Viterbo 10 agosto 2005 - ore 0,50 - Senza Filtro -
Caro direttore,
le recenti polemiche sul matrimonio gay dei due cittadini viterbesi ospitate dal suo giornale mi stimolano ad intervenire su alcuni degli argomenti trattati, in particolare su quelli di più stretta rilevanza giuridica.
Sotto tale profilo, infatti, contrariamente a quanto non si creda comunemente, gran parte dei problemi affrontati dai coniugi gay sono stati già risolti dal nostro diritto positivo essendo lo spirito della Costituzione ben chiaro al momento della sua approvazione.
Lart. 29 1° comma recita infatti: La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.
La società naturale fondata sul matrimonio dunque, deve essere loggetto della nostra ricerca non essendo in nessun modo in gioco la parità dei diritti dei singoli e leguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.
La legge italiana, infatti, così come accade ancora nella maggioranza degli Stati, non tutela con il matrimonio un interesse individuale, ma riconosce la struttura naturale primigenia sulla quale si fonda la stessa società e, se vogliamo, anche lidentità collettiva.
In questo senso latteggiamento che ha accompagnato il legislatore nellaffrontare il problema si è limitato alla presa datto dellesistente, del diritto naturale.
Sembra lapalissiano il rimarcarlo ma credo sia chiaro a tutti che solo uomo e donna hanno facoltà di procreare, che del resto tutti provengono da un padre ed una madre, che i bambini hanno diritto ad essere protetti, istruiti ed educati etc.: aspetti questi sui quali oggi si discute, ma che tuttavia (e per fortuna) continuano a sottrarsi al dominio delluomo.
In questo senso, dunque, la Costituzione favorisce e riconosce il ruolo sociale della famiglia e la legge interviene per assicurare gli strumenti della sua migliore riuscita.
E dunque fuorviante e fuor di luogo lamentare la lesione dei pur sacrosanti diritti dei singoli e delluguaglianza dei cittadini di fronte alla legge in un ambito che nulla ha a che vedere con tali aspetti.
Il matrimonio come istituto non riconosce solo diritti ma prevede anche una serie di doveri per i singoli componenti della famiglia, il tutto in funzione di un superiore interesse morale e sociale.
Esso non corrisponde ad una qualche visione ideologica o alla protezione di qualche privilegio, non è stato introdotto grazie al particolare punto di vista storico o politico di qualcuno, ma è uno dei più antichi che la civiltà conosca, pervaso comè di elementi che si sottraggono al controllo delluomo e rispetto ai quali può sembrare in qualche modo presuntuosa ed incauta una sua intromissione.
Non è un caso del resto che un tale istituto sia fra i più risalenti nel tempo: ciò infatti è indice della sua provenienza dal diritto naturale, dallesperienza empirica dellesistente e dei comportamenti collettivi dei primi nuclei sociali.
Penso dunque che non sarebbe sbagliato affrontare largomento con tutte le implicazioni che ne derivano e non solo partendo dal pur sacrosanto principio di uguaglianza sancito dallart. 3 della Costituzione.
Non sono infatti in gioco diritti individuali nel caso in esame (tra laltro sempre autonomamente rivendicabili senza che vi sia necessità di tirare in ballo listituto del matrimonio), ma la sussistenza e la stessa sopravvivenza della famiglia come cellula della società e come fattore di stabilità e di sicurezza per le nuovi generazioni, i cui diritti individuali potrebbero essere, questi sì, definitivamente pregiudicati dalle attuali tendenze ideologiche.
Il fatto che la legge italiana non riconosca tutto ciò che è proprio di altri Stati o che ponga un limite di compatibilità con lordine pubblico, quindi, in questo caso appare più una garanzia che non un sintomo di ritrosia o di inciviltà, essendo quanto mai opportuna una riflessione più approfondita in una materia tanto delicata e ricca di implicazioni e di incognite.
Del resto, proprio di questi stessi rischi, tiene conto la posizione di gran parte del centrosinistra italiano, lontana da quella spagnola e recentemente richiamata nellintervista rilasciata alla stampa estera da Romano Prodi il 21 luglio scorso.
Posizione, che agli occhi dello scrivente, appare particolarmente avanzata e risolutiva di molti dei problemi etico-giuridici emersi in questi ultimi anni.
Con i cosiddetti PACS (Patti Civili di Solidarietà) infatti, se da un lato si tende a riconoscere un maggiore spazio ai diritti ed alle esigenze organizzative delle coppie di fatto anche omosessuali (con una tutela delle stesse in campo fiscale, sanitario ed in materia di successione), dallaltro se ne tiene ben distinta la funzione ed il ruolo rispetto a quelli tipici del matrimonio.
In questa prospettiva (peraltro già seguita con successo in Francia), mi sembra che debba essere affrontato il problema, al di là di quelle che saranno le soluzioni in concreto praticate.
