Speciale Santa Rosa - Una incerta data di nascita Dal Seicento all'Ottocento, la storia della Macchina di Mauro Galeotti
Viterbo 20 agosto 2005 ore 11,20 Il 15 Maggio 1512 con una decisione del Consiglio comunale venne ufficialmente consacrata la festa in onore di santa Rosa, da celebrarsi ogni anno il 4 Settembre, istituendo anche una processione.
In seguito, per maggior rispetto e per consentire una più assidua partecipazione dei fedeli alla festa, i conservatori del popolo, per il giorno 3 Settembre 1600, ordinarono ai cittadini di non aprire le botteghe e di non eseguire lavori, poiché quel giorno doveva essere dedicato alla visita del corpo di santa Rosa.
Fino a quel momento non viene mai citata la Macchina, infatti, è menzionata per la prima volta, afferma Augusto Gargana, nel 1624.
E certo comunque che nel 1654 è indicato il nome macchina, come era in uso, per distinguere il baldacchino con montata sopra unimmagine, in questo caso quella di santa Rosa e si sa pure che il Comune contribuì, alla riuscita della festa, con lesborso di sei scudi.
Ma un triste avvenimento offuscò la manifestazione, infatti si è a conoscenza che per la pestilenza furono sospese le feste fino al 1663, che vennero riprese solamente lanno successivo.
Per alcuni storici il 1664 potrebbe essere lanno di inizio del trasporto della mole luminosa, ma Giorgio Falcioni scrive che «invece doveva trattarsi di una manifestazione che poteva vantare una certa tradizione già nel 1654».
La Macchina del 1686 fu trasportata il 27 Ottobre, uno dei primi casi in cui il trasporto tradizionale del 3 Settembre non fu rispettato, forse per motivi di cattivo tempo. Ne dette annuncio il Deputato della Festa, Sebastiano Gregorio Fani, che secondo Noris Angeli fu anche il progettista.
Il Museo civico di Viterbo conserva, tra laltro, una bella e preziosa serie di disegni raffiguranti la Macchina. Il più antico risale al 1690 ed è opera di mastro Giovan Vincenzo Calmes, mentre Signore della Festa era il nobiluomo Giuseppe Franceschini.
Signore della Festa era designato un nobile il quale contribuiva alle spese con cinquanta scudi dobbligo, poi per distinguersi poteva impegnare altre somme, al fine di raggiungere gli obiettivi da lui prefissati, per la migliore riuscita della festa stessa.
La Santa è posta alla sommità della Macchina, cosa che si verificherà in seguito assai raramente, infatti la trovo nel 1861, nel 1899, nel 1967 con il Volo dangeli, nel 1979 con la Spirale di fede, nel 1986 con Armonia celeste e nel 1991 con Sinfonia darchi.
Sulla destra del predetto disegno, eseguito ad acquerello e a tempera, è la scritta a penna:
La presente parte di / disegno è quella è sta / bilita per la Macchina / di S. Rosa che doverà fare M(ast)ro Gio(van) Vincenzo / Calmes secondo lobligo / da lui fatto. / [firmato] Giuseppe Franceschini.
Più in basso a matita, da altra mano, è segnato lanno 169[0].
Leggo nei ricordi di Filippo Giannoni:
«Lun(edì) A dì 3 di 7mbre 1696. Con belisima machina tengola con Ang(e)li sopra naturale et con diversi Angeli con la S. Rosa i mezo sopranatorale con cupola ben depinta fata da Sig. Angielo Toselli Priore di S. Martino con lumi e torcie n(umero) 110 e Candele».
Settecento
In ordine di tempo è poi il disegno di Giulio Nini, del 1700, che sul retro reca limpegno del medesimo a costruire la Macchina. Questo è quanto leggo dalla scheda conservata nel Museo civico:
[ ] Giulio Nini [ ] promette, simpegna e sobbliga a costruire la Macchina per la processione di S.Rosa come da disegno da lui redatto [ ]; a matita qualcuno ha scritto lanno 1700.
Successivamente, il 19 Marzo 1701, venne stabilito che la Macchina fosse costruita su un telaio in modo che potesse essere riutilizzato per più anni. Incaricato della realizzazione fu lo scultore Domenico Durante o Duranti, il quale, nel 1704, risulta costruttore della Macchina della quale, però, non esiste più il disegno.
