Viterbo 17 agosto 2005 - ore 7,30 - Senza Filtro - Riceviamo e pubblichiamo la replica di Pierangelo Bucci Rozendaal al vescovo di Viterbo Lorenzo Chiarinelli
A Sua Eccellenza Monsignor Lorenzo Chiarinelli
Ho letto con molta attenzione la nota da lei scritta e pubblicata sui vari organi di stampa viterbesi riguardo il matrimonio fra persone dello stesso sesso.
Innanzitutto trovo molto apprezzabile la sua condanna di ogni discriminazione. Lo Stato, come lei stesso afferma, deve farsi garante dei diritti di ogni persona, sia essa uomo/donna, eterosessuale/omosessuale, tossicodipendente o cattolico, celibe-nubile/coniugato/a, etc.
Ritengo estremamente positivo, poi, che anche lei consideri necessario che alle coppie non sposate, etero ed omo, siano riconosciuti e garantiti i loro diritti. Mi permetta pero' una serie di precisazioni in merito.
Lei fa costantemente riferimento alle 'unioni di fatto', e alla 'libera scelta' che molte persone fanno di convivere e non sposarsi, contrapponendole appunto a quelle sposate. Fra i due tipi di coppia lei propone una differenziazione e una gerarchizzazione, alludendo ad una 'qualita' nuova' che le coppie acquisirebbero solo sposandosi.
Questo potra' essere vero dal punto di vista della Chiesa e di chi e' cattolico romano, essendo il matrimonio un sacramento non dissolubile, ma di certo non lo e' per lo Stato Italiano e neppure per chi cattolico non e': nessuna 'qualita' nuova' si aggiunge nel momento in cui ci si sposa, ne' viene sottrata nel momento in cui, eventualmente, si dovesse divorziare. Esistono, al limite, obblighi e doveri reciproci, a cui, ad esempio, io ed il mio coniuge mai abbiamo inteso sottrarci.
Ancora: se e' vero che per alcuni la convivenza e' una libera scelta, per molti non lo e'. Prendo come riferimento, per comodita', la legislazione olandese: qui ogni coppia, etero o omo che sia, puo' decidere se sposarsi canonicamente, firmare una partnership registrata o convivere di fatto. Tre differenti opzioni, a seconda della 'pesantezza' che si vuol dare alla propria unione. Questa chiamo io libera scelta. Esiste tutto cio' in Italia?
Certamente no.
Il mio coniuge ed io abbiamo fatto una scelta precisa sposandoci, che va da se' non e' quella della partnership registrata. Ben vengano questo tipo di unioni, che andranno bene per tante persone, ma non per noi, perche' non e' questo che vogliamo per noi stessi, non e' cosi' che abbiamo deciso di organizzare la nostra vita.
Anche sul concetto di famiglia poi: noi ci sentiamo una famiglia a pieno titolo; e cosi' pure ci considerano le persone intorno a noi. La mancanza di volonta' dello Stato non cancella il dato oggettivo, non cancella la nostra unione, al limite si puo' scivolare all'assurdo linguistico: risultando noi essere una famiglia a pieno titolo in Olanda, ma una 'di fatto', cioe' non (ancora) riconosciuta, in Italia (!).
E cio' avviene non colpa nostra, com'e' chiaro, ma perche', a detta della burocrazia viterbese, la nostra unione sarebbe nientemeno che contraria all'ordine pubblico, debolissima e fumosa 'giustificazione', volontariamente dimentica del fatto che in nessun articolo della Costituzione (lo stesso art. 29 parla genericamente di coniugi) o del Codice Civile si contempli il divieto di matrimonio fra persone dello stesso sesso. Ipoteticamente, nella situazione di stallo in cui siamo, si potrebbe arrivare ad un altro assurdo, questa volta di tipo giuridico: ovvero potrei sposarmi tranquillamente con una donna, diventando cosi' un 'buon marito' in Italia ed un bigamo in Olanda.
E' questo moralmente, eticamente e giuridicamente accettabile? Io credo di no.
Mi permetta poi un'ultima puntualizzazione: il matrimonio non ha come finalita' la procreazione. Com'e' noto non e' necessario essere sposati per poter fare un figlio, ne' tanto meno essere eterosessuali, visto che esistono molti omosessuali genitori.
Neppure il matrimonio viene precluso alle coppie sterili o a quelle anziane.
Mi e' lecito pensare, allora, che sia l'amore, l'affetto che 'unisce naturalmente in matrimonio' due persone, e non altro. Anche noi siamo 'naturalmente una famiglia'. L'omosessualita' stessa e' naturale, le coppie gay sono naturali, tant'e' che esistevano ai tempi dei
Macedoni, nella Firenze del Medioevo, nell'Inghilterra vittoriana, esistono nell'Europa unita di oggi ed esisteranno finche' l'umanita' sara' destinata a popolare il nostro pianeta. Rifiuto quindi anche la catalogazione ipso facto che lei ha fatto delle coppie gay, definendole arbitrariamente 'nuove forme di convivenza'. Esse sono incontestabilmente vecchie come il mondo.
Il problema vero non e' la 'natura' o le 'novita', chiamate spesso in causa a far da paravento ai propri pregiudizi, ma evidentemente l'omofobia.
Alcune persone vedono nel pieno riconoscimento del matrimonio fra persone dello stesso sesso addirittura una minaccia nei confronti della famiglia stessa.
Questo, io credo, sia un errore di giudizio molto grave. A parte che mi si deve dimostrare come oggettivamente e praticamente una coppia sposata omosessuale possa sottrarre o limitare i diritti di una eterosessuale; ma, ulteriormente, il desiderio di molte coppie gay di sposarsi, nasce da una valutazione ovviamente positiva dell'istituto familiare stesso, del suo poter essere un elemento di riferimento; e tutto cio', mi permetta, anziche' essere combattuto, andrebbe incoraggiato, soprattutto in questo momento storico in cui i rapporti sociali sono polverizzati dai tempi del sistema produttivo, dalla massificazione, dall'omologazione, dalla ripetitivita' e dalle solitudini.
La nostra alla fine non e' che la battaglia dell'amore che chiede giustizia.
Pierangelo Bucci Rozendaal