Cordialmente
Avvocato Roberto Bruno
Apprezzo la sua pacata impostazione della questione, ma debbo confessarle che non la condivido affatto. E le svelo che è possibile pensarla in modo differente dal suo senza rinnegare valori e diritti.
Non la condivido, perché è una posizione ideologica anche la sua e quindi criticabile come tutte le altre.
Vede, siamo ormai adulti, il trucchetto di pensare che la propria visione del mondo, delle cose e del matrimonio, in questo caso, sia naturale mentre quella degli altri è ideologica e parziale, è un vecchio trucco retorico che la Chiesa ha usato fino a sfinirci.
Tanto che un grande intellettuale come Stuart Mill si vide costretto a scrivere un breve saggio sulla demolizione del concetto di naturalità delle idee. So che Mill non è molto amato, ma, come dire, ognuno si sceglie i propri maestri.
Se uno poi volesse approfondire cosa è questo istituto che è la famiglia, ci sarebbe molto da dire. E un istituto che in continuazione è cambiato nel tempo e nello spazio. Basterebbe qualche osservazione di tipo etnologico per vedere che l'idea di famiglia che ha lei è un piccolo sottoinsieme di quello che è esistito ed esiste nel mondo.
Anche nella Costituzione non si dà uno schema, un paradigma di quello che si intende per famiglia. Le trascrivo gli articoli.
Art. 29. La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare.
Art. 30. È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti. La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima. La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità.
Art. 31. La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.
Insomma i padri costituenti non dicono la famiglia è formata da una donna e un uomo che hanno come fine la procreazione. Non lo dicono perché per famiglia si è inteso da sempre qualcosa di più complesso. Quando ero giovane io della famiglia facevano parte a pieno titolo i nonni. Nelle società islamiche ci possono essere famiglie con struttura diversa da quella affermatasi nell'ottocento europeo. E si potrebbe andare avanti. Ci sono popolazioni in cui i bambini vengono allevati dai nonni. Insomma mi creda "ci sono più cose in cielo e in terra che nella filosofia di chiunque".
Quello che lei sostiene, con piena legittimità ovviamente, sono le tesi più avanzate del mondo cattolico. Ma sono tesi, non verità assolute. Guardi, chi mi conosce sa che da sempre non ho amato il pensiero marxiano o hegeliano. Ma insomma, non è che si può ragionare oggi come se Marx non fosse esistito, e Marx, se una cosa ci ha spiegato, è proprio che le nostre concezioni sono figlie dei tempi che viviamo. Ed è normale che non ce se ne renda conto. Insomma lei ci dice delle cose come se Marx o Hegel non fossero esistiti.
Lo stesso Cristo aveva una idea tutta sua di famiglia. A chi gli dice che sua madre e i suoi fratelli vogliono parlargli risponde aspro: "Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?". E poi secco riferendosi alle persone intorno a lui che lo seguono: "Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre". Una visione tutta intellettualistica della famiglia. Se si vuole, astratta.
Come vede le impostazioni sono molte.
Prima di prendere posizioni su argomenti così delicati c'è da porsi qualche domanda.
Se ci fossero delle coppie gay, dei matrimoni gay danneggerebbero qualcuno? La mia risposta è no. O quanto meno una coppia gay danneggia gli altri come una coppia etero.
E poi quanto danno invece fanno le leggi attuali? Io penso molti danni. Perché milioni di persone vivono le loro vite senza avere le stesse opportunità di altre. Soffrendone. E mi creda io non trovo differenza tra il dolore di una lesbica o di un omosessuale e quello di un etero. Tutti siamo poveri essere che tentano di cogliere un pezzo di serenità in questa vita. Non vedo quale senso abbia tanta paura e tanta pervicacia nel rendere tutto più complicato di quanto non sia ad alcuni.
Cera un vecchio film americano che credo si intitolasse Luomo caffellatte o qualcosa del genere. Era la storia di bianco razzista che un bel giorno si sveglia, va davanti allo specchio, e scopre desser diventato nero. Sarebbe divertente che qualche etero che perde il suo tempo a voler complicare la vita agli altri, si svegliasse un bel giorno lesbica o omosessuale. Chissà, forse le sue idee muterebbero un poco.
Per finire. Come dice Cristo "Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato". Insomma qualche cattolico dovrebbe pur ricordarsi che la legge e fatta per le persone e non le persone per la legge. I Pacs sono un primo passo e ben vengano. Ma tutte le idee hanno diritto di cittadinanza nel mondo della politica e non ci vogliamo trovare più a dover discutere con chi pensa che esistano idee "naturali". Basta! abbiamo già dato.
Un'ultima cosa. Rispondere alle lettere che arrivano comporta una certa fatica, persino fisica, ma continuerò a farlo per difendere dei diritti, che, in realtà, sono diritti di tutti. Il problema è che non si comprende questo piccolo particolare: sono in pericolo i diritti individuali di tutti. Esattamente il contrario di quanto da lei sostenuto.
Cordialmente
Carlo Galeotti