Riceviamo e pubblichiamo -
Mi riferisco al "giallo di Gradoli", cioè a quel fatto ora oggetto di procedimento penale e soprattutto di attenzione del pubblico attraverso i mezzi di informazione di massa.
Nell' ambito di tale inchiesta giudiziaria, e del conseguito processo, da parte della difesa di Esposito si è suggerito apertamente che altra persona potrebbe essere coinvolta nell' azione che ha portato alla "sparizione" delle due donne. Questa persona è stata esplicitamente indicata in G.C..
Questi ha provato dispiacere e disappunto nel vedersi indicare sulla stampa di questi giorni con il suo nome per esteso anziché, come sarebbe stato prudente e corretto, con le sole iniziali.
Vedendosi ormai quindi esposto con la sua identità, si è rivolto a me incaricandomi di difendere la sua immagine che dinanzi all' opinione pubblica potrebbe risentire negativamente di illazioni e sospetti che sembra si vogliano sollevare su di lui.
E' ben comprensibile, e certamente non biasimevole, che la difesa dell'imputato compia il suo dovere anche immaginando, elaborando e suggerendo all'autorità giudiziaria altre ipotesi circa lo svolgimento dei fatti oggetto di indagine, diverse da quella che vedrebbe responsabile il proprio assistito. Ma è altrettanto comprensibile che la persona che si vede additare come "alternativa" alla responsabilità dell' imputato se ne risenta profondamente e voglia liberarsi anche dalla minima ombra di sospetto.
G.C., pertanto, mio tramite, "urla" ai lettori la sua assoluta e totale estraneità ai fatti ed ai rapporti sia con le persone scomparse che con quelle coinvolte nelle indagini.
È doveroso precisare che G.C. è stato ascoltato due volte dagli inquirenti nelle indagini preliminari, ma solo come persona eventualmente informata sui fatti, e che in nessun momento dell' indagine è stata adombrata una sua neppure marginale partecipazione ai fatti in discorso. Altra precisazione necessaria è che, contrariamente a quanto è stato una volta scritto da un giornale, è stata compiutamente verificata dagli inquirenti la sua lontananza dal "teatro" dell'azione ipotizzata omicida, all'epoca in cui questa si presume avvenuta.
Ma c'è di più. G.C. tiene a dichiarare di non aver mai avuto alcun rapporto personale, soltanto semplice conoscenza, con la Ceoban. Questa, lavorava per lo zio di G.C. e questi per il breve periodo in cui lo zio era ricoverato, si è occupato di tenere i rapporti tra lui e la Ceoban che provvedeva alla casa ed alla biancheria per lui. Nient' altro che questo, e pertanto sarà bene che quanti parleranno dell' argomento non eccedano i doverosi limiti di prudenza, discrezione e riguardo.
Ringrazio come sempre dell'attenzione e confido che la stampa farà onore al suo compito di informare, contemperandolo saggiamente col dovere di non ledere la figura morale di chi, estraneo, è già abbastanza infastidito dall' essere chiamato a collaborare alle indagini.
Roberto Fava
Avvocato
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