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In alto Giuseppe Picchiarelli. Sotto la scritta lasciata sul muro di una scuola |
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Ebbene sì, come dicono questi geniacci di Casa Pound, Picchiarelli c’ha il diabete.
Di per sé non credo questa possa essere una notizia di grande rilievo, se non fosse per il fatto che ieri sera questi simpatici e ingegnosi buontemponi hanno pensato bene di scriverlo sul muro di una scuola di Viterbo.
Da signori come sono, hanno, al tempo stesso, rinnegato la paternità (loro sono sempre così ardimentosi e responsabili delle proprie azioni) delle scritte che hanno fatto svegliare Viterbo in un clima decisamente consono alla fiction che in questi giorni vi si sta girando e che ha il ventennio come contesto.
Già, le stesse scritte in cui mi si dà del cretino (in compagnia di una variegata schiera di altrettanto cretini colleghi) e del diabetico (che, per loro che forse non sanno bene neppure cosa significhi, non è affatto un’offesa ), scritte che vedono tutte la firma di “casa pound viterbo”, ma che il fiero ed impavido rappresentante di questa associazione si è immediatamente affrettato a disconoscere.
Si sa, lor signori sono così eroici!
Tralasciando però il “disconoscimento di paternità” delle scritte in questione, desidero soffermarmi sull’impostazione culturale che vi è sottesa (ammesso che di cultura possa parlarsi).
Ogni anno infatti, la Provincia, insieme alle scuole della Provincia di Viterbo sapete ragazzi di Casa Pound, le scuole, quegli edifici che voi utilizzate come ornamento per le vostre scritte - ne hanno imbrattate ben due - ma che in realtà hanno una funzione importantissima ma che voi non immaginate neppure), organizza un viaggio della memoria che ha come destinazione il campo di sterminio di Auscwitz, luogo in cui i ragazzi, accompagnati dai docenti, hanno modo di toccare con mano l’effetto che scritte come quella che voi mi avete dedicato ( Picchiarelli c’ha il diabete ) hanno sulla coscienza popolare.
Proprio così tutto è cominciato nel famoso ventennio di cui voi amate riempirvi le bocche… e proprio questo avreste appreso se aveste avuto la curiosità intelletuale di venire ad ascoltare ieri sera lo spettacolo di Celestini (quando parlava della fila indiana e di come, uno ad uno, tutti i diversi venivano gettati dalla finestra… il nero,la zingara, il ciccione, il rumeno ecc ).
Avreste capito che la diversità è una ricchezza.
Avreste capito che essere diverso non significa essere peggiore.
Avreste capito che ciascuno di noi è egualmente diverso.
Ecco perché oggi, fiero del mio essere diabetico, che tanto mi ha tolto, è vero, ma che altrettanto se non di più mi ha aiutato a conquistare con le mie forze, desidero manifestare tutto il mio affetto, la mia stima e la mia solidarietà alle famiglie (fatte di mogli, di genitori, di fratelli e sorelle le cui preoccupazioni e sofferenze voi non potete neppure immaginare) dei diabetici, che rischiano di vedere vanificati gli sforzi con cui, quotidianamente, tentano di trasmettere il messaggio che questa malattia, così insidiosa ma così ricca di fascino e stimolante (in una continua “sfida” con sé stessi) non è un ostacolo ad una vita normale.
A loro voglio dire… teniamoci il nostro diabete, ma teniamoci anche il nostro cuore ed il nostro cervello!
Ed a voi ragazzi di Casa Pound vorrei solo ricordare le parole di una poesia, impropriamente attribuita a Bertold Brecht (spero non vi offendiate, era addirittura un comunista ), che dice così:
Prima di tutto vennero a prendere gli zingari e fui contento perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali e fui sollevato perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti ed io non dissi niente perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me e non c'era rimasto nessuno a protestare.
Giuseppe Picchiarelli
Uno che c’ha il diabete
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