Anche nel 1706 è affidato il trasporto della Macchina al Durante, secondo quanto leggo dal manoscritto delle Chiese di Viterbo di Giuseppe Signorelli. E del 1707 il disegno di Angelo Japelli eseguito ancora visibilmente secondo la classica forma del baldacchino.
Nel Consiglio generale del 4 Giugno 1707 fu esaminato il reclamo dellintagliatore Giovanni Bolier in merito al disegno della Macchina, richiestogli dalle autorità comunali, del quale non ne fu tenuto conto. Il Bolier chiese un rimborso di dieci scudi, per le spese di realizzazione del bozzetto.
Nel foglio, ove è stato realizzato il disegno della Macchina di santa Rosa di Japelli, è scritto a penna, in alto a sinistra: 1707.
Sul medesimo disegno, a sinistra e a destra dellarchitrave posto nella parte alta della struttura della Macchina, è scritto: un an(gel)o. Mentre in basso a sinistra è: Io Angelo Japelli / mi obligo di fare / la Machina conforme / stà nella poliza.
Il 27 Giugno 1717 fu stabilito che la Macchina venisse coperta da una struttura rigida, da erigere a fianco della Chiesa di san Sisto, entro la quale fosse possibile costruirla, per eluderla dagli occhi dei cittadini e per proteggerla dalle intemperie. Lidea fu avanzata dal Signore della Festa Pietro Antisari, il quale partecipò egli stesso alla spesa di scudi venti per tale realizzazione.
Leggo sulle Riforme in merito:
«essendo necessario di fare un riparo o tetto alla Porta di S. Sisto ad effetto che data la stravaganza delli tempi non resti deturpata e ruinata la Machina di S. Rosa ch è solito farsi ognanno, e bisognando per tal causa spendere scudi 20».
E assai interessante quanto ci tramanda padre Feliciano Bussi, nel manoscritto del 1737 sugli Uomini illustri, sul trasporto della Macchina di santa Rosa di quegli anni:
«Vi intervengono eziandio tutti i Chierici della Città, ed anche i Seminaristi, e dopo i detti Chierici tutti i Religiosi Minori Conventuali, ancor essi con candele accese nelle mani vi andava eziandio il Capitolo della Cattedrale, e forse non sono ancora diciotto anni, che ha cessato di andarvi, venendo per ultimo una gran Machina portata da quantità di facchini sopra le spalle rappresentante un qualche fatto prodigioso della Santa, la qual Machina oltre lessere per ogni sua parte illuminata con copiosissime torcie, e candele di cera e di tale e tanta altezza, che quasi oltrepassa tutti i tetti delle case.
Presso la medesima va il Governatore della Provincia cogli Conservatori della Città con tutta la loro corte: quello vestito in abito prelatizio, e quelli co loro soliti rubboni neri».
La mattina seguente, 4 Settembre, durante la messa, i conservatori indossavano i rubboni doro, il giorno seguente «nelle ore più calde, si fa correre ali asini il primo palio, il quale suolessere di stoffa; correndosi poi nelle ore più fresche altri due palj di velluto, cioè uno dai barberi, e laltro dei ronzini, venendo perciò bravissimi cavalli da diverse parti, e particolarmente anche da Roma», la giornata terminava con il canto dei vesperi e lo sparo dei fuochi artificiali «circa le due della notte» in Piazza della Rocca.
«Il giorno appresso, e propriamente la mattina (ma questo non sempre) vi è il gioco della lotta, oppure della scherma, facendosi per ordinario tali giochi nel cortile del Palaggio del Pubblico con un premio proporzionale al vincitore; et il dopo pranzo (oppure anche alle volte nella stessa mattina) corresi il quarto palio parimente di velluto da ogni sorta di cavalli, ondè che un tal palio dicesi della Truppa.
Nellaltro giorno poi, chè appunto lultimo della festa, nella Piazza del Comune, ridotta in un gran Teatro chiuso per ogni parte, si lasciano a suon di trombe due bufale sciolte, e senza cani, contra le quali si avventano moltissimi animosi giovani con grossi bastoni in mano, ansiosi (se loro piace) di ammazzarle a colpi di bastonate, benché per altro sovente succeda, che taluno di essi resti da tali bestie non solo storpiato, ma anche occiso.
Per tale descritta festa si deputa ognanno dal Pubblico un Nobile della città, a cui per le spese vengono somministrati circa dugento scudi, i quali perché senza dubbio non posson bastare, il detto Nobile al di più supplisce di proprio.
