Viterbo 9 agosto 2005 - ore 0,50 - Senza Filtro - Sulla questione dei matrimoni gay, pubblichiamo un intervento del vescovo di Viterbo Lorenzo Chiarinelli
La cultura e l'ethos del popolo italiano trova espressione nella carta costituzionale che riconosce la famiglia fondata sul matrimonio.
Art. 29: la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio e' ordinato sull'uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare. Finché la Costituzione vige, il suo dettame non può essere equivocato e ogni legislatore, ai diversi livelli (parlamentare, regionale, provinciale e comunale), non può non tenerne conto.
Spesso, tuttavia, per motivare certe 'aperture' o 'aggiornamenti' vengono avanzate le 'ragioni sociali': occorre - si dice - venire incontro a ogni tipo di convivenza, per non fare discriminazioni, per rimuovere gli ostacoli di tutti i cittadini.
La politica - si afferma - non ha un'idea di famiglia da perseguire. Su questo punto bisogna intendersi con chiarezza estrema. Innazitutto bisogna distinguere tra persona e famiglia. La persona,che è il cardine del nostro orientamento civile, è soggetto unico, irripetibile, connotato da uguaglianza senza eccezioni, con diritti irrinunciabili, non passibili di alcuna discriminazione.
Lo Stato si deve far carico di ogni persona, deve favorirne la crescita, deve garantirne i diritti: sia essa uomo/donna; cattolica/atea; tossicodipendente o omosessuale; celibe-nubile/sposata...le persone, per costituzione, hanno tutte uguali diritti e doveri.
La famiglia, però, non è una semplice somma di persone: uno più uno. Essa non risulta da addizione: non è dato quantitativo. La famiglia è, certamente, realtà plurale di persone, ma è pluralità qualitativamente nuova: quello stare assieme produce un nuovo soggetto sociale, e come tale - cioè come soggetto sociale - va riconosciuta, garantita, promossa.
Non si può confondere o barattare il doveroso sostegno, senza discriminazioni, dovuto alle persone, a tutte le persone, con il sostegno dovuto alle famiglie. Il fatto che le persone stiano assieme non produce di per sè una realtà qualitativamente nuova quale è la famiglia.
Quelle persone 'insieme' hanno i loro diritti che vanno riconosciuti e garantiti, ma non in quanto 'famiglia' che è 'realtà altra' socialmente rilevante.
Del resto basti una semplice constatazione. Proprio le 'unioni di fatto', con il loro definirsi 'di fatto', intendono dire alla collettività che non sono una 'qualità nuova'. E se esse stesse, per libera scelta, lo attestano e lo vogliono, lo Stato non può agire nei loro confronti 'come se' fossero un'altra cosa.
Tra lo stare assieme comunqe e lo stare assieme con vincolo matrimoniale c'è un salto di qualità, civile e sociale.
Da ciò sembra ovvio concludere che è dentro questa linea del dato costituzionale che vanno collocate, anche le questioni concernenti le così dette 'nuove forme di convivenza', etero e omosessuali. Promuoviamo tutte le persone; sosteniamo le famiglie, ma non confondiamo i linguaggi che esprimono ethos e valori della collettività...e in tutto ciò, non facciamo riferimento all'esperienza di fede che i credenti sanno come vivere e testimoniare in ogni contesto. I principi qui ricordati sono civili, laici, costituzionali e, pertanto, patrimonio comune di tutti i cittadini e noi come cittadini li difendiamo.
Lorenzo Chiarinelli
Vescovo di Viterbo