Riceviamo e pubblichiamo - Stiamo vivendo giorni di profonda tristezza, tutta una nazione piange la perdita di sei valorosi figli caduti in Afghanistan sotto un vigliacco attentato terrorista.
Il dolore è forte, cordoglio, vicinanza, partecipazione e solidarietà da parte dell'intera comunità della destra alle famiglie dei ragazzi della Folgore;enorme rispetto per questa unità che tanti eroi ha dato al nostro Paese.
Ma perché morire a Kabul? Dopo il lutto c'è bisogno di un momento di riflessione.
La missione in terra afghana richiesta dall'Onu e sotto l'egida della Nato non può trasformarsi in un cimitero Tricolore.
Si è detto e si continua a dire che il tributo di sangue è stato pagato per la pace, la sicurezza e la democrazia.
Pace? Sono decenni che in quelle terre c'è solo guerra.
Sicurezza? A distanza di otto anni dall'intervento non è stato compiuto alcun passo in avanti dalla coalizione militare. I terroristi talebani si sono rafforzati e aumentati.
Democrazia? Il mondo intero ha assistito allo svolgimento delle elezioni con numerosi brogli, soprusi, denunce e i soliti giochi di potere nonostante si siano svolte con la protezione delle truppe straniere (l'osservatire distaccato direbbe che tutto va bene purché si mantengano gli interessi americani in Medio Oriente).
Il presidente della Repubblica, del consiglio, i presidenti delle Camere, i massimi dirigenti dei partiti di governo e di opposizione che tutti insieme esprimono cordoglio, dopo il bel funerale di Stato non lascino tutto inalterato in attesa della prossima volta.
Di fronte al sangue versato dei nostri caduti, certi di rappresentare una grande potenza,che sappiano sbattere i pugni sul tavolo e pretendere di rivedere le regole di ingaggio.
Non è più possibile continuare a considerare che missioni come questa non sono guerra. La guerra è una brutta bestia.
La guerra si fa usando tutta la forza di cui si è capaci facendo vivere il nemico nel terrore e non viceversa. Se i nostri forti e coraggiosi soldati non possono sparare per primi, se non possono fare terra bruciata dei terroristi prima che questi vigliaccamente si fanno saltare in aria imbottiti di tritolo, che la politica e le massime istituzioni dello Stato e delle forze armate non aspettino di farci piangere altre giovani vite stroncate e li riportino a casa dalle loro famiglie.
Sapranno certamente onorare la divisa anche nell'affiancare sul territorio nazionale le altre forze dell'ordine per contrastare la dilagante micro e macro criminalita' e garantire la sicurezza dei cittadini.
Scorro i nomi e le zone di provenienza di questi sei ragazzi: Lazio, Campania, Puglia, Basilicata, Sardegna, tutta gente del centro e soprattutto del sud.
Fatalità o forse Bossi ha una sua spiegazione? O forse che la gente del sud, ancor più di quella del nord, risolve con l'arruolamento il problema della sopravvivenza causato dalle politiche scellerate di tanti anni? Caro Bossi, cari dirigenti e militanti della Lega, questi sei ragazzi sono morti con una bandiera, quella Tricolore, sono morti per una patria e nazione, l'Italia.
L'Italia vera che vorreste frantumare, quella Italia che piange oggi, da Bolzano a Lampedusa, lacrime amare.
Facciamo sì che questo sangue sparso in terre lontane serva come cemento per rafforzare l'unità nazionale.
Cari ragazzi, non siete sei sconosciuti, siete sei amici, sei fratelli, sei figli, sei padri, che questo Vostro sacrificio rigeneri la passione per la nostra Terra, per la nostra Nazione, da Palermo a Trieste, dal Monte Bianco all'Etna, tutti uniti e orgogliosi di essere italiani.
Filiberto Pesciaroli
Segretario provinciale La destra
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