Anticamente però nulla dalla Città si contribuiva a tali Deputati, ma bensì ciascuno dovea fare la festa a tutte sue spese, nella quale poiché solea procedersi con qualche sorta di gara, e si spendeano molte migliaja di scudi, quindi è che alcune cose ne restavano non poco risentite. In alcuni anni, secondo il genio de Deputati, oltre le predette carriere, suole farsi anche la Giostra, e questa parimente con premio a quello, che vince».
Del 1756 è la Macchina ideata da Carlo Tacchini, giunta fino a noi grazie ad una stampa da lastra di rame di proprietà di Attilio Carosi. Nel 1758 la Macchina cadde alla mossa, venne comunque rimessa in piedi per poter riprendere il cammino.
Del 1764, secondo tutti gli studiosi, è il disegno della Macchina di Giovanni Dossi (?), che deve essere corretto in Dotti, come leggo sul disegno firmato dallo stesso, conservato nel Museo civico.
Giovanni Dotti, infatti, era pittore doratore, nel 1727 dipinse nella Chiesa di san Rocco il paliotto dellAltare di san Girolamo e nel 1728 eseguì la doratura di una cornice di un quadro per la Cattedrale.
Anche lanno non è esatto, leggo, infatti, con certezza, sul medesimo progetto redatto a matita: 1714. Lerrata lettura, 1764, è dovuta ad una goccia di inchiostro, caduta accidentalmente sul numero quattro e che si estende verso il sette.
In basso a sinistra è scritto a penna:
Io Gio(v)anni Dotti m(ano) p(ropri)a 1714.
Ritorna nel 1766 Carlo Tacchini con una Macchina il cui disegno è stato eseguito anche a stampa, da matrice di rame. Nel 1776 la Macchina cade alla partenza da Piazza del Plebiscito.
Giovanni Battista Faure, nella sua opera sul Decreto di re Desiderio, ci svela una modesta ma singolare notizia in merito allo stemma di Viterbo, «io stesso in questanno 1777 nella machina di S. Rosa ho veduto nellArma [del Comune di Viterbo] il Leone con la Palma senza il F.A.V.L.».
Il governatore Angelo Altieri e i conservatori della Città ordinarono, per il 3 Settembre 1782, il solito sgombero delle strade ove passava la Macchina, la chiusura delle botteghe, labbassamento delle tettoie sulle porte ed inoltre:
«levare corde stese attraverso le dette strade, cordini, fili di ferro, pertiche, rastrelli, frasche da Bettole, o qualunque altra cosa, che possa esser dimpedimento al transito libbero della suddetta Macchina e finalmente ordiniamo che giunta la medesima su la Piazza della Chiesa di S. Rosa nissuno ardisca salirvi sopra, spogliarla di cartoni, Pitture, figure, ornati, ed altro, ò in qualunque maniera strapparla, e lacerarla, sotto le pene in caso di disubedienza, comminate nella Rubrica 18 del libro quarto dello Statuto e altre anche maggiori a nostro arbitrio da incorersi irremissibilmente».
Un disegno della Macchina del 1783 in acquerello e china, conservato al Museo, è opera di anonimo.
Giorgio Falcioni, referisce però che Domenico Sansoni ha attribuito il disegno ad Adamo Giusti.
In quellanno Angelo Altieri, governatore, il 3 Settembre, comunica che «seguirà questa sera circa le ore due della notte la solita Processione con il trasporto della Macchina di detta Santa.
Il giorno seguente poi 4 del corrente dopo le ore venti si farà la solita carriera della Lotta de Cavalli per strada nuova [Via Cavour] verso S. Sisto, e circa le ore 23 Corsa de Barberi dentro la Città, la sera poi verso le ore due della notte sulla piazza della Rocca si incendierà la Macchina del Fuoco Artifiziale.
Venerdì poi 5 si farà altra Corsa di Cavalli in Truppa per la Strada della Quercia, e sabato susseguente altra corsa parimente di Cavalli in Truppa dentro la Città.
Quindi Domenica 7 del mese suddetto circa le ore due della notte sulla Piazza detta del Commune si farà un Girellone di fuoco Artifiziale, con che resterà compita la Festa».
I due documenti sopra riferiti sono conservati nella Biblioteca comunale degli Ardenti assieme ad altri simili, di anni successivi.
