° - 7 Luglio 1945 venne pubblicata una lettera a firma F. G. con la quale veniva auspicato il trasporto della Macchina nel seguente mese di Settembre. Si chiese che venisse riproposto il trasporto con lultima Macchina di Papini, ma tra i problemi da risolvere era larmatura, infatti:
«LUfficio Tecnico Comunale assicura che larmatura della macchina è andata perduta sotto le macerie del magazzino attiguo alla chiesa di S. Sisto dove veniva annualmente rimessa. Ma è possibile che sia completamente scomparsa?
Proprio quel locale è lunico ad esser rimasto in piedi e viene proprio adesso demolito e sgombrato dalle macerie. Ma anche ammettendo che quella preesistente sia da considerarsi perduta, ci vogliono proprio 500.000 lire per farne una nuova?».
In merito al trasporto leggo:
«Lunico tratto malagevole è la discesa di Via Garibaldi, ma pochi carretti di rena basterebbero a renderla transitabile anche con quel grande peso che è la macchina di S. Rosa.
Ricordiamo anzi che quando esisteva ancora il pavimento di selci, questi venivano cosparsi per rendere più sicuro il tragitto proprio di rena. Il resto dellitinerario è sgombro tranne alcuni pali duna puntellatura a metà Corso che sorregge una parete dedificio che di qui a settembre potrebbe essere benissimo o consolidata o demolita».
Ma, come scrivo appresso, la Macchina non passò.
Nel 1946 riprese la tradizione, ma a causa dei detriti dei bombardamenti aerei, che colpirono tutta la zona di san Sisto, la partenza avvenne da Piazza Fontana Grande, avanti alla facciata della Chiesa dei santi Teresa e Giuseppe. La Macchina pesava quaranta quintali ed effettuava tre soste in Piazza del Comune, al Suffragio e in Piazza Verdi. (Foto 292) Il 6 Luglio 1951 morì Virgilio Papini e il trasporto fu condotto dal figlio Paolo.
Dal 1952 al 1958 la Macchina venne costruita, nella ex Chiesa di santa Maria della Verità, dallarchitetto Rodolfo Salcini in collaborazione con lo scultore viterbese Francesco Coccia (1899 - 1978). Lappalto dei lavori fu affidato a Romano Giusti, la direzione dei lavori allingegnere Domenico Smargiassi, le decorazioni in carta pesta le eseguirono alcuni operai di Viareggio guidati da Fabio Malfatti, la scenografia venne realizzata dal pittore Angelo Canevari. (Foto 133, 206) E questa la prima Macchina sulla quale venne montato un telaio in metallo, realizzato dalla ditta viterbese Fratelli Felicetti, abbandonando il vecchio e pesante legno.
Fu così perduta una tradizione che durava da tre secoli, ma in cambio si acquistò in leggerezza, sicurezza ed altezza.
Laltezza, infatti, raggiungeva i ventisette metri, contro i diciannove precedenti, il peso era di ventidue quintali e il percorso venne allungato comprendendo la troppo ampia Via Marconi, Piazza dei Caduti e ritorno. Fu un esperimento, mai ripetuto, che voleva consentire a più persone di assistere al passaggio della Macchina. Si comprese che la medesima fuori del suo ambiente, ed inoltre in una larga via, perdeva il fascino che la distingue e la caratterizza.
Nacquero polemiche sullaggiudicazione dellappalto a Salcini, lo scrive anche Bonaventura Tecchi (1896 - 1968) in un suo lungo articolo apparso sul Corriere dinformazione del 15 - 16 Settembre 1952, e poi conclude:
«Ma quando abbiamo visto lo stelo della macchina nuova innalzarsi svelto come uno zampillo di fontana lucente, con la piccola santa in alto, eretta e insieme quasi tremante damore per i suoi concittadini, la piccola figura cui, appena passata, due lampadine splendenti nella notte come due stelle sembravano dar limmagine di due mani accese di fede e damore, abbiamo pensato che anche questo nuovo modello ha un suo significato».
Dal 1959 al 1966 fu costruttore della Macchina Angelo Paccosi, il primo trasporto a causa della pioggia venne effettuato il 7 Settembre, poi il 30 Gennaio 1962 Angelo morì e la Macchina fu guidata fino al 1966 dal fratello Mario, dal figlio Giancarlo e dal garante Aldo Vittori.
