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Santa Rosa - Un Facchino dopo la benedizione in articulo mortis e prima del Trasporto - Fotocronaca
"Mo' non se gioca, se fanno le cose serie..."
di Paola Pierdomenico
Viterbo - 4 settembre 2010 - ore 4,35

Il trasporto visto da Ernie Souchak
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Il trasporto visto da Maurizio Di Giovancarlo
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Il trasporto visto da Paola Pierdomenico
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Il trasporto visto da Lorenzo Galeotti e Martina Lucchesi
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Fiore del Cielo - Trasporto 2010
Il Capofacchino Sandro Rossi e il presidente del Sodalizio Massimo Mecarini all'interno della chiesa di San Sisto
Il vescovo Lorenzo Chiarinelli
Il momento della lettura della preghiera del Facchino
Il presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, e Marcello Meroi
Mauro Cappelloni
Antonello Iannarilli, presidente della Provincia di Frosinone
Meroi e Antonio Tajani
Il sindaco Giulio Marini e Renata Polverini
Il consigliere regionale Francesco Battistoni
I Facchini in preghiera
- Sono le 20,45. Una macchia bianca arriva da via Garibaldi. A precederla l'inno che per tutto il giorno ha risuonato per le vie della città. E' la sera del tre settembre. E' la sera del trasporto di Fiore del cielo. E' la sera dei Facchini, eroi di Viterbo.

Quella macchia, avvicinandosi a Porta Romana prende forma. Man mano cominciano a distinguersi i diversi volti. Sono quelli dei Facchini di Santa Rosa che arrivano nella chiesa di San Sisto per ricevere la benedizione in articulo mortis.

“Per noi la benedizione è un momento molto importante – dice Roberto Migliorati, seconda fila ciuffi -. Ti fa rendere conto della pericolosità di quello che si sta per compiere. La fede e la vicinanza alla Santa, però, ti danno la forza per affrontare il Trasporto. Non ci sono pensieri negativi. C'è solo Santa Rosa che ci accompagna e ci protegge”.

Appena sulla piazza i Facchini girano sulla sinistra per entrare in chiesa. All'interno, il capofacchino Sandro Rossi è in prima fila e vicino a lui c'è il presidente del Sodalizio Massimo Mecarini. Rossi si asciuga il sudore e continua a farlo per tutta la durata del raduno in chiesa. La tensione comincia a salire.

E i Facchini sono tutti attenti. Raccolti. Non si pensa ad altro se non al Trasporto di Fiore del cielo sulla cui cima c'è la piccola patrona di Viterbo. “In questo momento di grande fibrillazione, il nostro unico obiettivo – racconta Pietro Mecarini, seconda fila ciuffi – è quello portare la nostra Rosa al sagrato della basilica. E di farlo con la gioia di sempre”.

E c'è invece chi non dimentica i cari e rivolge a loro il pensiero. “La benedizione in articulo mortis – afferma Danilo Lucarini, spalletta fissa sinistra – è per noi un'occasione di grande raccoglimento e di preghiera verso chi ci è accanto”.

Una volta in chiesa, è il vescovo Lorenzo Chiarinelli a rompere il silenzio dall'alto delle scale dell'altare. “Il mio saluto va a voi – dice – con tutto l'affetto che vi accompagna e vi ha accompagnato in questi giorni”.

Dopodiché le parole del vescovo sono per don Angelo Valentini, parroco della chiesa di San Sisto, scomparso a giugno. “Il nostro pensiero va a lui – afferma Chiarinelli -. Lo ricordiamo qui, adesso, attraverso queste parole e voi lo farete più tardi con la tradizionale girata a piazza del Comune”.

Dopo il vescovo si rivolge di nuovo ai Facchini. “In questa chiesa stiamo facendo una sosta. E' una sosta perché vi fermate per qualche minuto e, nell'intimità della vostra coscienza, avete la possibilità di pensare a ciò che vi è è più caro e ai motivi che vi rendono forti sotto la Macchina. Ascoltate i vostri cuori e preparatevi al Trasporto. La città ha bisogno di voi”.

Arriva poi il momento della preghiera del Facchino. Una formula che si rinnova nella tradizione con la versione di Romolo Tredici. E' un Facchino a leggerla ai piedi dell'altare. I suoi sodali si alzano in piedi per ascoltarlo.

Stringono in mano i santini della preghiera. C'è chi invece preferisce rivolgere lo sguardo al cielo. E chi fissare il banco. Poi Chiarinelli dà la benedizione. Il momento di raccoglimento è totale e totalizzante.

Dal silenzio si leva, infine, l'urlo di Sandro Rossi. “Facchini di Santa Rosa – dice richiamando i suoi ragazzi –: Per Santa Rosa!”.

“Evviva!”, risuona come un boato la risposta dei Facchini. Rossi lo ripete una seconda volta e, poi, una terza ancora. La risposta è sempre la stessa e con la stessa intensità. Una parola. Una carica di energia. Quell'"evviva" che è per loro una forza.

“Mo' non se gioca. Se fanno le cose serie”, dice un Facchino all'uscita dalla Chiesa. E adesso davvero non si scherza più. Si pensa solo al Trasporto, al primo "Sollevate e fermi" e alla piccola Santa a cui i Facchini sono profondamente legati e che li fa sentire “tutti di un sentimento”.


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