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Valerio De Nardo |
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Per chi, come me, è cresciuto politicamente a latte e disarmo la risoluzione 1887 del consiglio di sicurezza dell’Onu, adottata giovedì scorso all’unanimità, è un segno bellissimo in questi tempi difficili.
La sua ambizione è infatti di quelle che rasentano l’utopia: liberare il mondo dalle armi nucleari.
Sia chiaro, non c’è da nutrire facili illusioni, ma nel giro di pochi mesi si è capovolto un mondo. G.W. Bush snobbava e disprezzava l’Onu, ritenendo che gli Usa dovessero fare da soli, al massimo in coalizione con un po’ di “willings”.
Obama invece riconosce il ruolo dell’organizzazione delle nazioni unite. Pronuncia all’assemblea generale un discorso intenso, lucido e appassionato, che non è l’idea di un nuovo ordine mondiale, ma un elenco di necessità per salvare il pianeta e la specie: disarmo, sostenibilità ambientale, economica e sociale.
Poi presiede la seduta del consiglio di sicurezza, quello stesso organismo nel quale qualche anno fa Colin Powell spacciava le menzogne delle armi di distruzione di massa per invadere l’Iraq, per adottare la risoluzione 1887.
E’ stato emozionante vedere un presidente Usa di colore con alle spalle il suo segretario di Stato (donna) e la sua consigliera (donna, nera) riconoscere il massimo della solennità al consiglio di sicurezza dell’Onu. Abbandonata la dottrina dell’America “gendarme del mondo”, si rilanciano il multilateralismo e la cooperazione tra gli stati ed i popoli.
Certo, come ha scritto Vittorio Zucconi, il carisma non è sufficiente. Occorre verificare quanto la capacità di influenza politica di Obama possa tradursi in fatti concreti. Ma oggi come non mai si delinea una strategia del dialogo, un approccio complesso ai problemi che 8 anni di bushismo (o più ancora di cheneysmo) avevano cancellato.
Oggi come tre mesi fa, in occasione dello storico discorso del Cairo, con il quale Obama rilanciava il dialogo con il mondo islamico, sto riprovando sensazioni simili a quelle che nella seconda metà degli anni ’80 mi ispirava un’altra grande e carismatica figura: quella di Mikail Sergeevic Gorbaciov, con le sue politiche di glasnost e perestroijka e l’accettazione della sfida reaganiana per “l’opzione zero” nel campo degli armamenti nucleari.
Vent’anni fa, quando cadde il muro di Berlino Francis Fukuyama parlava di “fine della storia”.
Andò invece in tutt’altro modo: guerre, crisi, catastrofi ambientali, cambiamenti climatici narrarono semplicemente una storia diversa, fatta di nuovi conflitti e ingiustizie.
Oggi, forse, si riapre una prospettiva di cooperazione pacifica globale. E’ un’occasione unica che i popoli e gli stati non devono lasciarsi sfuggire.
Valerio De Nardo
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