Il 5 Maggio 1966 il papa Paolo VI ricevette a san Pietro i facchini. La Macchina era stata decorata dagli artisti: Amleto Vernati, Carlo Vannucci, Mario Bertolucci, Fabio Malfatti, Angelo Romani, Valerio Santini, Angelo Paccosi e Ademaro Andreuccetti.
Il 3 Settembre 1967 la Macchina di santa Rosa, del costruttore Giuseppe Zucchi, nato a Viterbo nel 1922, si fermò in Via Cavour, avanti al Palazzo dellAmministrazione provinciale, a causa, sembra, di qualche difetto nella costruzione. I facchini lamentavano il fatto che durante il trasporto la Macchina si avvitava su se stessa, a causa della modifica eseguita dal costruttore, il quale aveva abolito le travi alla base, che fuoriescono sia nella parte anteriore che in quella posteriore.
Quella sera il caso volle che mi trovassi affacciato in un balcone del Palazzo Falcioni, che fa angolo con Via Romanelli, ospite dellamico giornalista Mario Dini. Avevo sedici anni e fu unesperienza terribile, vissuta istante dopo istante.
La Macchina dun tratto rallentò la sua corsa, si fermò sostenuta dai facchini, tra il panico dei presenti sbandò verso destra colpendo la grondaia del Palazzo Galeotti, sede dellAmministrazione provinciale. Fu prontamente raddrizzata ed in soccorso furono fatti tornare indietro i cavalletti, che nel frattempo erano stati collocati nellantistante Piazza del Plebiscito.
La Macchina, dopo i vani e disperati tentativi di Zucchi nei confronti dei facchini per far riprendere il trasporto, fu poggiata sui sostegni, puntellata ed ancorata.
Restò lì fino a quando venne smontata, tra discussioni ed interpretazioni sul fatto così straordinario, mai accaduto.
Giuseppe Zucchi tra le polemiche che divamparono, tra le opinioni più differenti, rammaricato, collocò sulla base un cartello, che firmò, con la scritta «Abbandonata dai Cavalieri di Santa Rosa»
Per linfausta occasione fu scolpita una lapide che mi sembra di ricordare portasse le parole «Fermo Macchina di santa Rosa 1967», ma non fu mai collocata a dimora, anzi ho saputo che è stata distrutta verso il 1995, dopo essere stata custodita fino allora in una stanza del Palazzo dellAmministrazione provinciale.
Restano a ricordo del fatto solo due anonime, dimenticate, grappe murate sulla facciata del palazzo stesso tra i numeri civici 22 e 24.
La Macchina, che raggiungeva i trenta metri di altezza, per la prima volta nella storia portò un nome, fu chiamata Volo dangeli e fu trasportata per ben dodici anni, fino al 1978.
Ho lonore di conservare un ciuffo, il numero 5 di quelledizione, prezioso ed ambito dono del costruttore con la dedica «Allamico Mauro Galeotti, lautore-costruttore e direttore del Volo dAngeli, anni 1967-1978, G. Zucchi».
Nel 1975, nel costruire il capannone che accoglieva la Macchina di santa Rosa, un operaio cadde dallimpalcatura e morì, era il 4 Agosto, a Zucchi venne ritirata lautorizzazione per continuare a costruire il capannone stesso, il costruttore, coraggioso e caparbio, decise allora di erigere la Macchina priva di copertura, così il trasporto fu salvato.
Maria Antonietta Palazzetti, coadiuvata dal marito Rosario Valeri, è stata la seconda donna, dopo Rosa Papini, che si è occupata della Macchina, la quale venne trasportata negli anni che vanno dal 1979 al 1983.
Il nome dato alla costruzione era Spirale di fede, pesava cinquantadue quintali, era illuminata da tremilacinquecento lumini a cera, da oltre mille lampadine elettriche ed era alta trentadue metri.
Il 9 Luglio 1983 venne effettuato un trasporto straordinario in occasione del 750° anniversario della nascita di santa Rosa.
Papa Giovanni Paolo II, in occasione della visita alla città, ha assistito ad un trasporto straordinario, effettuato il 27 Maggio 1984.
Il bel manifesto che annunciava la venuta del papa a Viterbo fu eseguito dal pittore Luciano Ilari, nato nel 1938, il quale risultò vincitore del concorso. Ilari vinse anche il concorso del 1982, per la realizzazione del manifesto che pubblicizzava il passaggio della Macchina di santa Rosa di quellanno.