Nel 1786 venne ricostruita la tettoia che copriva la Macchina perché era assai rovinata e non dava più il riparo necessario. Infatti, nella seduta del Consiglio generale, tenuta il 22 Luglio di quellanno, tra laltro si disse:
«il luogo da situarsi la Machina di essa Santa, si trova quasi diruto» è necessario quindi «il sollecito ristabilimento di esso sito».
Ma il trasporto di quellanno è memore della caduta della Macchina avvenuta allinizio della salita di santa Rosa, dove in quel tempo era il termine del trasporto.
Lanno seguente a chiusura della festa venne organizzata la giostra della bufala in Piazza del Comune «doppo le ore 20».
Dal 1790 al 1792 si trova autore della Macchina tale L. Romani. Purtroppo, però, al suo primo trasporto la mole cadde in terra alla mossa e furono tali i danni, che non fu più possibile raddrizzarla.
Ancora un disegno di ignoto distingue la Macchina del 1794, eseguito ad acquerello ed inchiostro; a destra dello stesso è la scritta a penna:
«Alzate le / colonne / un altra / testa / per renderl[a] / più svelta».
Falcioni dice che è attribuito a Adamo Giusti.
Tommaso Giusti è lautore di quella costruita nel 1797.
Con notificazione divulgata con manifesto del 13 Fruttifero (30 Agosto), anno VI repubblicano, 1798, il pubblico era avvisato che il 17 Fruttifero «oltre il solito Vespro in scelta musica, alle ore 2 della notte seguirà il solito trasporto della Machina di essa Santa».
Il giorno seguente, alla mattina, nella Chiesa di santa Rosa venne tenuta la messa cantata e «il dopo pranzo alle ore 20 italiane la lotta dei Cavalli; alle ore 22 la Corsa dei Barberi in Città; e la sera alle due della notte sincendierà alla Piazza della Rocca la Machina artificiale; nel giorno appresso 19 detto vi sarà la mattina alle ore 15 altra Corsa di Barberi in Città; e nel dopo pranzo la Corsa del Saracino alla Rocca, che si fà dagli Officiali della Guardia Nazionale.
Il giorno 20 in fine vi sarà nella mattina altra corsa dei Barberi in Città parimenti, ed il giorno dopo pranzo la Giostra della Bufola nella Piazza della Municipalità detta del Commune».
Sempre nel 1798, quando il Comune concorreva alle spese con centoottanta scudi, venne pubblicato, a mezzo manifesto, lelenco dei Devoti Cittadini, e veri Patriotti, che offrono Doni gratuiti per Solennizare la Festa della Gloriosa Nostra Concittadina S. Rosa. Lelenco fu fatto in tre note, ossia in tre elenchi, tanto numerose furono le offerte, e «per appagare il giusto desiderio del Popolo si notifica, che tutto il denaro si erogherà alla maggior pompa della Festa».
Il trasporto del 1799 fu rinviato al 27 Ottobre a causa della morte di papa Pio VI.
Ottocento
Di ignoto è il modello del 1800, il cui disegno ad acquerello e inchiostro è conservato nel Museo. Un manifesto del 22 Luglio 1800 elenca i Deputati per la Questua, questi avevano il compito di raccogliere offerte per finanziare la Festa di santa Rosa. Venivano nominati due questuanti per parrocchia e altri Per la Questua alle Are de Grani, ed altri Commestibili, Per la Questua colle Borse in Città.
Erano anche eletti alla Direzione, ed Essecuzione della Festa due rappresentanti ciascuno, per i nobili, per i cittadini, per i mercanti, per gli artisti e per i contadini.
Possiedo un invito del 1800 destinato ai facchini del seguente tenore:
«DOrdine deglIllustrissimi, ed Eccellentissimi Signori Conservatori di Viterbo. Domani [spazio in bianco per il giorno] dello spirante Agosto alle ore [spazio per lora] in punto vi troverete nel Palazzo Conservatoriale per la divisione delle file, onde trasportare la sera dei 3 del prossimo Settembre la Macchina della Gloriosa Concittadina S. ROSA, altrimenti & c.
Dato in Viterbo dalla Can. Conservatoriale questo dì [spazio per il giorno].
G. Stefani Can. Conservatoriale».
Invece ecco il testo per linvito alla processione:
«V.S. è pregata ad intervenire alla Processione della Gloriosa Nostra Protettrice S. Rosa per la sera del dì 3 Settembre alle ore due in punto. I Deputati».
