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Tribunale - Crollo del museo civico - Ascoltata in aula la direttrice Orsola Grassi
"Mi avevano detto che la crepa era a posto"
Viterbo - 25 febbraio 2011 - ore 2,10


L'avvocato Marco Russo, difensore di uno degli imputati
L'avvocato Roberto Alabiso, difensore di uno degli imputati
L'avvocato Giovanni Labate, difensore dei due geometri imputati
Il pm Paola Conti, pubblica accusa al processo sul crollo del museo civico
Alcune immagini del crollo del museo civico
- “Mi avevano detto che la crepa era a posto”.

E' quanto ha affermato la direttrice del museo civico di Viterbo, ascoltata, ieri pomeriggio davanti al giudice Turco, sulla crepa presente sul muro che è crollato il 25 maggio del 2005.

Orsola Grassi, direttrice del museo dall'ottobre del 1999, ha ripercorso i vari problemi che si sono presentati negli anni in merito alla sicurezza della struttura, tra i quali, appunto, anche la crepa della parete della stanza 10, l'ala della pinacoteca che ha ceduto.

Prima di assumere il ruolo di direttrice, la Grassi era già al lavoro al museo civico con funzioni diverse. “Nell'87 – ricorda rispondendo alle domande del pm Paola Conti – la struttura era stata chiusa per delle ristrutturazioni.

Qualche tempo prima io avevo parlato con l'architetto Pulzelli chiedendo lumi sulla crepa e sugli altri problemi strutturali, ma mi era stato risposto che con i prossimi lavori sarebbe stato tutto sistemato”.

Nel gennaio del 2000, pochi mesi dopo aver assunto l'incarico di direttrice, Orsola Grassi scrive una lettera al settore dei Lavori pubblici per chiedere un intervento dei tecnici, sottolineando che erano già state fatte altre segnalazioni in passato.

“In seguito alla missiva – ricorda la Grassi – fui presente a un sopralluogo degli architetti Contessa e Scapigliati che mi assicurarono che la crepa era dovuta soltanto a un assestamento dello stabile. Mi hanno tranquillizzato sottolineando che non c'erano problemi di cedimento. Poi hanno concluso dicendomi di non preoccuparmi e di limitarmi a fare il mio lavoro”.

Da quel momento in poi, secondo la testimonianza di Orsola Grassi, i vari sopralluoghi richiesti con lettere scritte da lei stessa e inviate al settore Lavori pubblici tramite il dirigente Stefano Menghini, sarebbero sempre stati fatti di pomeriggio o, comunque, sempre in sua assenza.

I custodi mi hanno riferito più volte che i tecnici venivano a visitare il museo – continua la Grassi – e loro stessi li guidavano all'interno della struttura riportando poi questi sopralluoghi in un registro dove annotavano tutti quelli che entravano nel museo”.

Gli avvocati della difesa, però, hanno insistito nello specificare se le richieste di intervento erano finalizzate alla visione della crepa o meno. “No – risponde Orsola Grassi -. Mi avevano detto che la crepa era a posto quindi non la citavo nello specifico. Però mi fidavo del fatto che nei sopralluoghi si controllasse tutta la struttura”.

Alle domande del pm Paola Conti e degli avvocati della difesa Marco Russo, Giovanni Labate e Roberto Alabiso, hanno risposto anche altri testimoni: Mario De Cesare, ingegnere del Comune, Stefano Menghini, dirigente del settore Cultura e sviluppo economico dal 2001 al 2005, Armando Balducci, dirigente dei lavori pubblici dal 2001 al 2002 e direttore generale del Comune dal 2004 al 2008 e Marcello Bagordo, uno dei custodi del museo.

Dalla deposizione di Stefano Menghini è emerso che la direttrice Orsola Grassi ha sempre segnalato a voce e per iscritto le carenze strutturali del museo civico: infiltrazioni, problemi al tetto, crepe, e che queste, tramite lettere sottoscritte dallo stesso Menghini venivano trasmesse ai Lavori pubblici.

“La crepa però – afferma Menghini – passava spesso in secondo piano perché si presentavano emergenze contingenti come l'allagamento di alcuni locali per i quali i tecnici intervenivano subito”.

Balducci, direttore generale del Comune dal 2004 al 2008, ha invece dichiarato che il dirigente Menghini non ha mai presentato particolari richieste o problematiche relative al suo settore, e quindi anche al museo civico.

Infine, Marcello Bagordo, dipendente del museo civico per la custodia e la sorveglianza ha dichiarato di aver segnato con una matita sul muro il punto in cui c'era la crepa per controllare, seppure in maniera superficiale e non tecnica, eventuali allargamenti della stessa. “Quei segni – dice Bagordo – sono poi stati coperti da alcune stuccature. Per quanto riguarda i vari sopralluoghi, invece, non so se venivano effettuati per la crepa o per altri motivi.

So soltanto, di sicuro, che quando ci fu il distacco di un barbacane, circa un mese prima del crollo dell'intera struttura, la ditta Landi intervenne per la sua sistemazione. Ma quel barbacane si era staccato da una parete lontana dalla sala 10, quella in cui poi avvenne il crollo”.

Il giudice Eugenio Turco ha aggiornato l'udienza al 6 aprile alle 15 quando saranno ascoltati Bracaglia, Perversi, Landi, Renzulli e Scapigliati.


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