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Pd- Rosy Bindi a Viterbo - Fotocronaca
E' arrivata la sposa...
di Giuseppe Ferlicca
Viterbo - 15 settembre 2009 - ore 2,45

Rosy Bindi a Viterbo
- La sala convegni trasformata in una sala banchetti e quando Rosy Bindi arriva, la battuta di Giuseppe Fraticello nasce quasi spontanea: “E' arrivata la sposa”.

Perché più che a un incontro politico, la serata assomiglia a un incontro conviviale. Non per niente siamo alla “Cena con Rosy Bindi”.

Quando la leader Pd arriva, accolta dalle note di Arisa (Sincerità, è già un programma), è tutto un salutare i partecipanti. Se ne contano trecento. I più ottimisti arrivano a 350.

Le foto, i saluti, gli abbracci. Quindi tutti a cena. La politica dopo. Come dessert. Che l'ospite serve un po' dolce e un po' amaro.

Sul palco con lei, il candidato alla segreteria regionale Pd Mazzoli. Tra i tavoli Ugo Sposetti osserva e annuisce. Il ragazzo è cresciuto. Parla del Pd come lo immagina. Partecipato, che parli alla gente, che si occupi di temi veri come il lavoro. Ma la curiosità è per l'ex ministro della Salute. E lei non si risparmia.

Dal palco risponde alle domande del cronista e va anche oltre. Fa il suo in bocca al lupo a Mazzoli. “La segreteria regionale – osserva – è tanto importante quanto quella nazionale.

A chi mi accusa d'essermi schierata con comunisti e partitisti, alla prima affermazione neanche rispondo. Alla seconda dico che del passato non ho grande nostalgia.

Dobbiamo costruire qualcosa di diverso. Ho voglia di futuro, d'una formazione che si rifa alla carta costituzionale. Che sottolinei l'importanza della democrazia. Da vivere al nostro interno e da offrire fuori”.

Scuola, sanità, i personalismi della Lega. Di frecce nell'arco la Bindi ne ha molte. La sua ricetta per il Pd. Per uscire dalle sabbie mobili, soprattutto negli ultimi mesi.

“Ne sono successe di tutti i colori – osserva – ma il Pd dov'è? Il pasticcio del governo con il Vaticano, ad esempio.

Il Pd dove sta, che contatti abbiamo con la Santa Sede? Nessuno. D'accordo, abbiamo Fioroni che chiama qualche vescovo. Ma non può essere mica questo? Contatti servono, nel principio della laicità. Occorre che il partito abbia una sua linea politica”.

Non è che il giorno dopo le primarie il Pd si ritrova spaccato? “Ci chiamiamo democratici – osserva – chiunque vinca, saprà riconoscere la vittoria dell'altro. Sono fiduciosa”.

Poi ripercorre gli anni di governo Prodi. Che ha mancato passaggi come la legge sul conflitto d'interesse.

“Nel 1996 – si difende – dovevamo pensare all'Europa. Potevamo bloccare il Parlamento per la legge sul conflitto d'interesse o adottare le misure economiche prese. Abbiamo preferito la seconda via, per non essere tagliati fuori dall'Europa.

Se fosse successo, ci sarebbe rimasta la legge sul conflitto. Poi c'è stata la defezione di Bertinotti. La seconda volta ci mancava l'aria per respirare. Non avevamo i numeri. Se stava male Rita Levi Montalcini, Marini era costretto a cambiare l'ordine del giorno”.

Quindi una battuta su Tremonti. “Non è un ministro – osserva – ma un conferenziere. Ma ha un merito, non fa mai la stessa conferenza”.

Il pubblico ride e concorda, chiude il dibattito Mazzoli e la sigla finale è di Vasco Rossi.

I presenti applaudono, ma c'è chi già pensa a domani.

Martedì è il giorno del congresso a Marta. La vittoria è in tasca stando alle previsioni di più d'uno, forse incoraggiato dall'esito di Canepina che ha portato in vantaggio il duo Bersani – Mazzoli nella Tuscia. Così come nel Lazio.

Ma siamo all'8% dei congressi svolti. La strada è ancora lunga.

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