Lautore della Macchina dellanno seguente, 1801, non è noto, ma è giunto a noi il disegno sempre in acquerello e china, ora al Museo. Comunque Domenico Sansoni scrive, sul giornale La Rocca del 3 Settembre 1924, che lideatore è larchitetto Tommaso Giusti.
In quel trasporto del 3 Settembre, morirono ventidue persone. Giovanni Panzadoro, nel 1832, scrive che ne morirono trentatre, a causa di una caduta in terra di una donna, tale Sensi di Grotte santo Stefano, che era stata derubata da alcuni borsaioli e che provocò, in Piazza Fontana Grande, gravi momenti di panico agli spettatori per le grida della donna stessa.
Fu travolta, in quelloccasione funesta, anche la processione che accompagnava il trasporto, tanto che morirono quattro canonici: Bartolomeo e Vincenzo Orioli, Pier Felice Zelli Jacobuzzi e Giovanni Mariani. La Macchina restò, per fortuna, salda sulle spalle dei facchini avanti al Palazzo Fani per almeno mezzora, perché questultimi attendevano lo sgombero della via.
Di diversa opinione è Francesco Cristofori che sul suo giornale Viterbo, del 17 Dicembre 1905, scrive:
«quando in Via Conti (ora Garibaldi) si sbrigliarono alcuni cavalli della cavalleria Pontificia, cagionando un panico terribile, in cui trovarono la morte xi [11] persone. I facchini dovettero per lungo tempo sostenere sulle loro spalle la macchina, ma essa aveva subito dei danni, in modo che ben presto sincendiò e, giunta in Piazza Vittorio Emanuele, fu dovuta abbandonare».
Infatti, come riferito dal Cristofori, ripreso il percorso la Macchina andò a fuoco in Piazza delle Erbe e fu lì abbandonata alle fiamme.
Lanno seguente per disposizione papale fu ridotta laltezza della Macchina e fu trasportata di giorno per evitare il pericolo dellilluminazione coi moccolotti di cera, causa troppo spesso dincendi.
Padre Pio Semeria (1767 - 1845) nelle Memorie redatte intorno al 1825, scrive:
«nel 1801 nella sera del dì 3 di settembre, la calca della gente vicino alla Chiesa di S. Domenico [era allimbocco dellattuale Via Tommaso Carletti da Via Garibaldi] era tale, che non potendosi, al venire della Macchina, ritirare, i facchini, che la portavano, furono costretti di urtare, atterrare, e passare sopra quelli che cadevano, in tale circostanza restarono morti uomini e donne, e canonici, non pochi, e non pochi feriti. La macchina poi, giunta alla piazza dellErbe, andò a fuoco; e tutti quelli, che erano concorsi, ritornarono alle loro case pieni di spavento».
Con manifesto del 13 Agosto 1802 il delegato apostolico, Paride Giuseppe Giustiniani, comunicò che la segreteria di Stato, su disposizione del pontefice, vietava lo svolgimento della Festa di santa Rosa:
«La Machina sopra cui si trasportava in passato la Statua della Santa si riduca a quelladequata costruzzione che esclude umanamente ogni pericolo di ruina; Tutti li Spettatori attribuivano ad un prodigio se lantica Machina non traboccava, e non si rovinava; E precetto divino il non tentare il Signore».
Il trasporto fu comunque sospeso fino al 1810 e, secondo alcuni storici, si proibì da allora che la processione si effettuasse lo stesso giorno del trasporto della Macchina. In realtà il corteo religioso restò unito con il trasporto almeno fino al 1834.
Fu anche deciso, per maggiore sicurezza, che la Macchina effettuasse una sosta su specifici cavalletti in Piazza Fontana Grande.
Scrive ancora Francesco Cristofori sul giornale di cui sopra:
«non si volle più che essa fosse preceduta da quella imponente processione, a cui prendevano parte anche le nobili dame della città. E vi rimase solo un piccolo numero di frati minori Conventuali; poi nel mdccclxx del decorso secolo fu tolto ogni apparato religioso».
La ricorrenza in onore di santa Rosa senza Macchina era comunque punitiva per una tradizione così importante e sentita da tutta la città; da un manifesto del 22 Agosto 1803 leggo lo svolgimento della festa.
