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Renzo Trappolini |
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- Può sembrarlo ma non è retorico l’interrogativo che Francesco Bigiotti ha posto domenica al papa.
Tanto è che Benedetto ha inserito la domanda del “signor sindaco” di Bagnoregio nel ragionamento che andava facendo da filosofo e da teologo sul pensiero lasciato all’umanità dal bagnorese del XIII secolo Bonaventura ed al quale si ispira da pontefice del terzo millennio.
Sulla risposta ce ne potrà essere di lavoro, nei prossimi anni, per il Centro Studi Bonaventuriano, per l’Istituto San Pietro ma anche per l’Università della Tuscia che il papa a Valle Faul e in diretta televisiva, parlando di “emergenza educativa”, ha definito “sempre più importante e prestigiosa”
Ha infatti confermato Benedetto che “tutti ci interroghiamo sull’avvenire nostro e del mondo e quest’interrogativo ha molto a vedere con la speranza, di cui ogni cuore ha sete”. Si è perciò riferito alla “ricerca”, a Bonaventura “instancabile cercatore” in un itinerario che attraversa ed è nella storia e trova la risposta ultima nella fede la quale “però cerca l’intelletto” passando per “una visione positiva del mondo… della bellezza del creato. “
Ci si aspettava, sulla traccia di Bonaventura, un discorso alto e con esso è venuto l’invito “ volare e sperare” perché “si succedono le stagioni della storia, cambiano i contesti sociali ma non muta la vocazione a vivere il vangelo in solidarietà con la famiglia umana”.
Anzitutto, come aveva detto poco prima il vescovo diocesano, il professor Chiarinelli, unendo “insieme fede e ragione, ricerca e rivelazione, storia ed escatologia”.
Questo tracciato è presente in tutte le prolusioni del presule ai convegni annuali del Centro Studi Bonaventuriano e in particolare in quello del 26 gennaio 2008 nell’aula magna dell’Università della Tuscia ed il giorno dopo a Bagnoregio.
Si analizzò allora lo studio del trentenne Ratzinger su “la teologia della storia in san Bonaventura” e, poco più di un mese dopo, mercoledì 5 marzo, il Vescovo, con il sindaco di Bagnoregio Erino Pompei ed il presidente della provincia presentarono gli atti del convegno al Papa, il quale colse l’occasione per valutare positivamente l’invito del vescovo a venire nella Tuscia, nella terra di Bonaventura, come gia aveva fatto andando a Pavia dall’altro suo Maestro,Agostino.
Nell’ occasione, Benedetto parlò di Leone Magno, il pontefice nato in quella che un dì si chiamava Tuscia e domenica, un anno e mezzo esatto dopo, il Papa - che quest’anno va in sole tre città italiane - a Viterbo ricorda con il conclave, i cinque predecessori qui eletti , i quattro sepolti ed i cinquanta che in Tuscia son venuti nei secoli. Come a rammentare una identità di splendore, ma anche di cultura e di impegno.
Come a consacrare di fronte al mondo e rispetto a Roma capitale e metropoli la Tuscia terra da un lato di produzione e formazione culturale con le fondatrici della moderna scuola aperta a tutti, le sante Venerini e Filippini, dall’altro di servizi ed impegno civile, con il volontariato anzitutto di Rosa, Giacinta e Crispino, con l’Azione Cattolica di Mario Fani, la modernità dell’ecumenismo della trappista contemporanea Gabriella Sagheddu e il beato Bàrberi padre spirituale del grande intellettuale e convertito Henry Newman.
Un pedigreè davvero non male (ed è solo quello religioso) per questa terra che ora, passata santa Rosa, inizia il suo anno nuovo, con le polemiche e polemichette congelate in estate e l’elezione dei nuovi governanti della regione e della provincia.
Dei quali, domenica il Papa ha fornito le caratteristiche (che “cerchino il bene di tutti senza favoritismi personali” ma, conoscendo le difficoltà, si è affidato alla preghiera dei fedeli all’Onnipotente), indicato una pista “nell’umanità dell’ascolto, del dialogo, della comunicazione” e segnalato, con le parole di Dante, l’esempio in Bonaventura che “nei grandi offici, sempre pospose la sinistra cura”.
Dal canto suo, il Vescovo – al termine di una giornata densa ma splendidamente organizzata con i comuni e senza sprechi sia verbali che di mezzi – ha preso impegno per un cammino della comunità secondo uno “stile di incontro, di dialogo, di solidarietà sul territorio”.
Allora, buon anno Tuscia perchè “nonostante i fallimenti della vita personale e le contraddizioni della storia, ci custodisce il potere indistruttibile dell’amore” .
Così la pensava il conterraneo Bonaventura e il Pontefice universale l’ha ricordato. A noi prima di tutti.
Renzo Trappolini
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