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Il vescovo Chiarinelli |
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Riceviamo e pubblichiamo la riflessione del vescovo Chiarinelli sulle festività di Santa Rosa e sulla visita del Papa a Viterbo e Bagnoregio - È sempre festa grande per Viterbo la celebrazione della sua Santa Patrona Rosa (1233-1251).
Quest’anno, però, i giorni felici della ricorrenza si arricchiscono della visita del Santo Padre Benedetto XVI, che domenica 6 settembre sarà al mattino a Viterbo e nel pomeriggio a Bagnoregio.
Una storia antica lega Santa Rosa al Papa e il Papa a Santa Rosa. Non ci è dato di avere testimonianze di una qualche relazione durante la breve vita della Santa.
Agitata era la società viterbese in quegli anni. Difficili i rapporti con l’Impero e, in particolare, con Federico II.
In evoluzione era l’Ordine francescano e in formazione la struttura organizzativa delle “Damianite” di Santa Chiara, la cui Regola fu approvata soltanto il 9 agosto 1253 dal Papa Innocenzo IV.
Sarà proprio questo Papa - che proclamò la santità di Chiara- a sollecitare il processo per la canonizzazione di Rosa da Viterbo (1252).
Ma sarà Alessandro IV, nipote del grande amico di Francesco e Chiara, papa Gregorio IX, a trasportare il corpo di Santa Rosa nel Monastero delle figlie di Santa Chiara e a dare inizio a quella tradizione che ancora oggi si esprime nel “trasporto della Macchina” la sera del 3 settembre.
La storia è susseguirsi di stagioni e, a prima vista, gli eventi in cui essa è articolata, a chi non sa leggerli, sembrano sconnessi, senza ordine né scopo, sempre antichi e sempre nuovi.
Un libro della Bibbia, il Qoelet, insegna con grande saggezza che “sotto il cielo”, né più su né più giù, c’è il tempo idoneo per ogni cosa: nascere e morire, piantare e sradicare, piangere e gioire, parlare e tacere… Qualcuno potrebbe, allora, pensare che nella storia tutti gli atteggiamenti sono uguali: qualunque cosa si faccia o si dica ha la sua giustificazione. No. Non è così.
Nascere o morire in natura non sono la stessa cosa: né lo è il piangere o il gioire; né il parlare o il tacere; né l’accogliere o il rifiutare. Gli atteggiamenti nascono dalla libertà umana e la qualificano in positivo o in negativo.
Come, dunque, Viterbo oggi può accostare la Visita del Santo Padre Benedetto XVI con la festa della sua Santa Patrona?
C’è in verità uno specifico terreno di incontro: l’esperienza di fede.
Santa Rosa è la nostra Santa: la celebriamo non per nobiltà di nascita, non per cultura, non per ragioni ideologiche. È santa: ha amato Dio e il prossimo; ha difeso la giustizia e la libertà; ha coltivato la verità e praticato la carità; ha dato il suo contributo per un mondo più solidale e fraterno.
Il Papa viene per “confermare” i credenti in questa fede; per annunciare a tutti la “notizia buona” di Gesù; per sollecitare a praticare “la carità nella verità”, secondo la sua recente terza Enciclica, messaggio alto per una società più giusta e più umana.
Celebriamo Santa Rosa, imitandone i luminosi esempi. Accogliamo il Santo Padre Benedetto XVI con affetto sincero, gratitudine viva, fedeltà filiale.
Così la “memoria” del passato si fa esperienza viva nell’oggi e diventa anche “profezia” per camminare ancora nella verità dell’amore e nell’amore della verità.
Nello spazio del cuore – di chiunque lo spalanca alla luce – fiorirà solo allora la stagione della bellezza e del bene.
E questo è “il tempo di Santa Rosa”.
Lorenzo Chiarinelli
Vescovo di Viterbo
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