Il 3 Settembre alle ore 22 veniva effettuata la processione che dalla Cattedrale di san Lorenzo raggiungeva la Chiesa di santa Rosa, «in cui si portarà lImmagine nella Machina [si tratta ovviamente del puro e semplice baldacchino] a tale effetto destinata; ed alle ore 23 si cantaranno i primi Vesperi con scelta Musica, e la sera alle ore 2 si incendierà un Girello Artificiale nella piazza della Communità».
Il giorno 4, dopo la messa cantata ed un concerto di violoncello tenuto dal maestro Enrico Cornet, vennero sparati alcuni colpi di mortaio.
Nel pomeriggio venne effettuata la corsa dei cavalli a pieno, col premio di un palio di raso verde, seguita da una corsa di cavalli Barberi, col premio di un palio di lama dargento. A notte inoltrata veniva incendiata la Macchina Artificiale di ricercato disegno, ed abbondante di Fuochi.
Il 5, nella mattinata, fu tenuto un incontro poetico nella Chiesa di santa Rosa, organizzato dagli accademici dellAccademia degli Ardenti e nel pomeriggio fu realizzata una corsa dei cavalli barberi col premio di un palio di lama doro. Il successivo 6 Settembre «vi sarà la Caccia delle Bufole molto brave alla Giostra».
Ma il sangue che scorre nelle vene dei Viterbesi non è acqua e tanto fecero e tanto pressarono, che il tradizionale trasporto della Macchina fu ripreso.
Così, con manifesto del 16 Gennaio 1810, il maire, Spreca, avvisò i Viterbesi che «La Festa dellinclita nostra protettrice, e Concittadina S. Rosa è ripristinata in questanno alla primiera Magnificenza.
Lantica Macchina quel sorprendente ornamento, oggetto dellammirazione devota dei Nazionali, e dellEstero, Trofeo visibile delle sue glorie torna a rallegrare in questAnno le nostre Contrade.
Erano troppo vivi, e toccanti i vostri desiderj, perchè non fossero da noi presentati ed avvalorati dal Vice Prefetto Sig. Giulio Zelli Pazzaglia, e quindi esauditi dallottimo Sig. Tournon Prefetto di questo Dipartimento». In quel periodo la giostra delle bufale si teneva in un anfiteatro, appositamente costruito, fuori Porta della Verità.
Il disegno del 1810, al Museo, presenta una Macchina assai diversa da quella che fino allora era un vero e proprio baldacchino, più o meno ampio, infatti, al barocco subentrò il neoclassico con linee più sobrie e ordinate.
Larchitetto Giuseppe Simelli è lautore della Macchina del 1812, ai piedi di una stampa riproducente la mole, incisa su lastra di rame da Giuseppe Mochetti, è scritto:
Prospetto geometrico della Mole Trionfale eretta in onore di S. Rosa di Viterbo, e portata processionalmente / per la stessa Città lanno 1812 la sera dei 3 Settembre Vigilia della Festa di detta Santa / Al nobil uomo / il sig.r Pier Giovanni Pocci membro del corpo legislativo / Giuseppe Simelli architetto D.D.D.
Sul fronte della base della Macchina era la scritta:
A S. Rosa di Viterbo / la Patria riconoscente / eresse lanno MDCCCXII.
Con manifesto del 25 Settembre 1813 i deputati alla Festa di santa Rosa, Pietro Liberati e Carlo Polidori, pubblicarono le entrate e le uscite per la manifestazione. Risulta dai conti che le entrate superarono le uscite di trentotto scudi e cinquanta baiocchi, cè da dedurre che gli amministratori di allora erano molto più abili di quelli attuali.
La Macchina risulta costare in quellanno duecentosessantacinque scudi e settanta baiocchi, i fuochi dartificio centoottanta scudi, le corse quarantotto scudi e 61,5 baiocchi.
Tra le entrate la quota maggiore era del Comune con centocinquanta scudi, poi veniva lArte Agraria con cento scudi ed i nobili con sessantadue scudi e 51,5 baiocchi. Sborsavano scudi anche le arti, i titolari delle carrozze, il clero ed importante era la Questua delle Borse che procurava cinquantotto scudi e 47,5 baiocchi. Chi aveva contribuito meno di tutti erano i sellai con due scudi e trenta baiocchi.
Il pittore viterbese Domenico Costa (1786 - 1856) fu il costruttore della Macchina trasportata dal 1814 al 1815. Il primo trasporto non poté essere effettuato il 3 Settembre per lassenza del delegato apostolico, il 4 seguente fu rinviato per la pioggia ed il vento, il 5 sembrava tutto in ordine, ma alla mossa, per un comando errato, la Macchina cadde indietro, uccise due facchini e distrusse la tettoia che la custodiva.