Il papa vide il trasporto dalla finestra ove si affacciò, tra gli altri, Pio IX e, come allora, venne tolta la colonnina centrale.
E rimasta nel cuore dei Viterbesi la frase del pontefice «Valeva la pena di venire a Viterbo», quando avanti a lui era la Macchina di santa Rosa.
Sempre nel 1984, il 3 Settembre, le Poste italiane realizzarono, in cinque milioni di copie, la terza emissione del francobollo da lire quattrocento della serie Folclore italiano, raffigurante una fantasiosa Macchina di santa Rosa, il facchino ed il Palazzo papale. Il disegno e lincisione furono eseguiti da Antonello Ciaburro.
Dal 1986 al 1990 è la volta di Armonia celeste, la Macchina ideata dallo scultore Roberto Ioppolo e dallarchitetto Alfiero Antonini e realizzata dallappaltatore Socrate Sensi.
Laltezza della mole era di 33,90 metri, il peso di 4754 chili e dopo aver urtato, nel primo trasporto, un cornicione al Corso Italia verso il Suffragio, sfiorò la tragedia alla curva dellarrivo avanti alla gradinata della Chiesa di santa Rosa, perché avendo calcolato male la curva stessa o per la troppa foga nel raggiungere il culmine della salita, alcuni facchini si trovarono a dover salire sui gradini della chiesa, causando un pauroso piegamento verso sinistra della Macchina. Con estrema fermezza e determinazione il capo facchino ed i facchini, incitati dai familiari lì presenti, riuscirono a raddrizzare la Macchina e con successo raggiunsero la ormai secolare piazzola di sosta.
Ancora un miracolo di santa Rosa!
Sin dal 1987, una importante presenza si è unita alle autorità durante il trasporto vero e proprio della Macchina, è quella del Vescovo della città.
Dal 1991 al 1997 la Macchina è stata ideata dal pittore Angelo Russo e costruita da Vincenzo Battaglioni, il nome datole è stato Sinfonia darchi, scelto tra decine e decine di nomi ideati da mio zio Luigi Amadori.
Dal 1998 al 2002 ha percorso e continuerà a percorrere le vie della città la Macchina intitolata Tertio Millenio Adveniente, una rosa per il Duemila, ideatori sono Marco Andreoli, Lucio Cappabianca, Giovanni Cesarini, appaltatrice è la Ditta Cesarini costruzioni S.r.l. di Viterbo.
Lattuale Macchina di santa Rosa, detta Ali di Luce, è stata ideata dallarchitetto Raffaele Ascenzi, e costruita dalla Ditta Cesarini costruzioni S.r.l.
Ascenzi nel progettare la sua Macchina, si è lasciato trasportare dalla meravigliosa città medievale che è Viterbo.
Le cosiddette ali ricordano laereo loggiato del Palazzo Papale. Gli angeli liberty sono mirabilmente tratti ed ispirati dallangelo della morte del prestigioso scultore Giulio Monteverde (1837-1917), che si trova nella Cappella di Filippo De Parri, al Cimitero di san Lazzaro a Viterbo (1878) e una copia è nel Cimitero di Genova.
Quattro leoni posti alla base proteggono lacronimo F.A.V.L., simbolo della leggendaria tetrapoli su cui si fondò Viterbo e il motto della città stessa: Non metuens verbum, leo sum qui signo Viterbum.
La novità della Macchina di Ascenzi è rappresentata dallintroduzione di parti mobili, appunto le ali, che si possono aprire come i petali di una rosa, quasi a voler abbracciare la Città e i suoi abitanti.
La sapiente scelta del colore argenteo, che ricopre tutta la Macchina è stato ideato anche per il riverbero della luce sia dei lumini, mentre è in cammino, che dei raggi solari.
SCHEDA TECNICA
Ideatore: dott. arch. Raffaele Ascenzi
Appaltatore: Cesarini costruzioni Srl
Progettazione architettonica: dott. Arch. Raffaele Ascenzi
Progettazione strutturale: ing. Ivan Grazini
Progettazione impiantistica: ing. Giuseppe Proietti
Progettazione illuminotecnica: dott. Arch. Francesca Storaro
Coordinamento generale: dott. arch. Pier Giorgio Antonetti, geom. Marco Porcorossi
Sicurezza: geom. Massimo Porcorossi
Collaboratori: ing. Fabrizio Carloni, dott. arch. Federico Celoni, Raffaele Carlani