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Benedetto XVI e il vescovo Chiarinelli a palazzo dei Papi |
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- Il saluto del vescovo Lorenzo Chiarinelli al papa Benedetto XVI:
Beatissimo Padre, come Vescovo di questa santa Chiesa che è in Viterbo sono certo di raccogliere, in questo momento e in questo luogo, attese e speranze, sentimenti e pensieri, aspirazioni e preghiere della comunità cristiana e di tutto il territorio dell’Alta Tuscia, che alla Santità Vostra vuole gridare il benvenuto e il grazie, la commozione e la gioia per averLa tra noi ora Viterbo e poi a Bagnoregio.
È il saluto del presbiterio e dei diaconi, delle persone consacrate e dei seminaristi e di tutte le componenti ecclesiali che vivono nel territorio.
Di tutto ciò le parole non sono espressione adeguata. Mi è caro, però, poter almeno consegnare al Padre, Maestro e Pastore tre rapidissime suggestioni.
1.Padre Santo, questa Chiesa di Viterbo ama il Papa e ama Benedetto XVI.
Come Successore di Pietro l’abbiamo sempre amata. Ma vorrei che Vostra Santità lo sapesse e oggi lo sentisse, così come questo nostro amore sgorga dai cuori nella fede e nella comunione ecclesiale, a confortare nel suo servizio Colui che “presiede nella carità”.
2.Il luogo in cui siamo ci racconta quella che è stata in Viterbo la chiesa di ieri.
Questa loggia, che oggi accoglie la Santità Vostra, ha ospitato circa 50 Pontefici Romani. E nell’attigua sala del Conclave nel secolo XIII furono eletti cinque Papi.
Qui ebbe luogo anche quel lungo e travagliato conclave che, con la partecipazione di 17 cardinali, si protrasse per 33 mesi. Incomprensioni, rivalità, dissidi, interessi di fazioni, di regni, calcoli meramente umani sembravano dovessero sommergere la barca di Pietro e spegnere il fuoco della Pentecoste.
Eppure da quel conclave fu chiamato da lontano a essere Papa, Gregorio X, pontefice dall’alto profilo umano, spirituale, pastorale che la chiesa venera come beato.
Padre Santo, perfino queste pietre gridano alla storia che “Dio scrive dritto anche su righe storte”. E noi impariamo la incrollabile fedeltà di Dio, nella verità e nell’amore, così come è sancito nella croce di Cristo.
3.Padre Santo, ma qui c’è la Chiesa di oggi che è dinanzi a Lei con due volti: l’uno simbolico, frutto del genio artistico che sollecita alla contemplazione di una chiesa tutta santa e immacolata segno e strumento di unità.
L’altro, un volto vivo, appassionato, variopinto che cammina nella storia, tra tentazioni e speranze, tra tribolazioni e grazie, tra lacrime e consolazioni ed è porzione del popolo di Dio in terra di Tuscia che avanza verso la pienezza del Regno.
Il primo volto –quello dell’arte- è scolpito nelle tre porte di bronzo, opera del maestro Roberto Ioppolo, ed esprime la nuova configurazione della chiesa di Viterbo che dal 1986 palpita con i cuori antichi di Acquapendente, Bagnoregio, Montefiascone, Tuscania e l’Abbazia di San Martino al Cimino e che vorrebbe ripetere a tutti, con la densità della fede e l’incanto dell’arte, la parola di Colui che ha detto “Io sono la porta”, affinché nessuno debba vagare errabondo, senza meta, o vivere da straniero, senza casa.
Per questo è “Porta della luce”: varcarne la soglia è entrare nel nuovo giorno che non conosce tramonto! Il tutto, come dono e impegno, è riassunto nel “ex multis… unum corpus” che è cammino di comunione condiviso per questa comunità ecclesiale e vuole essere stile di incontro, di dialogo, di solidarietà sul territorio mediante la testimonianza cristiana coerente e l’annuncio del Vangelo, così che la fede si esprima nella vita e l’amore si traduca in civiltà.
Il secondo volto, Padre Santo, in una rappresentanza ovviamente limitata è qui, in piazza san Lorenzo e, con consistenza più articolata e numerosa, è nella valle prospiciente, già pronta a circondare lo straordinario altare della celebrazione eucaristica presieduta dalla Santità Vostra affinché proprio l’eucaristia ci faccia sempre più Chiesa santa, Chiesa di comunione, Chiesa di donazione che canta la gloria di Dio e annuncia pace nelle le vicende umane in particolare in questa terra di Tuscia.
Del volto scolpito, Padre Santo, ne facciamo affettuoso omaggio consegnando il trittico delle porte perché ci ricordi, Santità, ci benedica, ci accompagni con l’alto suo magistero e dischiuda al mondo intero la porta della grazia, e della carità e della gioia.
Per il secondo, il volto vivo della Chiesa d’oggi, come vescovo, mi è caro chiedere alla Santità Vostra ciò che lo stesso Gesù chiese a Pietro: la “conferma dei fratelli e delle sorelle nella fede”.
Per noi sarà grazia e sarà pace sulle nostre mura. Amen.
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