Ripresa in mano la situazione, fu caparbiamente trasportata, ma allaltezza del Palazzo Bussi a metà Corso Italia, forse, ritiene Giuseppe Signorelli, per la mancata distribuzione dei pesi, i facchini stremati non riuscirono più a tenerla in piedi, tanto che cadde; alcuni di loro rimasero uccisi e altri gravemente feriti. In quelloccasione fu comunque innalzato un aerostato ed illuminata la Torre di Piazza del Comune.
La spesa sostenuta dalla Comunità per la realizzazione della Macchina di santa Rosa fu di duecentosettanta scudi, mentre per tutto il resto delle manifestazioni, limporto in scudi era di 890,57.
Non è daccordo con la tesi della caduta della Macchina al Palazzo Bussi, Giorgio Falcioni, il quale sostiene che tale fatto accadde sei anni dopo.
Comunque la notizia della caduta della Macchina avanti al Palazzo Bussi nel 1814 è riferita anche dalla Gazzetta di Viterbo del 1° Dicembre 1877 nellarticolo:
«Cose patrie [ ].
Anche il 1814 fu funestato dalla caduta della macchina di S. Rosa. Cadde avanti il palazzo Bussi, e vi morirono alcuni facchini. Mentre lentamente piegavasi e cadeva, la popolazione ebbe campo di allontanarsi senza pericolo».
Il successivo 7 Settembre la Macchina, che stava per essere allestita per il trasporto, venne smontata per ordini superiori. Che la Macchina nel 1814 cadde è certo; infatti, possiedo due ricevute che lo testimoniano.
Leggo:
«Dalla Segreteria Conservatorile Viterbo 1 Ottobre 1814. Sig.r Santori si compiacerà dare a Caterina Sanna Moglie di Giuseppe Sanna Facchino danneggiato nella caduta della Machina, staro uno grano che gli sarà abonato nei conti della Festa.
L. [Lazzaro] Arcangioli Conservatore Provinciale».
Ancora in data 28 Settembre 1814, a firma del conservatore Lazzaro Arcangioli:
«Il Sig. Santori potrà far consegnare a Vincenzo Laurenti Facchino danneggiato nella caduta della macchina mezza una grano sconcio».
Il 17 Settembre 1814 la stessa quantità di grano fu data a Teresa moglie di Rosato Amantini «attualmente infermo per la caduta della macchina». Di questultimo è conservata nella Biblioteca comunale degli Ardenti, la lettera inviata ai conservatori di Viterbo alla fine di Settembre 1814, con la quale riferisce:
«Eccellenze. Rosato Amantini detto Brinato osservatore umilissimo delle Eccellenze Loro con tutto ossequio espone essere uno degli infelici a cui la macchina di S. Rosa gravitò in modo sopra le di lui gambe che è stato circa un mese con dolori di spasimo, e con pericolo di cancrena con spesa incredibile di Chirurgi, e di speziaria: Chiede de residui delle Elemosine della Festa di santa rosa di essere almeno rifatto delle spese».
Ancora una lettera di quel periodo:
«Eccellenze. Vittoria vedova del fù Pietro Nicolini, e Giacinta di Prospero vedova del fù Gio: di Prospero la prima con tre figli, la seconda con quattro, e gravida di mesi otto osservatrici umilissime dellEccellenze Vostre devotamente rappresentono essere i loro mariti periti sotto la macchina di S. Rosa, e trovandosi nella classe de veri indigenti, e senza mezzi di poter sussistere, pregono che li residui delle questue ed altro addetti per la detta Festa si eroghino in sussidio di queste due desolatissime famiglie».
Il 6 Giugno 1815 venne realizzato un trasporto straordinario, il primo nella storia della Macchina di santa Rosa, per onorare la presenza di papa Pio VII, che era giunto in città proveniente da Genova.
Il papa assistette al trasporto dalla finestra del Palazzo dei priori che è in rettifilo con Via Cavour, in quelloccasione fu tolta la colonnina centrale della stessa finestra. Il pontefice, meravigliato ed entusiasmato, ammise i trentasei facchini al bacio del piede ed esclamò: Bellissima, rarissima!.
Scrive Giovanni Selli nel 1828:
«La sera poi [papa Pio VII] nel palazzo comunitativo si degnò di farsi spettatore della grandiosa macchina di S. Rosa disegnata dal sig. Domenico Costa.
