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Renzo Trappolini
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- Era scontato che il taglio dato dal Papa teologo e filosofo alla sua visita da intellettuale oltre che da uomo di fede in terra di Bonaventura, il suo maestro, aprisse il dibattito sui perché della vita e della storia, tra fede e ragione, partendo però dalla verifica del come ha attraversato i secoli la Chiesa di cui Benedetto è ora “papa regnante”.
Spontanei su Tusciaweb si sono succeduti gli interventi stimolanti di Luca Mecozzi, Massimo Candy, Antonella Torquati, Antonio Padula e le considerazioni da scienziato della sociologia di Francesco Mattioli.
Prodromo, speriamo, a uno studio organico della comunità scientifica locale (dall’Università statale, al cattolico Istituto filosofico-teologico, al Centro Studi Bonaventuriano, il quale – ha detto il pontefice a Bagnoregio –“mantiene viva la memoria e approfondisce la dottrina dell’illustre concittadino”).
Temi: fede e ricerca intellettuale, storia ed escatologia, chiesa e società tra ideali ed esperienze del vissuto, in risposta alla attenzione pontificia verso il pensiero del conterraneo Bonaventura (può interessare al Comune di Bagnoregio prendere l’iniziativa?).
Il giovane Luca Mecozzi, in particolare, guardando alla storia, lamenta, tra l’altro: ”bei predecessori ha avuto Joseph Ratzinger…” e rileva come, nonostante tutto “è davvero miracoloso che questa figura susciti ancora tanta meraviglia ed eccitazione nei popoli”.
L’aggettivo miracoloso fa ricordare le parole del vescovo Chiarinelli, il quale, parlando da uomo di Chiesa e da studioso di fronte al suo papa e riferendosi “alle incomprensioni, rivalità, interessi di fazioni, di regni, calcoli meramente umani…” in un conclave, ha commentato efficacemente “Dio scrive dritto anche su righe storte”.
I richiami allo spirito evangelico, compresa la povertà, hanno, peraltro, accompagnato ogni giorno di vita della Chiesa perché il precetto è che non si può servire Dio e il denaro (mammona) e i poveri sono da considerarsi “beati”.
Così, già papa Gregorio Magno ammoniva “non abbiamo ricchezze nostre, ma ci è affidata la custodia e la distribuzione delle sostanze ai poveri”.
Perciò non è grido nuovo o solitario quello di Luca Mecozzi.
Più forte di lui gridò, per esempio, Martin Lutero chiedendo la riforma della Chiesa dalle porte del Duomo di Wittemberg in Germania e sfidò Roma dicendo: ”se ci sarà un giorno un papa evangelico, allora mi inchinerò a baciargli i piedi”.
Benedetto, anch’egli tedesco, cinquecento anni dopo ha parlato a Bagnoregio di “cammino di purificazione…di fronte ai fallimenti della vita personale e alle contraddizioni della storia nel suo insieme”.
Dicono, peraltro, che sia stato lui, Joseph Ratzinger, ad assistere Giovanni Paolo II quando, il 12 marzo dell’anno giubilare 2000, nella Basilica di san Pietro, riconobbe che “i cristiani sono stati colpevoli, permettendo discriminazioni contro razze ed etnie…” e sette cardinali di curia furono chiamati a confessare formalmente e manifestare pentimento ognuno con un carico storico di peccati.
Dalle guerre di religione, dal torto a Galileo ai roghi dell’Inquisizione, agli schiavi africani, agli indios, ai ghetti ed alle intolleranze… il Papa polacco concluse ”l’atto di oggi è un sincero riconoscimento delle colpe commesse dai figli della Chiesa nel passato remoto e in quello recente... per consentire di entrare nel terzo millennio più aperti al disegno di amore di Dio”. Chiave della storia, questa, per Bonaventura, per Benedetto, per il vescovo Lorenzo.
Un itinerario da esplorare anche per quelli che non hanno la loro fede ma vogliono mettere a frutto la ragione.
Renzo Trappolini
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