Questa macchina trionfale fu fermata incontro alla fenestra del S. Padre, e tutti i facchini furono ammessi al bagio del piede».
Nel 1816 è autore della Macchina Giacomo Zei, non si conosce però il disegno; nel 1818, il 3 Settembre, Benedetto Cappelletti, delegato apostolico, stilò un Regolamento per il buon ordine per la Festa di S. Rosa.
Veniva tra laltro ordinato «che la mattina delli 3 Settembre imminente Vigilia della Festa allora del mezzo giorno, o anche prima siano tutte le così dette mostre delle Botteghe e fermate le porte delle medesime che nello stare aperte potessero recare impedimento al passaggio della Macchina suddetta dalla Piazza di S. Sisto a Piazza del Commune, e da detta Piazza insino a S. Rosa dipinta inclusivamente allo spiazzato suddetto.
Nel movimento della Macchina medesima si osserverà il metodo seguente; alla mezzora della sera sarà sgombrato di Persone e non potrà da alcuno traversarsi il tratto di Strada che dalla Piazza di fontana grande và direttamente a S. Sisto, e chi dopo detta mezzora vorerà portarsi alle Case particolari che hanno Balconi per detta strada duvrà portarvisi per le altre strade indirette che vi communicano.
Allora stessa della sera poi lo sbarro del Mortaro avviserà a tutte le Carrozze e Legni di qualunque sorte, che si ritirino da tutto il tratto di strada per cui và a passare la Macchina, e non potranno impostarsi ancorchè nude di Cavalli nemmeno per le strade, e vicoli che fanno testa o communicano colla detta strada, losservanza di questordine obbliga li Proprietarj, e conduttori delle Carrozze stesse o vetture senza alcuna distinzione, e le vetture, o cambiature che potessero giungere alle Porte in detta ora, o durante il tempo della Processione passaranno fuori le mura della Città.
Allora una il secondo avviso del Mortaro annunciarà limminente mossa della Processione, e della Macchina, ed allistante il tratto di strada che da Piazza S. Sisto và a quella del Commune luogo di fermata di detta Macchina, dovrà ne siti meno spaziosi sgombrarsi del tutto, e vuotarsi affatto di gente, la quale potrà restare nelle Piazze, dentro il barricato di esse, sul passaggio della Processione, o nelle Botteghe nelle quali piacerà ai Padroni di ricevere.
Un terzo e consimile avviso si darà allorchè la Macchina si muove dalla Piazza del Commune per fermarla a quella di S. Rosa dipinta, perchè la Gente lasci libero, senza che alcuno possa fermarsi che il tratto di strada, dal cantone della Piazza del Commune và sino allaltra Piazza dellerbe e possa regolarsi come nella prima mossa, ed arrivata poi la Macchina alla Chiesa della SANTA, luogo di posata un quarto sparo avviserà, che le Carrozze possono rimettersi in corso. In tutte le levate, e posate della Macchina nessuno ardirà di alzar voce, e dar segni, o indizj di mossa o posata essendo questo di sola attribuzione del Capo facchino che guida la Macchina stessa.
Chiunque finalmente ardirà dinfastidire, urtare fare ombra, spavento alli Cavalli, e Barberi in carriera sarà punito col carcere a nostro arbitrio, e tenuto inoltre alli danni che potessero avvenire, e preso in fraganti sarà immediatamente arrestato; come verrà severamente punito chiunque nella Giostra, o nellincendio de Fuochi artificiali si farà autore e complice dinquietezze, e disordini nelle giostre che si daranno nel solito anfiteatro a Prato Giardino, saranno esattamente osservate le regole solite pratticarsi in simili spettacoli».
Nel 1817, 1818 e 1819 con manifesti pubblicati verso la fine di Agosto si avvisava il pubblico che, oltre al passaggio della Macchina, si sarebbe effettuata la lotta dei cavalli col fantino, la corsa dei cavalli barberi e lincendio del fuoco artificiale in Piazza della Rocca. Oltre a ciò si sarebbero tenuti: la giostra di bufale e di tori «nel nuovo Anfiteatro fuori di Porta Fiorentina a Prato Giardino», il suono della banda e lo sparo dei mortari.
Infine «Nel Teatro del Genio agiranno in tal circostanza due diverse Compagnie di Musica, e Prosa».